La neodestra xenofoba statunitense ed europea ha fatto la sua fortuna con le accuse agli immigrati di essere i responsabili dell’aumento della criminalità, ma dallo studio “Urban crime rates and the changing face of immigration: Evidence across four decades”, pubblicato sul Journal of Ethnicity in Criminal Justice da un team di ricercatori statunitensi, non emerge nessun collegamento tra i due fenomeni e addirittura viene fuori che «In realtà, l’immigrazione sembra essere legata alla riduzione di alcuni tipi di reati».
Il principale autore dello studio, Robert Adelman, che insegna sociologia all’università di Buffalo, spiega che «La nostra ricerca mostra forte e stabili segnali che, in media, nelle aree metropolitane degli Stati Uniti il crimine e l’immigrazione non sono collegati. I risultati dimostrano che con l’immigrazione non aumentano aggressioni e, di fatto, rapine, furti con scasso, furti e omicidi sono più bassi nei luoghi in cui i livelli di immigrazione sono più elevati. I risultati sono molto chiari».
La cosa singolare è che i ricercatori che hanno partecipato allo studio provengono in gran parte da università del sud degli Stati Uniti, da Stati dove la contrarietà all’immigrazione e il razzismo sono molto diffusi e che hanno votato in massa per Donald Trump, anche per contrastare il presunto aumento dei crimini da parte deli immigrati che, come ha sottolineato il nuovo presidente, metterebbero a rischio la sicurezza e la tranquillità dei cittadini americani.
Non a caso, Adelman invece sottolinea che «I fatti sono fondamentali nel contesto politico attuale. L’evidenza empirica in questo studio e di altre ricerche correlate mostra uno scarso sostegno all’idea che più immigrati portino a più crimini».
Secondo Adelman, «Precedenti ricerche, basate sui dati degli arresti e delle offese, hanno dimostrato che, in complesso, gli individui nati all’estero hanno meno probabilità di commettere crimini di chi è nato in America».
Con questo nuovo studio gli autori hanno cercato di capire se l’immigrazione ad un livello più grande, di comunità, potrebbe essere legata ad un aumento della criminalità a causa dei cambiamenti indotti nelle città, come ad esempio un minor numero di opportunità economiche, anche in base all’accusa che gli immigrati tolgano lavoro ai lavoratori locali. Per farlo hanno analizzato un campione di 200 aree metropolitane designate dall’U.S. Census Bureau e hanno utilizzato 40 anni di dati del censimento e quelli sui crimini del Federal Bureau of Investigation (Fbi) che vanno dal 1970 al 2010.
Adelman non ha dubbi: «Questo è uno studio attraverso il tempo e lo spazio e i fatti sono chiari. Non stiamo sostenendo che gli immigrati non vengono mai coinvolti nei crimini. Quello che stiamo spiegando è che nelle comunità che sperimentano un cambiamento demografico portato da modelli migratori non si verificano aumenti significativi di un qualsiasi dei tipi di reato che abbiamo esaminato. E in molti casi, nelle comunità che hanno incorporato molti immigrati la criminalità è stabile o è diminuita».
Adelman dice che il rapporto tra immigrazione e criminalità è complesso e che devono essere fatte ulteriori ricerche, ma fa notare che «Questa ricerca supporta altre conclusioni scientifiche che gli immigrati, nel complesso, hanno un effetto positivo sulla vita sociale e sull’economica americana».
Proprio quello che non vogliono sentirsi dire Trump e i suoi sostenitori negli Usa e all’estero.
Adelman conclude: «E’ importante basare le nostre politiche pubbliche su fatti e le prove, piuttosto che sulle ideologie e le affermazioni infondate che demonizzano particolari segmenti della popolazione».
Ma nell’epoca delle fake news, della politica fatta su Twitter e dell’odio diventato partito e governo, i dati e i fatti rischiano di contare poco. Come diceva qualcuno su Facebook, incolpare gli immigrati di ogni crimine ci fa dimenticare che ‘ndrangheta, camorra, mafia e corruzione sono made in Italy. E’ comodo, autoassolutorio, funziona e, soprattutto, porta voti.
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