martedì 21 febbraio 2017

Impressioni di viaggio, USA 1972

post originale di R@P51

Il visto.

In quegli anni non era facile per il figlio di un comunista ottenere un visto turistico per gli Stati Uniti d’America. La seconda guerra mondiale era finita da ben 27 anni. Ernesto Guevara era stato assassinato in Bolivia da appena 5 anni. Il muro di Berlino sarebbe stato in piedi per altri 17 anni fino al 9 novembre 1989. La guerra del Vietnam si sarebbe conclusa di lì a tre anni, nel 1975. Era iniziata nel '55. Gli americani (del nord), memori della liberazione/occupazione del '45, erano ancora conviti che l'Italia fosse un paese sottosviluppato, secondo il loro standard di consumismo sfrenato ed erano anche conviti, gli americani (del nord), che in Italia ci fossero orde di comunisti che ancora discutevano sulla bontà della decisione presa da Togliatti, dal letto d’ospedale dove era ricoverato dopo l’attentato subito nel ‘48, di non autorizzare alcuna insurrezione armata.
Per fortuna, era vera la prima e anche la seconda convinzione degli americani (del nord), in quegli anni il PCI era il primo partito comunista d'Europa. Comunque, mio padre (comunista) decise, un po' per rivalsa verso i ricchi parenti americani (del nord) e un po' per per riscattare la sua condizione di operaio con licenza elementare, di pagarmi un biglietto di andata e ritorno per gli Stati Uniti: Roma - Milano - Boston - Mansfield ( in Massachusetts) abbastanza vicino al confine con il Canada. Al vitto e alloggio ci avrebbero pensato i generosi parenti americani (del nord). Devo riconoscere che mio padre ebbe una sfrontatezza invidiabile, al limite dell'azzardo, quando per ottenere il passaporto per il figlio minorenne giurò e spergiurò di non essere mai stato comunista. Fece carte false e credo che interessò (con beni commestibili) anche qualche brigadiere o maresciallo dei carabinieri affinché chiudesse un occhio sul suo passato e presente politico. Nel 1972, negli USA, era presidente -e fu confermato presidente- Richard Nixon, infatti i bombardamenti indiscriminati sul Vietnam del Nord ripresero allegramente. Diciamo che gli americani (del nord) non avevano una buona opinione dei comunisti, degli italiani né tanto meno degli italiani comunisti.
Il passaporto lo ottenni, ma valido solo per 6 mesi per impedirmi di imboscarmi "non-so-dove" per evitare la visita dei "3 giorni" ed essere considerato abile ed arruolabile per il servizio militare, il visto turistico era per soli 3 mesi.
Così, a 16 anni, con il vestito della festa, mi imbarcai a Fiumicino su un volo della defunta TWA per una "vacanza" che durò tutti i tre mesi del visto. Anche io, come mio padre, corsi i miei rischi. Il '68 era passato da soli 4 anni e ovviamente, a 12 anni, non ci avevo capito niente ma avevo capito che volevo e dovevo capire. Così, in piena fase di auto-formazione politica, misi in valigia tre libretti in formato tascabile confezionati, con colla e scotch, in modo tale da apparire un unico spesso libricino che foderato con carta a fiorellini sarebbe dovuto passare (e passò) inosservato. Gli autori dei tre libricini erano Marx-Engels, Lenin e Togliatti, rispettivamente. Per sfidare ulteriormente la sorte, misi in valigia anche una bellissima maglietta con la classica immagine icona del "Che" che venne regolarmente scambiato, dai miei cugini americani, per un cantante rock.

Gli spazi.
Arrivato in America, la prima cosa che mi impressionò fu la scala aumentata degli spazi, triplicati, quadruplicati e più. Venire dalla provincia di Roma e vedere le autostrade con 4,5 e 6 corsie, per carreggiata, fu veramente sorprendente. Si, si vedevano le autostrade nei telefilm in televisione (in bianco e nero) (il colore arrivò in Italia solo nel 1977) ma vederle di persona era un’altra cosa, erano più vere e più grandi. L’apoteosi degli spazi non fu quando vidi i centri commerciali, che non avevo mai visto, ma fu quando vidi i parcheggi dei centri commerciali. Fu una sensazione straniante, spazi grandi come due, tre o quattro volte Piazza San Pietro, perfettamente asfaltati, capaci di contenere migliaia di automobili. Ne rimasi così colpito che li fotografavo, si, fotografavo i parcheggi. 

Le macchine.
Ovviamente tutti i mie zii, maschi e femmine, avevano grosse automobili, anche i miei cugini, appena raggiungevano i 16 anni, avevano l’automobile, un po' più piccole ma ce l’avevano. Si in America si può guidare a 16 anni. Ovviamente io e mio padre, come mezzo di locomozione, avevamo la bicicletta, la stessa bicicletta. Lui la usava per andare a lavorare in campagna, io aspettavo che tornasse per farmi un giro. Puro edonismo proletario.
Mio cugino David aveva addirittura due Volkswagen modello maggiolino, una completa di tutto e l’altra senza motore. Che cosa ci faceva con due macchine identiche e un solo motore? Lo spostava, il motore, da una macchina all’altra in pochissimo tempo, più volte alla settimana, era bravissimo e velocissimo. Perché lo faceva? Non mi riuscì mai di capirlo. Propenderie per la “noia”.
Mia cugina Mourine non era da meno. Un pomeriggio stava organizzando, con gli altri miei cugini,  una serata non-mi-ricordo-dove e vedevo che discutevano animatamente sulla macchina da usare per andare appunto non-mi-ricordo-dove. Il mio inglese non era molto “fluent” e così chiesi di spiegarmi “lentamente” quale fosse il problema. Mia cugina era molto arrabbiata perché sosteneva che la sua macchina era troppo piccola per trasportare tutti i cugini. Non sapendo che macchina avesse, lì per lì mi sembrò che avesse ragione. Che macchina aveva? Una BMW 1502.      
Mio cugino Steven ancora non aveva 16 anni e pertanto non aveva ancora la macchina, però aveva una piccola motocicletta, ma per via dell’età non poteva guidare nemmeno quella. Che ci faceva con la motocicletta? Ci girava per ore nel giardino recintato intorno alla casa.  Un’altra cosa che mi lasciò alquanto meditabondo fu nel vedere che mio zio Leo, per spalare la neve dei 10 metri di vialetto che dava accesso al garage, pensò bene non di comprare due belle pale da neve ma un bellissimo trattorino spalaneve.

La rèclame.
Il pomeriggio, dopo cena (gli americani cenano alle 5 visto che sostanzialmente non pranzano, (almeno non pranzano come lo intendiamo noi) si guardava il televisore “acceso”. Per me fu una sorpresa sia il numero dei canali (noi avevamo in Italia solo RAI1 e RAI2, (si dovette aspettare il 1979 per vedere RAI3), sia la programmazione che il colore. 
Una cosa che mi colpì parecchio fu la continua interruzione delle trasmissioni per trasmettere la pubblicità. Noi eravamo cresciuti con “Carosello e poi a letto” e vedere questa enorme quantità di rèclame fu una sorpresa che mi avrebbe dovuto destare qualche “sospetto”. Non ne erano affatto infastiditi, erano organizzati, chi si alzava per farsi un caffè, chi andava in bagno, non era vissuta come una odiosa imposizione. La mia considerazione fu di commiserazione verso questi poveri americani trattati come consumatori allevati in batteria, imboniti. Non potevo immaginare di vedere in anteprima il nostro futuro. Come oggi non possiamo immaginare che per vedere il nostro futuro è sufficiente farsi un giretto in Grecia.    

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