“Sarà la Sardegna a decidere sul suo destino energetico”, lo dice la governatrice Alessandra Todde, intervistata da Fanpage.it, a proposito della polemica sugli impianti eolici che da settimane attraversa l’isola. “Sappiamo come fermare la speculazione senza interrompere la transizione ecologica”.
(di Giulia Casula – fanpage.it)
Dal suo insediamento alla guida della Regione Sardegna, Alessandra Todde si è trovata di fronte una bella gatta da pelare: la questione dell’eolico.
L’Isola per le sue caratteristiche naturali, tra cui la ventosità, si presta a essere una risorsa per la produzione di energia derivante da fonti rinnovabili. Tuttavia negli ultimi anni, la Regione è stata preda di un vero e proprio “assalto eolico”, con oltre 800 richieste di autorizzazione alla realizzazione di impianti, on e off-shore, sul territorio sardo.
Già durante la campagna elettorale, prima della sua elezione, la governatrice pentastellata aveva promesso battaglia contro la speculazione energetica che stava colpendo la Regione. Da qui la decisione della giunta Todde di sospendere per 18 mesi la realizzazione di nuovi impianti. “Ci siamo presi la responsabilità di governare e sappiamo bene cosa dobbiamo fare per fermare la speculazione senza interrompere la transizione ecologica”, spiega la presidente intervistata da Fanpage.it. La transizione Green “serve e verrà portata a termine, ma non sulla pelle dei sardi”, assicura.
Il problema della Sardegna è la speculazione energetica che si sta sviluppando attorno alle energie rinnovabili. Sul fronte energetico è necessario fare un discorso serio ed evitare che i cittadini che si battono attivamente per la difesa del territorio vengano strumentalizzati. È fondamentale aiutarli ad informarsi correttamente su problemi che spesso sono complessi e non giocare con la disinformazione o la banalizzazione dei problemi, come alcuni portatori di interessi ben diversi da quelli dei sardi stanno tentando di fare. È importante che sul tema delle energie rinnovabili la Sardegna abbia finalmente un ruolo attivo e non ci si limiti a lamentarsi di decisioni prese da altri. Ciò che sta accadendo in queste settimane conferma l’evidente cambio di registro rispetto al passato: sulla Sardegna decidono i sardi.
Perché si parla di ‘colonizzazione energetica’?
Il rischio concreto è che imprenditori e aziende non sardi, e spesso neanche italiani, approfittino del contesto normativo fino a qualche tempo fa estremamente favorevole e delle caratteristiche di insolazione e ventosità della Sardegna, per installare qui da noi i loro impianti, senza che la popolazione sarda riceva da ciò un reale beneficio e imponendo delle modifiche al paesaggio che in tanti casi sono semplicemente inaccettabili.
Alcuni esponenti di Forza Italia nell’Isola hanno dichiarato che durante il governo Draghi, a cui risale il Dpcm energia per la Sardegna, lei era viceministro dello Sviluppo economico con delega alla transizione ecologica, accusandola di essere corresponsabile dell’assalto eolico. Come risponde?
Chi mi accusa di essere corresponsabile dell’assalto eolico merita semplicemente una querela. Per prima cosa tengo a correggere alcune imprecisioni. Ero sì viceministra al MISE, ma con delega alle crisi industriali e seguivo per conto del Ministro i lavori del CITE, il Comitato per la Transizione Ecologica. La delega al CITE non mi dava modo di intervenire sui cosiddetti Decreti Draghi, perché l’oggetto di lavoro del CITE era un altro. Il Decreto non è passato per il CITE, ma è stato gestito direttamente da Mario Draghi e dal ministro Cingolani in Consiglio dei Ministri. Il Decreto Draghi ha ricevuto, durante il governo Solinas, il benestare della Regione Sardegna mediante un’intesa del 13 ottobre 2021 in Conferenza Unificata, conferenza in cui, per giunta, il coordinamento tecnico era presieduto dalla stessa Regione Sardegna. Chi mi accusa dovrebbe sapere che i provvedimenti di iniziativa governativa sono scritti e definiti nei loro contenuti dal ministero competente che, nel caso del Decreto in questione, si trattava del ministero della Transizione Ecologica, non certo quello dello Sviluppo Economico di cui ero viceministra. I contenuti del decreto non erano certo modificabili da me in quanto viceministro, e questo perché i provvedimenti legislativi di iniziativa governativa possono essere modificati solo dal Consiglio del Ministri, composto, per l’appunto, dai ministri. Chi mi accusa, quindi, o non si è informato a sufficienza o è in malafede. Lascio a chi legge il compito di decidere chi inserire nel primo e chi nel secondo gruppo.
Negli scorsi giorni la Regione ha approvato una moratoria che blocca l’installazione di impianti per 18 mesi, esclusi i casi in cui i lavori siano già iniziati, com’è successo a Oristano. Di quanti interventi parliamo?
Di pochissimi interventi rispetto a quelli che abbiamo fermato approvando una sospensiva che blocca tutto il bloccabile per un massimo di 18 mesi. Nel frattempo, stiamo lavorando alla mappa delle aree idonee che dovrà essere consegnata entro 180 giorni a partire dal 3 luglio scorso. Abbiamo combattuto in varie sedi per ottenere un decreto sulle aree idonee che rispondesse alle prerogative della Sardegna e abbiamo ottenuto che sia la Sardegna a definire come dislocare gli impianti eolici e fotovoltaici sul nostro territorio per raggiungere entro il 2030 la quota di 6,2 GWp aggiuntivi rispetto agli impianti già entrati in esercizio prima del 2021, senza dover subire passivamente le decisioni del Governo nazionale. Importante è anche il riconoscimento che abbiamo ottenuto sul tema dell’eolico offshore.
Di che si tratta?
Qualsiasi campo venga posto al largo delle coste della nostra isola, incide sulla Sardegna in quanto impatta sull’economia, la pesca, il turismo, il paesaggio e l’ambiente anche se viene realizzato nella fascia al di fuori dalla competenza della Regione, su acque nazionali o internazionali.. L’impegno della Sardegna verrà quindi considerato per intero e non, come alcuni avrebbero voluto prima del nostro intervento, concedendoci solo le briciole a fronte dell’installazione di simili impianti, solitamente di grandi o grandissime dimensioni. La Sardegna potrà infine decidere quale dovrà essere il suo destino energetico: non ci saranno più autorizzazioni che passeranno sopra la nostra testa perché ogni autorizzazione verrà decisa e data dagli uffici della Regione, chiaramente interpellando i Comuni, i territori e i cittadini.
Nel frattempo, proseguono le proteste degli attivisti contro l’arrivo delle pale eoliche sull’isola. Come risponde alle loro istanze?
Considero importante e da valorizzare ogni singolo contributo, soprattutto quelli che vengono dai cittadini, ma bisogna evitare di cadere nella demagogia e smetterla di pensare che a governare la Regione siano degli incapaci o delle persone che non studiano o che, perché in malafede, non vogliono fare il bene della Sardegna. Noi ci siamo presi la responsabilità di governare e sappiamo bene cosa dobbiamo fare per fermare la speculazione senza interrompere la transizione ecologica.
I dati della Regione Sardegna parlano di oltre 800 progetti depositati per la realizzazione di impianti eolici e parchi offshore. Quale sarebbe l’impatto sull’ecosistema sardo?
Le richieste di autorizzazione si sono moltiplicate non appena le leggi nazionali, unite alla colpevole immobilità di chi ci ha preceduto, hanno spianato il campo agli speculatori. Non bisogna però pensare che tutte le richieste abbiano le caratteristiche per poter concludere positivamente l’iter autorizzativo, né che permetteremo un’occupazione indiscriminata del territorio con gli impianti per la produzione di energia. Ripeto, la transizione energetica serve e verrà portata a termine, ma non sulla pelle dei sardi.
È stato molto criticato il tetto minimo di 6,2 GW di potenza da fonti rinnovabili assegnati alla Sardegna, rispetto ai 2 GW che bastano a soddisfare il fabbisogno energetico dell’isola. Qual è, a vostro avviso, la soluzione per un equilibrio tra la produzione energetica green e salvaguardia dei siti protetti nell’isola?
La quota è stata calcolata dal nostro punto di partenza: abbiamo ancora due centrali a carbone in attività, e spesso ci si dimentica che inquinano e, pur non avendo ancora un registro dei tumori – siamo indietro anche in questo – sappiamo che hanno provocato e continuano a provocare tantissime malattie. Questo per non parlare del maggiore produttore di energia elettrica in Sardegna, che è la centrale di Sarlux (gruppo SARAS) che produce energia bruciando gli scarti di raffinazione. Alla luce di ciò e del fatto che la Sardegna, per insolazione, ventosità e scarsa densità di popolazione in un territorio particolarmente vasto, è una terra che si presta più di tante altre alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, dobbiamo fare in modo che questo rappresenti per tutti noi un’opportunità e non una minaccia. Stiamo lavorando per questo e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutte le sarde e di tutti i sardi, uniti più che mai per un obiettivo comune.
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