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Dopo la sconfessione dell’Oms anche la autorità sanitarie svedesi scendono in campo contro i tamponi, ma lo fanno in maniera molto più esplicita dell’organismo finanziato dai vaccinatori folli e che si nasconde dietro l’etichetta delle Nazioni Unite: l‘Agenzia svedese per la sanità pubblica, infatti non usa mezzi termini e decostruisce tutta la narrazione dei pandemiologi, utilizzando, cosa non secondaria, anche un linguaggio rigoroso, ma facilmente comprensibile alla maggior parte dei cittadini. Ecco uno stralcio del documento: “L’autorità sanitaria ha sviluppato criteri nazionali per valutare l’assenza di infezione da Covid-19. La tecnologia PCR utilizzata nei test per rilevare i virus non è in grado di distinguere tra virus in grado di infettare cellule e virus resi innocui dal sistema immunitario e pertanto questi test non possono essere utilizzati per determinare se qualcuno è infettivo o meno. L’RNA dei virus può spesso essere rilevato settimane (a volte mesi) dopo l’infezione, ma non significa che una persona sia ancora contagiosa . Esistono anche diversi studi scientifici che suggeriscono che l’infettività del Covid-19 è più alta all’inizio del periodo di malattia.”
Se fossimo ancora in grado di far funzionare la testa capiremmo l’importanza di queste affermazioni da parte di autorità sanitarie che hanno evitato al loro Paese i confinamenti e il disastro economico, riuscendo ad avere anche molto meno vittime rispetto ai coprifuochisti decerebrati: tutta la narrazione pandemica si basa appunto sulla gestione dei tamponi che tra l’altro può anche essere modulata – a seconda del numero di amplificazioni – per ottenere o il panico e il sollievo, in maniera alternata per meglio stordire e disorientare la gente. Il test Pcr dovrebbe determinare se qualcuno è attualmente infettato dal virus e se può infettare altre persone tuttavia esso rileva anche solo frammenti o frazioni di virus tipici dei coronavirus per cui non si sa se ci sia un’infezione in atto, se essa sia passata, se si tratti solo di frammenti virali con i quali si è casualmente venuti in contatto o se addirittura si tratti di altri virus, cosa che può accadere viste le amplificazioni folli che vengono utilizzate. Da molti studi è ormai noto che i virus in fase riproduttiva sono presenti nell’organismo per circa 7 giorni. Tuttavia, frammenti del virus rimangono nel corpo per molti giorni dopo che il virus è stato distrutto dal sistema immunitario, in media 21 giorni, ma sono stati comunque rilevati anche dopo 83 giorni: dunque in assenza di sintomi rilevanti il tampone utilizzato correttamente a non più di 25 amplificazioni e trascurando per il momento i problemi di affidabilità, ci dice che statisticamente solo in un terzo o anche meno dei soggetti risultati positivi l’infezione è in atto e può essere trasmessa. Se poi il tampone viene utilizzato da 30 amplificazioni in poi (la media è 35 – 40) il risultato è del tutto casuale visto che solo il 3% o anche meno si rivela esatto.
Da tutto questo emerge che le autorità svedesi hanno messo un macigno sopra lo strumento principe della narrazione pandemica, ovvero i tamponi, ma la cosa sorprendente è che se pure il trucco sia ormai svelato e denunciato anche da quegli organi che vengono considerati come l’oracolo della verità, i prestigiatori del Covid continuano imperterriti nelle loro tamponature e nell’equivoco di considerare malata gente perfettamente sana. Paradossalmente si può dire che abbiamo una pandemia di buona salute. Ma non c’è da stupirsi di nessuna assurdità dentro l’assurdo.
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