giovedì 20 febbraio 2014

Valerio Verbano, una ferita ancora aperta.

Pubblichiamo un’intervista inedita a Carla Verbano che risale al 2012, poco prima della sua scomparsa, a 88 anni. La “madre coraggio”, che si è battuta fino all’ultimo giorno della sua vita per ottenere verità e giustizia sulla morte di suo figlio Valerio – ucciso il 22 febbraio 1980 dai fascisti – attacca le istituzioni (“sono sempre state assenti”) ed esprime il desiderio di vedere in faccia gli assassini: .“Vorrei domandargli, se hanno figli, come hanno fatto a guardarli negli occhi per tutto questo tempo”.

micromega colloquio con Carla Verbano di Silvia Preziosi 

 
Il 22 Febbraio del 1980 Valerio Verbano – studente del liceo Archimede e giovane attivista di sinistra – viene ucciso nella sua casa di Via Monte Bianco a Roma con un colpo di pistola alla schiena. Tre giovani entrano in casa dicendo a sua madre di essere amici del ragazzo, ma una volta dentro gli assassini si calano il passamontagna, immobilizzano i genitori nella camera da letto e attendono l’arrivo di Valerio. Sono quasi le 13, Valerio non è ancora tornato da scuola, ma intorno alle 13,40 apre quella porta e subito viene assalito dai tre giovani. Inizia una colluttazione, Valerio riesce a disarmare uno degli aggressori, cerca di fuggire, ma viene raggiunto dal colpo di pistola.

A distanza di 32 anni – dopo la riapertura del caso che era stato archiviato e dopo le dichiarazioni dei carabinieri del Ris che rivelano di aver isolato tracce di Dna sugli occhiali che uno degli assassini aveva perso durante la scontro fisico con Valerio – si celebra oggi il suo ricordo.
Carla Verbano, mamma di Valerio, è una splendida donna che all’età di 87 anni non ha mai smesso di cercare la verità, ma che purtroppo quest’anno – per motivi di salute – non potrà essere presente.


La prima cosa che vorrei chiederti è di parlarci un po’ di tuo figlio, del suo carattere, delle sue passioni e magari di raccontarci un episodio che ricordi con piacere.


Valerio aveva la passione per la fotografia, il papà gli aveva regalato una macchina fotografica professionale con tutto l'occorrente per stampare sviluppare ecc.. E poi soprattutto aveva la politica nella testa: odiava i fascisti, li fotografava e li schedava in un dossier scrivendo tutte le informazioni possibili, anche i loro spostamenti.
Valerio era un ragazzo molto dolce, non aggressivo. Un ricordo particolare? La domenica mattina mi portava sempre un fiore, aveva imparato dal padre che tutte le domeniche mi portava un mazzo di fiori. Sensibilità? Penso proprio di sì.

Dell’uccisione di Valerio si è parlato tanto, delle rivendicazioni, del presunto movente, del suo dossier. Certamente il dossier a cui stava lavorando sarebbe stato molto importante per capire meglio, se non fosse che la polizia dopo averlo sequestrato, ha rimandato indietro solo alcune pagine. Forse si poteva fare di più con le indagini, prima di archiviare il caso, penso anche al silenziatore e al passamontagna lasciati in casa (il passamontagna poi fu distrutto su disposizione del giudice nel 1989). Come hai interpretato tutti questi errori e valutazioni così superficiali di quegli anni? Le cariche istituzionali come si sono comportate con te e con tuo marito, dalla morte di Valerio ad oggi?

Il dossier la polizia lo sequestrò in casa nostra e lo consegnò al magistrato; dalla magistratura sono state tolte decine e decine di pagine. Perché? Nomi importanti che scottano?
C'è sempre stata assenza delle istituzioni,dopo la morte di Valerio vedemmo due volte il sindaco Petroselli, la prima per una manifestazione e l'altra per la commemorazione delle fosse Ardeatine. Voleva presentarci al presidente Pertini (che mio marito adorava), ma quando il sindaco gli fece il nostro nome, il Pertini gli diede una manata sul braccio, voltò le spalle e se ne andò. Non ho mai perdonato quel gesto, vidi la sofferenza nel viso di mio marito (che io adoravo). Pertini poco tempo prima era andato alla commemorazione o funerale – ora non ricordo bene – di un fascista e non volle salutare noi… mah!!!!

Sia folgorante la fine” è il libro che hai scritto insieme ad Alessandro Capponi. Forse -come tu scrivi- è la fine di tutta questa storia che deve essere folgorante, ma quando ho letto la prima pagina sono rimasta colpita perché l’ho trovata molto personale. La storia di Valerio l’abbiamo letta tante volte, nei libri, sui giornali, su internet, ma questa volta c’era qualcosa di più, c’era il racconto di una madre che ha vissuto quel momento e tutto quello che c’è stato dopo. C’è il ricordo di un ragazzo di 19 anni, c’è il dolore, ma c’è anche tanta voglia di continuare a lottare. Come hai deciso di raccontare tutto questo in un libro?

Ho scritto un libro affinché rimanga una memoria cartacea, per raccontare l'accaduto e un po’ della mia famiglia.

Nel libro c’è anche il tuo desiderio di rivedere gli assassini di tuo figlio, spesso infatti ti rivolgi a loro chiedendo di tornare in questa casa per spiegare. Pensi che torneranno prima o poi? Hai mai immaginato quel momento? Cosa chiederesti?


Vorrei proprio vederli in faccia,ora avranno l'età di Valerio circa. Vorrei domandargli,se hanno figli, come hanno fatto a guardargli negli occhi per tutto questo tempo. E vorrei sapere il motivo dell'uccisione.

I Nar rivendicarono l’uccisione di Valerio la sera stessa con una telefonata anonima all’Ansa indicando anche l’arma utilizzata. In casa tua sono entrati Nazareno De Angelis (uno dei primi sospettati) e poco tempo fa anche Giuseppe Valerio Fioravanti -che tuo marito Sardo riteneva fosse colpevole- e Francesca Mambro (entrambi dei Nar). Quali tra tutte le rivendicazioni che ci sono state credi sia quella più probabile? In tutti questi anni che idea ti sei fatta? E l’uccisione del giudice Mario Amato è riconducibile al caso di Valerio?


I Nar rivendicarono l'uccisione e noi ci credemmo perché avevano descritto il tipo di pistola e di proiettili rimasti in casa. Valerio fin dall'età di 6 anni praticava judo e karate perciò si difese moto bene contro i tre, tolse loro un passamontagna ed un cappelletto e ad un altro la pistola, ma lo freddarono alla schiena -da vigliacchi- mentre tentava di uscire nel balcone. Ho ricevuto Il Fioravanti e la Mambro, mi dissero che secondo loro erano stati quelli della Magliana, non ci ho mai creduto. Ho ricevuto anche Roberto Nistri, che mi disse che aveva sofferto tanto in 16 anni di carcere che non avrebbe mai mandato nessuno in galera; da lì capii che lui sapeva qualche cosa, ma non voleva parlare.

Quando il dossier scritto da Valerio arrivò nelle mani del giudice Amato era ridotto ad un quadernetto. Il giudice lavorava sull'eversione di destra e sul dossier di Valerio, a giugno però – dopo solo tre mesi dall'uccisione di Valerio – venne ucciso anche lui. Penso proprio che un collegamento ci sia.

E l’episodio del vicino di casa che inizialmente disse di aver visto uno degli assassini scappare a volto scoperto e in un secondo momento ritirò la sua deposizione? Come scrivi nel libro, poco tempo dopo l’accaduto, l’uomo – che non godeva proprio di ottime condizioni economiche – si trasferì in una villa all’Olgiata. Non sei più riuscita a parlare con lui? Neanche dopo tutti questi anni?


Il vicino aveva il pallino della casa, chiedeva sempre a mio marito informazioni sulla casa a riscatto, per poterla pagare non molto, era attaccato alla casa. Quando ritrattò gli identikit fatti, penso ed è così certamente, che gli abbiano chiesto cosa avrebbe voluto per ritrattare e lui avrà chiesto una casa. Ecco perché dopo un mese se ne andò senza salutare nessuno, di mattina presto, nel nuovo appartamento pagato in contanti. Dove aveva preso tutti quei soldi un semplice impiegato? Non poteva permetterselo, chi pagò? Mistero… Certo non quei tre ragazzi che uccisero Valerio o forse uno di loro era molto ricco di famiglia, chissà! Io non l’ho mai più visto, so che è morto da anni, anche la moglie.

Dopo 32 anni e con le nuove tecnologie, i carabinieri del Ris sono riusciti finalmente ad isolare tracce del Dna sugli occhiali che uno dei tre assassini lasciò in casa quel giorno. Ci sono anche due nomi su cui gli inquirenti stanno lavorando per comparare il dna con quello dei due sospettati. Forse ci siamo, abbiamo pensato tutti. Tu cosa pensi? Sarà veramente folgorante la fine?


Spero adesso che il magistrato Armeni, il Tenente Colonnello Macilenti e il Capitano Catalano che hanno preso in mano la documentazione, riescano a farmi sapere la verità. Intanto i Ris sono riusciti ad avere un DNA, ora aspettiamo. Avevo perso fiducia nella giustizia: il sindaco Alemanno diede un po’ di tempo fa ordine al ministro Alfano di mettere in mano a un magistrato il caso, ma non era venuto fuori niente. Ora mi chiedo, come mai questi altri ci sono riusciti? A loro sarò sempre grata.

(19 febbraio 2014)

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