Solo chi abita a Roma conosce, volente o, il più delle volte, nolente, il peso, l’influenza, la pervasività delle radio private romaniste sulla popolazione romana. Radio usate come clave politiche, in grado di orientare i comportamenti elettorali e sociali di gran parte della cittadinanza, sfruttando la Roma (intesa come passione calcistica) come veicolo di propaganda degli interessi palazzinari. Oggi è la volta dello stadio di Pallotta, ma in questo ventennio abbondante di superfetazione radiofonica sono state utilizzate per ogni losco obiettivo. Sempre mascherato da presunti “interessi trasversali” dei tifosi, ovviamente. Storie note, almeno, ripetiamo, per i romani.
Ma questo indegno linciaggio quotidiano ha travalicato da mesi ogni misura. Il tranello ideologico è tanto elementare quanto efficace: trasformare la vicenda stadio in questione di tifo. Chi è contro la speculazione è contro la Roma e i romanisti. Ci è arrivato anche Il Fatto quotidiano, per merito di Daniela Ranieri, smascherando quest’ansia sospetta che circola in città, veicolata ad arte attraverso il bastone radiofonico: “la stadiomania rimbalza dalle radio locali (dove Tor di Valle è ormai quel che è Medjugorje su Radio Maria)”. Eppure, quella che Vezio De Lucia definisce “la più grossa speculazione fondiaria tentata a Roma dopo l’Unità d’Italia” meriterebbe un tono diverso. Il calcio, detto altrimenti, non c’entra nulla: confondere speculazione e passione è il tentativo (riuscitissimo, per il momento) dei palazzinari. Non c’entra nulla neanche lo stadio, s’è per questo. C’entra tutto il resto: il milione di metri cubi regalati ai privati; l’ennesima area commerciale che produce solo impoverimento sociale; l’ennesima variante al Piano regolatore; l’ennesima sfilza di appartamenti invenduti, lasciati appositamente vuoti per garantire i prezzi di un mercato degli affitti senza controllo possibile. E c’entra lo sciacallaggio mediatico in servizio permanente contro un membro della giunta Raggi, che ha il solo peccato di essere presentato come “il nemico della Roma”.
Non abbiamo particolare simpatia del Berdini che, una volta insediatosi al Campidoglio, è venuto meno a ogni disponibilità a intrecciare una interlocuzione con quel pezzo di società che pure avrebbe dovuto rappresentare e difendere: quella delle periferie romane. Sono evidenti anche i limiti politici di un onesto urbanista che ha mostrato tutta la propria inadeguatezza di fronte alla lotta politica, quella vera. E non siamo neanche contrari al nuovo stadio, sebbene la nostra posizione coincida con quella della Carovana delle Periferie, che vuole lo stadio senza l’abnorme speculazione che gli sta dietro. Ma il linciaggio quotidiano nasconde interessi diversi, o meglio: nasconde i soliti interessi. E’ una pervasività ideologica, quella veicolata dalle radio come Tele Radio Stereo, che oggi aggrega consensi attorno allo stadio così come domani li convoglierà verso qualche altra impresa mortifera per la città. Oggi è Berdini, domani sarà qualche altro rompicoglioni.
Ogni questione cittadina triturata e fagocitata in un “romanismo giornalistico” che niente ha a che vedere con la Roma e i suoi tifosi, ma molto con un sottobosco accattone fatto di giornalisti falliti e opinionisti da bar: i vari Austini, Piacentini, Serafini, e poi Dotto, Pugliese, Valdiserri, e ancora Pinci, Zazzaroni e Jacobelli, e i soliti Renga, Melli e Trani, e via continuando all’infinito. Una città palazzinara che forma i suoi replicanti ideologici, li traveste da giornalisti, li ospita nel proprio circuito mass-mediatico, al servizio permanente degli interessi dell’editore, che poi sono quelli della città abusiva e speculativa contro quelli della sua popolazione. Rimanere in silenzio oggi, qualsiasi posizione si possa avere su Berdini, la giunta grillina, lo stadio o altro, significherebbe arrenderci alla voce del padrone, che oggi bastona Berdini e domani continuerà a bastonare gli interessi dei romani. Il tutto raccontato come se fosse solo una questione di tifo.
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