Oggi a Roma il vertice per la tregua: Cia e Mossad insieme ad Egitto e Qatar. Il club dei servizi segreti rimpiazza la diplomazia, tra inchini e scheletri nell’armadio.
(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it)
Veniamo al fatto. E ai suoi protagonisti. Chi ha conseguito la pubertà ai tempi di Breznev e Kissinger ricorderà con nostalgia come attorno alle faccende dei servizi segreti spirasse un’aura di peccato estremo, di sospetto comunque. Era materia di irreparabili atti blasfemi, non per le tirannidi di destra e di sinistra che ne traevano ossigeno repressivo, ma certamente per le democrazie che a quel tempo avevano la moda di chiamarsi «mondo libero». Anche loro la usavano, eccome!, l’“upper class” della guerra sporca, in cui sedimentavano somiglianze da brividi e tenebrose complicità. Ma questa non lasciava, vergognandosi, biglietti da visita. Vittorie e sconfitte, eroi e felloni si portavano via di notte. Come se fossero i cadaveri della peste.
A considerare quel che è accaduto ieri sui due fronti della guerra – almeno 30 palestinesi morti in un raid su una scuola a Deir al Balah, al centro di Gaza, secondo fonti palestinesi, e l’attacco ad un campo da calcio nel Nord di Israele, con 10 vittime della comunità drusa, molti minori – e quel che accade oggi a Roma, si può dire che l’averno delle spie non suscita più né angoscia né disagio. Anzi, la loro attività è considerata con benevolenza, compiacimento e perfino speranza. Gli inferi dei colpi bassi, delle azioni e dei compromessi sotto banco, sono diventati materia neutra e incolore. Sostituiscono ormai “en plain air” la diplomazia classica, quella dei rappresentanti “alti” o “speciali”, dei negoziatori con patenti e sigillo, avviata a una inarrestabile emarginazione e declino. È constatazione eticamente tragica, i flussi e i riflussi del peccato in politica internazionale, nel rapporto delle nazioni, scandiscono il declino dei tempi e degli uomini, l’avvio a una stagione di relativismo morale che è spia di epoche di ferro.
La guerra di Gaza è stata faccenda criminale in ogni suo risvolto. Fin dall’inizio con un pogrom sconciamente spettacolare, seguito da una rappresaglia sconsiderata: perché vendicare la sconfitta del 7 ottobre consisterebbe nella impossibile eliminazione fino all’ultimo uomo di Hamas. Da mesi dunque discorsi diagnosi analisi profezie deprecazioni inanità e spasimi si ripetono nella cadenza dei giorni, battono come un telaio. E morti.
Per questo, la soluzione è stata appaltata non alla politica, impotente e ipocrita, o alla diplomazia ufficiale, rassegnata ai verbali del catafascio. A immergere le mani in questa melma insanguinata possono esser solo coloro che lo fanno quotidianamente per mestiere, senza imbarazzi e rimorsi e che proprio per questa sgradevole abitudine sono in grado di non esser avvelenati dai miasmi velenosi. Arrendiamoci dunque, chi potrebbe fare con un maggiore concentrato di perizia?
Si dà il benvenuto, quindi, alla bella schiera. Sbuca sui colli fatali il capo della Cia, Burns, riverita organizzazione che per statuto si occupa di porcherie, omicidi eccellenti ben camuffati, golpe da esportazione, ovviamente sempre per difendere la sicurezza delle democrazie. Soltanto la leggendaria grullaggine di capi e gregari ha striminzito la lista dei vergognosi «successi».
Sbarca poi a Roma il capo del mitico Mossad, Barnea, servizio specializzato nell’“omicidio mirato” dei nemici, da metter a segno senza badare a frontiere e metodi e ovviamente senza perder tempo per dettagli come processi e sentenze. Barnea porterebbe con sé una proposta di Netanyahu «aggiornata» per cessate il fuoco e ostaggi.
Non sfigura al suo fianco il gran capo dei Mukhabarat egizi, la Gestapo di Al-Sisi, Abbas Kamal. I suoi apprezzati servizi hanno ucciso innocenti, popolato le galere, straziato il pensiero di povera gente che aveva ideali, immalvagito per necessità di sopravvivenza e vendetta oppositori costretti a unirsi al fanatismo. I giudici romani perdono una buon occasione per chiedergli, magari non troppo cordialmente, notizie dei suoi feroci manutengoli che hanno ucciso tra gli altri Regeni.
Al tavolo, omaggiatissimo, anche il Qatar, addirittura con un impettito primo ministro, Mohammed Al-Thani. Uno staterello simile ai granducati dell’operetta di Lehar se non ci tenesse in pugno con il suo “Sturm und Drang”, il gas. Hamas la conosce bene, ha armato e addestrato all’arte del macello gli apostoli del Califfato palestinese.
Ci sarebbe con simili figuri vasta materia per le affaccendate Corti penali universali. Non accadrà nulla. Risparmiateci almeno sconce segnalazioni, in caso di successo, al Nobel per la pace!
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