Diversamente dalle previsioni, il “populismo di sinistra” ha sconfitto quello di destra in Francia.
(ELENA BASILE – ilfattoquotidiano.it)
L’operazione di Macron di fatto non ha portato che a questo. Alleandosi con Mélenchon contro la destra di Le Pen, ha soltanto reso evidente la sconfitta dei progressisti di fronte ai due “ populismi” di destra e di sinistra. Ha permesso alla destra lepenista di crescere sotto le macerie di quella che viene considerata trumpianamente una sconfitta ingiusta e di prepararsi a prendere il potere nel 2027.
“Populista” è il partito che promette agli elettori riforme non realizzabili. In effetti la destra estrema e la sinistra radicale sono così chiamate perché nel mondo politico costruitosi dopo la fine dell’Unione Sovietica, l’universo unipolare e di Maastricht, non è stato più possibile concepire una alternativa alla politica neoliberista e atlantista. Le bombe Nato su Belgrado sostenute da D’Alema e da tutta la sinistra per bene ne sono state la prova. Lo slogan “There is no alternative”, forgiato dalla Thatcher negli anni 80, ha dato vita alla gestione dell’esistente da parte dei burocrati e alla fine di ogni prospettiva politica di mutamento riformista della società.
I partiti di destra come quelli di Le Pen e Meloni, una volta al potere, per non subire il ricatto del mercato e delle oligarchie a cui la politica fa riferimento, sono costretti a mettere il consenso capitalizzato con campagne “populistiche” al servizio dell’agenda neoliberista, atlantista e bellicista che costituisce la cifra della politica europea odierna.
Mélenchon non credo possa costituire un’eccezione, a meno che la politica del “non ‘c’è alternativa” e la militarizzazione del dollaro non siano sconfitte da una seria mobilitazione popolare e da un’istanza politica che organicamente la rappresenti. Potrà la sinistra europea operare per una proposta olistica in grado di mobilitare il non voto, sconfiggere la propaganda mediatica e la narrativa della Nato, e dar vita a un progetto di governo europeo realmente diverso e fattibile in politica economica ed estera? Mi sa che ci si può rallegrare di qualche primo passo, ben sapendo che non sarà facile mandare a casa la maggioranza Ursula e uscire dal quadro dei poteri costituiti.
Non sono un’economista, ma qualcosa mi sembra di averlo capito. Rivolgerei un appello ai veri professori di economia affinché meglio illustrino ai lettori i meccanismi economici internazionali che governano il capitalismo mondiale. Il rifinanziamento del debito statunitense (ora al 135% del Pil rispetto al 35% del 1971, ultimo anno di Bretton Woods) si attua attraverso il riciclaggio dei surplus asiatici e i prestiti del settore privato statunitense. La Cina è con il Giappone il maggior detentore delle obbligazioni del Tesoro americano. Il settore privato non viene tassato, ma presta soldi per il rifinanziamento del debito. Le tasse delle classi lavoratrici permettono di pagare gli interessi sul debito alla società dell’1% che in effetti si arricchisce a ogni crisi economica in maniera esponenziale.
Le guerre rientrano in questo circolo vizioso in quanto permettono grandi iniezioni di liquidità che, oltre a foraggiare il complesso militare industriale e il debito statunitense, arrestano lo sviluppo economico degli Stati emergenti evitando quel che gli Stati Uniti temono maggiormente: il riversarsi dei flussi di capitali cinesi non al fine di rifinanziare il debito Usa, ma di sconvolgere il potere del dollaro. Si sceglie quindi di sconfessare la globalizzazione. L’Occidente, perdente nella competizione economica con la Cina, blocca la concorrenza e si fa promotore del protezionismo. La retorica spiega che in questo modo si protegge l’occupazione occidentale. Di fatto si importa l’inflazione e si coprono i ritardi dell’industria statunitense con gravi danni per le classi lavoratrici e le generazioni future. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa un difensore della libera concorrenza in Europa. Può essere d’accordo con la patetica accusa rivolta a Pechino, nella visita dell’aprile scorso, dalla segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen? Il problema cinese sarebbe costituito da un’eccedenza di capacità. Spero che i lettori sorridano.
In questo quadro trionfa l’economia finanziaria, sempre più lontana da quella reale e con essa il potere delle oligarchie che mina il funzionamento delle democrazie liberali. L’egemonia statunitense, la prerogativa di stampare moneta e rifinanziare il debito, si regge su meccanismi contraddittori, difesi con le guerre. Sono quindi felice che in Francia Le Pen non sia andata al potere grazie alla strana alleanza di Macron-Mélenchon? Capite perché a tanti, soprattutto a coloro che non votano, i minuetti delle élite italiana, francese o inglese comincino a somigliare a un mediocre spettacolo teatrale? I grandi nodi della politica devono essere al centro dell’analisi di una opposizione rilevante.
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