Giovedì 23 febbraio, Roma. Nella Sala Fredda
della Cgil, a due passi da piazza Vittorio, si tiene un incontro in cui
si parla di politica. Di sinistra, in particolare. Non possiamo fare a
meno di andare, dietro il tavolo – promette l’invito – troveremo a
discutere Maurizio Landini e Anna Falcone, Pippo Civati e Nicola
Fratoianni, Paolo Ferrero e persino Michele Emiliano. Incredibile,
pensiamo, val da solo la camminata. E per via Borromeo, al numero 12, al
nostro arrivo troviamo ammassate telecamere e fotografi. Ma capiamo
subito che è Michele Emiliano a suscitare gran parte dell’interesse.
«Verrà?», si chiedono in molti. Il candidato alla guida del Pd alla fine
è arrivato. E nel Pd, alla fine, ci è rimasto: «L’Italia mi descrive
come un uomo tentennante – dice tra il serio e il faceto poco dopo
dentro la sala – ma vi sembrano troppe 24 o 48 ore per prendere una tale
decisione?», chiede dopo aver preso posto tra Civati e Ferrero. I
primissimi interventi degli organizzatori, i deputati Airaudo e Marcon e
poi, gli interventi che – no – stavolta non sembrano dettati da un moto
politicista, ma si attengono alle questioni sul tavolo: i referendum
sociali di primavera della Cgil – il fatto che il governo continui a non
fissare una data per il voto – e una Sinistra da ricostruire. Intanto
Anna Falcone, con la sua sola presenza, ricorda che questo voto segue a
una vittoria referendaria, quella del 4 dicembre. Sulla bocca di tutti
risiede la parola Unità. Nella Sala Fredda, insomma, è stato rotto il
ghiaccio. Ecco cosa è stato detto.
«Vedere questo tavolo è già una speranza per chi dal giorno dopo il 4
dicembre ha iniziato a temere per una sinistra capace solo di
litigare», dice Anna Falcone. È l’unica donna tra i relatori, a lei è
stato affidato il compito di aprire gli interventi e lo fa senza mezzi
termini: «è cambiato lo scenario, e lo hanno deciso i cittadini che ci
hanno dato una lezione: quando si fa una campagna con spirito unitario,
con alti ideali e rifiutando “l’uomo solo al comando” come unica
prospettiva possibile, possiamo lavorare insieme e vincere». Parla a
nome dei 750 comitati sparsi in tutto il territorio nazionale e ce non
si sono sciolti, perché aspettano adesso di vederla attuata la
Costituzione che sono riusciti a difendere. E, citando Podemos, ai suoi
interlocutori lancia una provocazione: «Quando i cittadini non trovano
spazio nel dibattito politico se lo creano. Ma io vorrei vedere insieme
l’esperienza dei partiti con la freschezza dei comitati». Parte da una
frattura anche Maurizio Landini, che sottolinea il dato storico dei
prossimi referendum: sono stati promossi direttamente da un sindacato,
senza l’intermediazione di un partito. Segno dei temi, segno di
scollamento. Ma anche segno di un’ambizione: La nostra è una battaglia
di egemonia, se porteremo 26 milioni di persone a votare , e avremo il
quorum, non saranno solo i dipendenti iscritti alla Cgil”. Poi, da buon
sindacalista, avverte: «Non c’è sinistra possibile senza Unità sociale
del lavoro». Non solo la politica è divisa, ma lo è la società stessa e
ancor di più il mondo del lavoro: «Nelle fabbriche e nei luoghi di
lavoro – spiega il segretario Fiom – c’è paura, del proprio compagno di
lavoro e dell’imprenditore. E non ci sono strutture e strumenti per
difendersi. Perciò non basta cambiare le leggi, ma dobbiamo essere
portatori di un cambiamento delle politiche economiche. È necessario
ricostruire una connessione sentimentale».
Va dritto al sodo Paolo Ferrero: «C’è un obbligo di unità, non ideologico ma concreto», dice il segretario di Rifondazione. E, senza troppi giri di parole, propone d’emblée il metodo: non è necessario sciogliersi o chiedere lo scioglimento a qualcuno, ma basta una cessione di sovranità a un soggetto unitario. «Al netto del 10% delle cose su cui non siamo d’accordo, sul 90% possiamo costruire un processo di partecipazione. Per una sinistra che sia un fatto di massa e non di testimonianza», dice Ferrero che torna sul voto del 4 dicembre per far notare ai sui interlocutori che «non riusciamo a sedimentare le cose positive, rispetto a una sorta di sfiducia nei confronti del popolo italiana. Invece un popolo di sinistra c’è, ma ha difficoltà a esprimersi».
Un piccolo battibecco con Emiliano suscita qualche risata in sala – «Ti faccio i miei migliori auguri ma resto convinto che il Pd sia parte del problema e non la soluzione. Il Pd, e non solo Renzi» – poi gli cede la parola. La platea è tiepida quando dietro il microfono c’è Michele Emiliano, ma lui ci prova: «Stasera i media hanno fotografato un possibile centrosinistra, ma sappiamo che non è detto che si realizzi». Tra le incognite, soprattutto, c’è la sua vittoria alle primarie del Pd, scelta presa perché «si augura che il Pd sappia riprendere coscienza». E pone alla platea la domanda retorica: «È possibile che il maggior partito del centrosinistra sia ostaggio di una persona sola? La scissione avrebbe lasciato vivere un Pd snaturato, se invece il Pd divenisse oggetto di partecipazione popolare sono convinto che quello di cui parliamo qui diventerebbe realizzabile. È necessario sbloccare il centrosinistra, venire fuori dal guaio in cui noi stessi ci siamo cacciati. Vi chiedo aiuto per questo».
«Questa sera siamo tutti qui e stiamo bene». Pippo Civati tira su il morale un po’ a tutti. «Andiamo oltre la rappresentazione plastica della politica che viene riportata dai media e da noi stessi. Cominciamo a parlare di noi, a parlare bene di noi», dice serio. E rilancia: «Questo tavolo deve essere un luogo permanente – e ironicamente si rivolge all’unico dem in sala: Prendiamo anche Emiiano dai…» Sono da poco passate le otto della sera. Il passo successivo è già arrivato. Da venerdì a domenica, sempre a Roma, si svolgono i lavori della “Costituente delle idee” indetta dalla sua Possibile. Nicola Fratoianni, appena eletto segretario di Sinistra italiana, è il primo a raccogliere l’invito «per uscire dalla cappa del politicismo ed entrare nel merito delle questioni». A lui è affidato l’ultimo degli interventi, lui non manca di entrare nel merito e snocciola proposte su cui costruire la tanto chiamata in causa Unità, proposte che – certamente – uniscono. Intanto, assicura, ogni giorno, insieme al deputato Airaudo che gli siede accanto, continuerà a chiedere dai banchi della Camera una data per i referendum su voucher e appalti.
Va dritto al sodo Paolo Ferrero: «C’è un obbligo di unità, non ideologico ma concreto», dice il segretario di Rifondazione. E, senza troppi giri di parole, propone d’emblée il metodo: non è necessario sciogliersi o chiedere lo scioglimento a qualcuno, ma basta una cessione di sovranità a un soggetto unitario. «Al netto del 10% delle cose su cui non siamo d’accordo, sul 90% possiamo costruire un processo di partecipazione. Per una sinistra che sia un fatto di massa e non di testimonianza», dice Ferrero che torna sul voto del 4 dicembre per far notare ai sui interlocutori che «non riusciamo a sedimentare le cose positive, rispetto a una sorta di sfiducia nei confronti del popolo italiana. Invece un popolo di sinistra c’è, ma ha difficoltà a esprimersi».
Un piccolo battibecco con Emiliano suscita qualche risata in sala – «Ti faccio i miei migliori auguri ma resto convinto che il Pd sia parte del problema e non la soluzione. Il Pd, e non solo Renzi» – poi gli cede la parola. La platea è tiepida quando dietro il microfono c’è Michele Emiliano, ma lui ci prova: «Stasera i media hanno fotografato un possibile centrosinistra, ma sappiamo che non è detto che si realizzi». Tra le incognite, soprattutto, c’è la sua vittoria alle primarie del Pd, scelta presa perché «si augura che il Pd sappia riprendere coscienza». E pone alla platea la domanda retorica: «È possibile che il maggior partito del centrosinistra sia ostaggio di una persona sola? La scissione avrebbe lasciato vivere un Pd snaturato, se invece il Pd divenisse oggetto di partecipazione popolare sono convinto che quello di cui parliamo qui diventerebbe realizzabile. È necessario sbloccare il centrosinistra, venire fuori dal guaio in cui noi stessi ci siamo cacciati. Vi chiedo aiuto per questo».
«Questa sera siamo tutti qui e stiamo bene». Pippo Civati tira su il morale un po’ a tutti. «Andiamo oltre la rappresentazione plastica della politica che viene riportata dai media e da noi stessi. Cominciamo a parlare di noi, a parlare bene di noi», dice serio. E rilancia: «Questo tavolo deve essere un luogo permanente – e ironicamente si rivolge all’unico dem in sala: Prendiamo anche Emiiano dai…» Sono da poco passate le otto della sera. Il passo successivo è già arrivato. Da venerdì a domenica, sempre a Roma, si svolgono i lavori della “Costituente delle idee” indetta dalla sua Possibile. Nicola Fratoianni, appena eletto segretario di Sinistra italiana, è il primo a raccogliere l’invito «per uscire dalla cappa del politicismo ed entrare nel merito delle questioni». A lui è affidato l’ultimo degli interventi, lui non manca di entrare nel merito e snocciola proposte su cui costruire la tanto chiamata in causa Unità, proposte che – certamente – uniscono. Intanto, assicura, ogni giorno, insieme al deputato Airaudo che gli siede accanto, continuerà a chiedere dai banchi della Camera una data per i referendum su voucher e appalti.
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