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Ha finito di narrare
prestissimo Shifa Gardi, reporter e capo produzione dell’emittente kurda Rûdaw. A trent’anni è diventata lei
stessa vittima dell’offensiva sul fronte di Mosul che, come tanti, semina morte
fra combattenti in divisa e popolazione civile, con l’aggiunta degli operatori
dei media. Era già accaduto a un giornalista d’una tivù irachena.
Shifa è stata
investita dall’esplosione d’una bomba mentre effettuava un’intervista a un
comandante sciita che la conduceva accanto a un enorme buco sospettato d’essere
la tomba di un eccidio di massa compiuto dai miliziani dell’Isis. L’uomo
inavvertitamente ha urtato l’innesco d’una mina antiuomo che l’ha dilaniato
assieme alla giornalista e altri quattro guerriglieri kurdi. Ferito l’operatore
della tivù che è stato trasportato presso l’ospedale di Erbil. La Gardi è
ricordata dai colleghi come un elemento audace, per nulla intimorita dai rischi
del fronte di guerra. L’inchiesta che stava realizzando si rivolgeva alla
cosiddetta “valle della morte”, un’area a una ventina di chilometri a sud di
Mosul e cinque dalla strada di collegamento fra questa città e Baghdad, dove si
pensa che i jihadisti abbiano compiuto massacri di massa. Il lavoro s’inseriva
negli approfondimenti della rubrica da lei curata con meticolosità
professionale e una speciale umanità. I combattenti kurdi la considerano una
martire, impegnata sullo stesso fronte semplicemente con altre armi. E’ un'immensa perdita per l’informazione di prima linea.
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