sabato 27 luglio 2024

Prigione Parigi: non lo fanno per sport

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La parola sport deriva dal latino “deportare” ovvero andare fuori dalle porte della città evidentemente per svagarsi in ville e tenute di campagna o semplicemente per godere del paesaggio. Nel tempo questa parola delle classi alte ha dato origine all’italiano diporto, allo spagnolo deporte, al francese desport, poi tramutatosi in Inghilterra in disport e abbreviato poi in sport. Dunque si tratta di una parola di ritorno che comunque significa in radice fare qualcosa di piacevole in modo gratuito. La stessa parola ha dato origine anche a significati ben più sinistri come deportare e deportazione, presenti in tutte le lingue romanze a causa del fatto che sia durante l’impero sia nell’epoca dei Comuni una delle pene più in uso per le persone non gradite dal potere, ma comunque di una certa rilevanza, era quella di mandarle in esilio e dunque mandarle fuori porta, questa volta in ceppi.

Ora guardando il guazzabuglio parigino, capolavoro di pessimo gusto occidentale e, nonostante l’abbondanza di tricolori francesi, un deludente zibaldone di chiara marca hollywoodiana, guardando gli innumerevoli recinti zoologici eretti nelle strade della città, necessari per la “sicurezza”, le migliaia e migliaia di poliziotti con i fucili d’assalto, le vere e proprie pareti di blindati, i ticket necessari per muoversi, osservando l’uso politico che si fa delle Olimpiadi con l’esclusione della Russia e della Bielorussia, si può senz’altro dire che i due significati sono stati riconciliati. Ovvero nell’uso di attività atletiche per deportare mentalmente le persone, ma in parte anche fisicamente, per sottoporle a una pressione psicologica, per dare a Stati senza alcuna sovranità l’impressione di averne qualcuna, per trasformare l’occasione in una sorta di imposizione delle regole occidentali variabili a piacere nonché per ribadire il senso della paura e dell’emergenza.

Nelle zone antistanti i luoghi dei giochi vi sono cartelli che spiegano come sia vietato esporre bandiere di Paesi non partecipanti ai Giochi, o altri simboli che possano essere associati a Paesi i cui atleti sono autorizzati a partecipare esclusivamente come atleti individuali neutrali. Dunque una bandiera palestinese sarebbe illegale. Dov’erano tali misure di esclusione quando gli Stati Uniti con gli altri occidentali hanno intrapreso la loro guerra di aggressione contro l’Iraq, che era basata su menzogne ed era innegabilmente illegale e molto brutale? Ciò dimostra come l’Occidente abbia preso il controllo delle Olimpiadi e stia freddamente sfruttando lo sport per i suoi scopi politici e geopolitici.

Niente di più distante dall’idea iniziale visto che i giochi erano stati concepiti proprio per avvicinare gli avversari e niente di così rivelatore della situazione presente. Così alla fine, invece di subire esclusioni di ogni tipo, altre manifestazioni ne prenderanno il posto: già quest’anno i Brics hanno organizzato una competizione alternativa la cui prima edizione si è svolta a Kazan, dal 12 al 23 giugno. Quasi 5 mila atleti (4.817 per la precisione) provenienti da 100 Paesi hanno partecipato alle gare, il che per un esordio, tra l’altro a ridosso delle Olimpiadi diciamo così, ufficiali, è un successo, anche se il pubblico occidentale è stato tenuto del tutto all’oscuro di questa manifestazione, deportato ancora una volta dalla realtà delle cose. Si tratta comunque di un vagito, ma è abbastanza evidente che stiamo assistendo all’inizio della fine, allo scioglimento del Movimento Olimpico Internazionale, ormai completamente corrotto e in decomposizione anche perché il professionismo, ha fatto carne di porco degli ideali sportivi e costruito un trionfale viale d’ingresso al doping che è ormai d’obbligo. Se ancora esiste un labile desiderio di mettersi alla prova per il piacere di farlo, non c’è alcun dubbio che le manifestazioni sportive come queste abbiano raggiunto lo stadio terminale.

Si può facilmente profetizzare che le Olimpiadi si stanno scavando la fossa: sono così screditate, che molti dei pochissimi atleti russi a cui è stato concesso il permesso di recarsi a Parigi, nonostante tutto, si sono rifiutati di prendere parte alla kermesse parigina che sembra una prigione a cielo aperto. In Russia l’interesse per le Olimpiadi è così basso che nessun canale televisivo le trasmetterà. Questo non è il risultato di una presunta censura, ma di una decisione puramente commerciale: a causa dello scarso interesse gli introiti pubblicitari non sarebbero sufficienti a ripagare i costosi canoni per i diritti di trasmissione. Non c’è nemmeno da meravigliarsi se qualcuno abbia pensato di sfruttare le Olimpiadi e il loro retroterra di politica globalista per sabotare i treni ad alta velocità. Di certo non sono i russi che ormai vengono considerati colpevoli di tutto, anche se Macron sbatte l’alluce contro i piedi del letto durante i festini inclusivi dell’Eliseo, ma che potrebbero legalmente farlo visto che la Francia manda i suoi uomini in Ucraina ormai ufficialmente. Però no, i russi non sono stupidi, è probabilmente qualcuno che non ne può più di vivere in questa prigione nella quale le Olimpiadi parigine fungono da allegoria del futuro che ci attende.

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