Il
punto comune di queste crisi è che dopo che per anni si sono scaricati
sui lavoratori, e nel caso dell'Ilva anche sulla salute delle
popolazioni, i costi del rilancio aziendale, per quanto grandi siano
stati i sacrifici occupazionali, salariali, nei diritti, alla fine è
andata sempre peggio.
Ora Alitalia chiede di abolire il contratto nazionale e di diventare una versione povera di RyanAir, Ilva dimezza gli organici smontando gli impianti senza averli risanati, Almaviva trasferisce il lavoro all'estero e licenzia, cominciando da chi non accetta di tagliarsi i già miseri salari. Sono modelli che si preparano a seguire in tanti.
Queste aziende, e le altre che stanno per aggiungersi. sono la dimostrazione lampante di tre fallimenti. Il primo è quello dei vertici della classe imprenditoriale italiana, che hanno mostrato che sotto la loro arroganza non c'è niente. Sono capaci di fare profitto solo con i soldi pubblici e non rispettando leggi e diritti; e se non possono continuare così, falliscono.
Il secondo fallimento è quello dei governi, tutti, che finora hanno gestito le crisi industriali non risolvendone neanche una, ma affidandosi prima ai padroni furbastri di casa nostra, poi al peggio del mercato multinazionale. I governi hanno sinora solo svenduto le aziende e accettato e fatto sì che i lavoratori pagassero tutto. Tutti i governi italiani finora hanno operato come merchant bank straccione, mettendo all'asta il patrimonio industriale ed i lavoratori. Siamo diventati una colonia industriale e finanziaria, dove le multinazionali fanno il bello ed il brutto ed i governanti sono in balia di qualsiasi cialtrone che venga da lontano.
Infine il terzo fallimento, che li riassume tutti, è quello delle politiche economiche liberiste volute ed imposte dalla Unione Europea.
Il sistema industriale italiano e quello bancario, non possono sopravvivere senza nazionalizzazioni, senza intervento pubblico nelle politiche industriali, senza controllo dei mercati e degli investimenti. Tutto ciò che la UE e la casta globalizzatrice che la rappresenta, considerano il male assoluto. Governi servili e imprenditori da quattro soldi si sono così nascosto dietro le direttive europee per svendere tutto, naturalmente continuando ad addossare ai lavoratori la colpa dei loro fallimenti. E in questo disastro sono stati agevolati dagli accordi a perdere sottoscritti da CgilCislUil, che si sono susseguiti accettando tutto e risolvendo nulla. Di questo passo di chiederà ai dipendenti delle aziende in crisi non solo di rinunciare alla retribuzione, ma di pagare per lavorare. E non basterà.
Senza rompere col passato, senza un forte intervento pubblico per salvare le imprese e il lavoro, le crisi precipiteranno nel disastro. Bisogna alzare molto, molto, molto la voce, altrimenti gli autori del fallimento continueranno imperterriti a fare danni. Bisogna fare come e di più dei tassisti.
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Ora Alitalia chiede di abolire il contratto nazionale e di diventare una versione povera di RyanAir, Ilva dimezza gli organici smontando gli impianti senza averli risanati, Almaviva trasferisce il lavoro all'estero e licenzia, cominciando da chi non accetta di tagliarsi i già miseri salari. Sono modelli che si preparano a seguire in tanti.
Queste aziende, e le altre che stanno per aggiungersi. sono la dimostrazione lampante di tre fallimenti. Il primo è quello dei vertici della classe imprenditoriale italiana, che hanno mostrato che sotto la loro arroganza non c'è niente. Sono capaci di fare profitto solo con i soldi pubblici e non rispettando leggi e diritti; e se non possono continuare così, falliscono.
Il secondo fallimento è quello dei governi, tutti, che finora hanno gestito le crisi industriali non risolvendone neanche una, ma affidandosi prima ai padroni furbastri di casa nostra, poi al peggio del mercato multinazionale. I governi hanno sinora solo svenduto le aziende e accettato e fatto sì che i lavoratori pagassero tutto. Tutti i governi italiani finora hanno operato come merchant bank straccione, mettendo all'asta il patrimonio industriale ed i lavoratori. Siamo diventati una colonia industriale e finanziaria, dove le multinazionali fanno il bello ed il brutto ed i governanti sono in balia di qualsiasi cialtrone che venga da lontano.
Infine il terzo fallimento, che li riassume tutti, è quello delle politiche economiche liberiste volute ed imposte dalla Unione Europea.
Il sistema industriale italiano e quello bancario, non possono sopravvivere senza nazionalizzazioni, senza intervento pubblico nelle politiche industriali, senza controllo dei mercati e degli investimenti. Tutto ciò che la UE e la casta globalizzatrice che la rappresenta, considerano il male assoluto. Governi servili e imprenditori da quattro soldi si sono così nascosto dietro le direttive europee per svendere tutto, naturalmente continuando ad addossare ai lavoratori la colpa dei loro fallimenti. E in questo disastro sono stati agevolati dagli accordi a perdere sottoscritti da CgilCislUil, che si sono susseguiti accettando tutto e risolvendo nulla. Di questo passo di chiederà ai dipendenti delle aziende in crisi non solo di rinunciare alla retribuzione, ma di pagare per lavorare. E non basterà.
Senza rompere col passato, senza un forte intervento pubblico per salvare le imprese e il lavoro, le crisi precipiteranno nel disastro. Bisogna alzare molto, molto, molto la voce, altrimenti gli autori del fallimento continueranno imperterriti a fare danni. Bisogna fare come e di più dei tassisti.
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