venerdì 30 agosto 2024

L’Agenda Gender, la famiglia, le radici del malessere giovanile e le risposte del Moloch capitalista

L’Agenda Gender si compone di leggi (a tutela della comunità Lgtbq); prevede programmi Erasmus a sostegno delle iniziative Pride, usa milioni di euro per sostenere le attività Lgbtq+ e i loro attivisti in Africa, Asia, America Latina ed Europa orientale e sostiene le iniziative e le ONG legate al Dragtivism (l’arte del “travestimento”) ed è diventata, negli anni, un’industria milionaria. 

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Inoltre condiziona i finanziamenti ai paesi subordinati all’accettazione delle sue direttive; si combina e si rafforza con le richieste sulla regolamentazione delle Sex Workers; con quelle sull’utero in affitto e con quelle sulla fecondazione assistita. Inoltre l’Agenda Gender è la “bibbia” ideologica e falsamente libertaria della disforia di genere; del mercato legato alla transizione e alla medicalizzazione a vita, e apre le porte all’ingegneria genetica e alla totale manipolazione dell’umano. Ma basterebbe chiedersi perché molte multinazionali di Big Pharma e del Big Tech se ne fanno promotori, senza contare l’appoggio di tanti transumanisti :dall’Opern Society Foundation di Soros alla fondazione Taresem che investe in progetti di ricerca sulle nano e biotecnologie, cyborg-coscienza, criogenica e Intelligenza Artificiale; passando per Black Rock, Google, Amazon. Solo per questo dovrebbe venirci qualche dubbio… a meno di non scambiare questi colossi dell’economia mondiale in filantropi dell’umanità1.

In primo luogo iniziamo a dire che l’Agenda Gender è prima di tutto è un attacco contro le donne. Nella negazione del sesso a favore del “genere” vi è la negazione soprattutto della donna e della sua capacità riproduttiva che deve essere sempre più funzionalizzata alle necessità di valorizzazione del capitale, con modalità diverse nel nord e nel sud del mondo e distruggere ciò che non può totalmente controllare. Nel mentre, nei paesi dominati – contro le donne - deve essere rafforzata l’opera di distruzione di quelle economie di sussistenza che praticavano e che le “valorizzava” all’interno delle loro comunità, trasformandole in lavoratrici a basso costo o in uno gigantesco esercito industriale di riserva latente da utilizzare anche contro i lavoratori maschi.

In secondo luogo mira a balcanizzare e atomizzare l’umano e le sue potenziali capacità di rifiuto e di ribellione collettiva e dissolverle e neutralizzarle in una serie infinita di “cooptazioni” individuali con lo Stato e le sue istituzioni.

Nessuno nega che esista un crescente disagio sociale, soprattutto giovanile, un crescente rifiuto di sottostare a stereotipi di genere e una crescente difficoltà relazionale, ma a questi disagi il sistema da semplicemente delle risposte legislative e formali che non affrontano affatto i motivi di fondo che sottostanno a queste condizioni di vita. Le insofferenze sociali vengono balcanizzate e parcellizzate, ridotte a scambi individuali con lo Stato che da responsabile si trasforma in “Garante”. Viene proposto una sorta di “patto sociale” con lo Stato alla condizione che non si mettano in discussione i pilastri repressivi e oppressivi sui quali esso si poggia. Nessuna ribellione contro gli Stati e i Governi, nessun legame collettivo e tanto meno comunitario, ma una serie di micro-identità parcellizzate, di solitarie monadi, che nella misura in cui non mettono in discussione il sistema sono tollerate e finanche corteggiate da un mercato che non solo le tollera; le mercifica e le sponsorizza.

In terzo luogo si tratta di creare, attraverso le concessioni di presunti diritti individuali, nuove “soggettività” funzionali alla disciplina del lavoro e allo sfruttamento capitalista. E già ne vediamo i prodromi. Già adesso rivendicare che esista una “questione femminile” viene visto, da tanti attivisti transgender, come un segno di “transfobia”.

Tuttavia l’Agenda Gender sfrutta un malessere oggettivo di giovani e donne, un malessere destinato ad aggravarsi anche nelle metropoli imperialiste, mentre nel sud del mondo il termine “malessere” dovrebbe essere sostituito da quello di “sopravvivenza” sia fisica che psicologica2. Basti pensare alle condizioni di vita dei bambini nel Bangladesh o nella Striscia di Gaza, senza menzionare lo sfruttamento del lavoro minorile, da parte delle multinazionali occidentali, in Asia, in Africa, e nella stessa civile Europa3. Possiamo senz’altro affermare che nelle periferie del mondo gli adolescenti e i bambini hanno, sicuramente, altre emergenze e altre priorità.

Né si tratta di affermare che “semplicemente” i transgender non colgono cosa veramente occorre per mettere in discussione il sistema, alla radice delle loro stesse oppressioni, né di negare per “principio” ciò che uno/una si sente di essere o di non essere ma di denunciare cosa, in questa società, si intenda per “essere“ e i ruoli sociali a esso connessi. Scriveva Marx a proposito dell’ ”essere” operaio nella società capitalista:

con la messa in valore del mondo delle cose cresce in rapporto diretto la svalutazione del mondo degli uomini. […] L’operaio diventa schiavo del suo oggetto […] e quanto più crea dei valori e tanto più egli è senza valore e senza dignità, e quanto più il suo prodotto ha forma e tanto più l’operaio è deforme, e quanto più è raffinato il suo oggetto e tanto più è imbarbarito l’operaio.”

E se l’alienazione e l’estrazione tra l’uomo e il suo simile e tra l’uomo e la natura è un tratto distintivo del capitalismo non si capisce cosa avrebbe di più libertario e liberatorio la fluidità di genere, quasi sempre manipolata e indotta.

Né l’alienazione che noi tutti subiamo, uomini e donne, gay e trans è soggettivamente eliminabile attraverso un puro lavoro su di sé; come l’alienazione dell’operaio come mera soggettività produttiva di valore di scambio non è superabile individualmente ma solo distruggendo – collettivamente – questo sistema. 

 

La destrutturazione della famiglia tradizionale

In questo quadro si inserisce la progressiva destrutturazione della famiglia tradizionale che non la si vuole cancellare “tout court” ma rimodulare in funzione delle nuove necessità del capitalismo. Non è un processo calato dall’alto (come sostiene la Guerini), ma un fenomeno legato ai processi di valorizzazione del capitale. Una parte della borghesia si oppone a questo processo, non solo in Italia, riproponendo la famiglia tradizionale e i suoi rapporti di oppressione e alienazione. Una visione che si oppone al “turbo capitalismo” e che vorrebbe tornare a un capitalismo più “umano” e meno pervasivo. Molte delle denunce di coloro che si oppongono alla disgregazione della famiglia tradizionale (Viganò e una parte della destra più conservatrice) sono estremamente vere e puntuali ma ripropongono l’oppressione della donna, il loro ruolo nella famiglia e tutte le gerarchie patriarcali a essa connesse. Quindi nessuna suggestione: costoro non sono “compagni di strada” nella denuncia al capitalismo, ma sono nostri avversari, quanto coloro che si adoperano a disgregare, ulteriormente, ogni relazione sociale, a partire da quella tra genitori e figli.

Altra cosa è rendersi conto che, tanto nel nord che nel sud del mondo, coloro che si oppongono o quanto meno diffidano dell’”Agenda Arcobaleno” percepiscono che questa è un ulteriore attacco alle loro condizioni di vita e di lavoro. Alla famiglia tradizionale si sostituisce una famiglia apparentemente più aperta e sostanzialmente più povera, disgregata e più controllata dallo Stato.

Ma la domanda è: stiamo arrivando a una fase dei rapporti di produzione capitalistici nella quale il capitalismo può fare a meno della famiglia, sostituendola con un contratto individuale tra gli individui e lo Stato? Al momento è una ipotesi abbastanza lontana e comunque estremamente complessa da realizzare. Non credo che attualmente sia messa in discussione la funzione della famiglia, che insieme alla proprietà privata e allo Stato sono alla base della società divisa in classi e sessi, ma si tratta di capire come la si voglia funzionalizzare maggiormente allo Stato. Né questo obiettivo sfugge alle leggi “accidentali” del capitalismo, producendo discrasie e contraddizioni anche all’interno delle élite mondiali e della piccola e media borghesia. Questo spiega le politiche “Stop and Go” di molti governi occidentali, compreso quello italiano.

La famiglia “estesa”, in Occidente, è scomparsa con la Rivoluzione industriale e nel Sud del mondo con gli espropri delle terre, e oggi con i nuovi saccheggi della ri- colonizzazione imperialista. La famiglia nucleare, composta da entrambi i genitori ed i figli

viene sempre più spesso affiancata dalle famiglie monogenitoriali4 (soprattutto donne, che rappresentano l’80%) a cui si affiancano le famiglie di fatto e le famiglie affidatarie. Ma c’è anche da ricordare che una parte, sia pure minoritaria, delle famiglie monogenitoriali sono l’effetto anche dell’ingresso più massiccio delle donne nel mondo del lavoro e della loro tendenza (quando economicamente possibile) ad allontanarsi dalle ferree maglie della famiglia nucleare tradizionale.

Per gli Stati si tratta non solo di prendere atto di questo cambiamento ma di funzionalizzarlo alle sue logiche di sfruttamento e di profitto. 

 

Gli obiettivi del Leviatano

In che modo la famiglia va più funzionalizzata al Sistema? Prima di tutto la potestà genitoriale deve essere maggiormente controllata dallo Stato, non solo come l’obbligo al mantenimento o all’educazione dei figli ma il loro inserimento forzato nei programmi istituzionali della scuola, delle Università e dell’Agenda Gender. Nelle scuole, ad esempio, la figura dello psicologo, spesso, si trasforma in quella del “questurino” della mente e delle pulsioni emozionali che vanno istituzionalmente “disciplinate” o indirizzate verso una normalizzazione individuale o una transizione eterodiretta. Trasformando gli stessi bambini e adolescenti in mezzi di accumulazione e profitto. Senza contare i nuovi provvedimenti del Dcpm di Valditara sul voto in condotta, le sospensioni e le coatte attività di cittadinanza, tutti provvedimenti finalizzati a reprimere e disciplinare gli studenti.

 

Il peggiore dei mondi possibili e la famiglia-Stato

Sarebbe, dunque, da stupidi negare che esista un crescente malessere tra gli adolescenti e finanche tra i bambini e spesso, un rifiuto degli stereotipi di genere.

Tra le cause del crescente disagio dei giovani e delle donne vi è un crescente impoverimento sociale. Dai dati Euroispes si evincono crescenti difficoltà economiche delle famiglie5, che peggiorano le condizioni di vita e di lavoro delle donne e dei giovani; a ciò si aggiunge l’aumento esponenziale della povertà tra questi ultimi.

Va registrata, inoltre, la sempre maggiore disaffezione dei giovani alla scuola6, quasi sempre dovuta a ragioni economiche. A questo fenomeno lo Stato risponde con una sempre maggiore “militarizzazione” delle istituzioni scolastiche, sempre più simili a caserme. Indicativo il decreto “Caivano” che (oltre ai Daspi Urbani e agli inasprimenti delle pene per contrastare la delinquenza giovanile) prevede sanzioni per i genitori che non adempiono all’obbligo scolastico e si introduce una nuova fattispecie di reato per i casi di elusione scolastica. Nell’ipotesi di dispersione assoluta (il minore mai iscritto a scuola nonostante l’ammonimento), si introduce la pena fino a due anni di reclusione; nel caso di abbandono scolastico (il minore che, pur iscritto, faccia un numero di assenze tale da eludere l’obbligo scolastico), la pena prevista è fino a un anno di reclusione. Si pone in essere in tal modo un forte richiamo ai “doveri” genitoriali (art. 12) che si devono fare garanti e questurini delle leggi repressive dello Stato.

Sempre per rimanere nella scuola, che dovrebbe essere un primo fondamentale luogo di socializzazione e crescita (ma che in realtà è una palestra di disciplinamento sociale), vale la pena riportare alcuni dati tratti dal giornale Repubblica del 29 aprile 2024, (a proposito di una scuola sempre più competitiva, meritocratica e nozionistica): il 67% dei giovani teme i giudizi scolastici, il 34% vorrebbe abbandonare la scuola, crescono le crisi di panico e l’uso degli psicofarmaci; 2 milioni di adolescenti, tra i 10 e i 20 anni, manifestano disagi mentali e il 75% denuncia crisi di panico. E tralasciamo, qui, la percentuale di giovani che fanno uso di droghe (1 su 3) e l’età del loro utilizzo.

Insieme ai dati sulla povertà giovanile, si comprende, quindi, come per i minori e gli adolescenti questo non è certo il “migliore dei mondi possibili” e cresce anche la disgregazione dei loro rapporti relazionali, sia familiari che amicali.

A tutto ciò gli Stati occidentali rispondono ridefinendo i ruoli della famiglia patriarcale: la patria potestà dell’uomo viene gradualmente sussunta direttamente dallo Stato (attraverso le nuove leggi; i servizi sociali; gli psicologi, la militarizzazione della scuola); il ruolo della donna viene “svuotato” nel controllo della riproduzione e nel suo rapporto con i figli, aumenta la sua doppia oppressione e (con i tagli alla sanità e ai servizi sociali) e peggiora il suo ruolo di cura di figli e anziani. I figli si trasformano in soggettività isolate e atomizzate: in tanti Kikikomori che vivono in un mondo virtuale o adolescenti a cui insegnare la competizione e la lotta per il successo. E, per i meno fortunati, da gettare sul mercato del lavoro, sottopagati, spesso al nero e senza diritti. Oppure figli adulti costretti, per questioni economiche, a vivere in famiglia fino a tarda età. O ancora: famiglie divise e sventrate a causa delle guerre e delle migrazioni. E sempre più uomini, anche loro espropriati delle loro tradizionali funzioni di “pater familias”, scaricano le loro aumentate frustrazioni sulle loro compagne e mogli.

Ecco: la “nuova famiglia-Stato” - oltre comunque a riconfermare la “piramide confuciana” della sua struttura patriarcale (con buona pace delle “pari opportunità” e delle leggi sulla parità di genere) - deve farsi più disciplinata al Sistema e alla Patria (vedi ad esempio i progetti sulla reintroduzione della leva obbligatoria in Europa7).

Il “patto sociale” con lo Stato si fa più pervasivo, entra nelle case e nel rapporto genitori-figli (altra espropriazione del “tradizionale” ruolo delle donne). Rimane, come dice la Holborow, la suo funzione di filtro delle leggi dello Stato sulla tassazione, sulla proprietà, sui pagamenti del welfare, per non parlare della sua funzione a sostenere i costi dei tagli dei servizi pubblici da parte dei Governi. La riproduzione sociale si fa sempre più a basso costo, la femminilizzazione del lavoro comporta lavori sempre più precari, sotto pagati e spesso senza reti di protezione sociale. Va ricordato che il 70% per cento dei più poveri nel mondo sono donne e che le donne guadagnano il 20-30% in meno degli uomini.

Ma non serve ripeterci, come un mantra, che il “patriarcato” è insito al modo di produzione capitalistico se non riusciamo a cogliere come questo non è (ne è mai stato) sempre uguale a se stesso ma si è modificato e adattato nel tempo. Altrimenti si rischia, idealisticamente, quello che Marx chiamava la “reificazione” del capitalismo: considerarlo immutabile e invariabile e non il frutto di processi che storicamente si modificano e cambiano, insieme ai suoi rapporti sociali. Al contrario occorre riappropriarci della capacità di decodificare la società capitalistica e i suoi rapporti sociali che sono in continuo movimento. 

 

Un’arma ricattatoria dell’imperialismo

Nel sud del mondo la risposta a questa disgregazione-riorganizzazione della famiglia tradizionale nella “famiglia-Stato” prende i contorni di una resilienza ostinata e di rifiuto delle sue leggi gender, consapevoli che sono il “cavallo di troia” a una loro ulteriore subordinazione all’ordine imperialistico. Fa sicuramente eccezione la Thailandia, trasformata in un bordello, già ai tempi della guerra del Vietnam dagli americani, e oggi meta di puttanieri e pedofili da tutto il mondo che conta 6 milioni di Lgbtq, il 10% della popolazione totale e circa 1 milione di prostitute/prostituti minorenni.

La EU Gender Plan si è focalizzata soprattutto contro l’Iran; il Kyrgystan, il Pakistan, il Sud Sudan, il Sahel, il Gambia e il Ghana. Mentre la Banca Mondiale ha annunciato di sospendere i nuovi finanziamenti al governo dell’Uganda perché le sue leggi anti-lbtq+ contraddicono i suoi valori.

In questo quadro si inseriscono le sanzioni all’Ungheria, il monitoraggio ricattatorio dei Balcani e della Turchia e le campagne contro l’Iran; compresa la guerra in Ucraina che avrebbe aumentato le discriminazioni contro la comunità LGBTQ, (?!).8 Per il 2022-2024 la UE ha stanziato 15 milioni per le campagne sui diritti civili e la parità di genere e un milione e mezzo a favore delle organizzazioni LGBTQ+ in Pakistan, Djibouti, Timor Est e Bangladesh. E fa venire qualche dubbio l’entusiastica adesione della Von der Leyen a queste battaglie libertarie: "Siate orgogliosi di chi siete! Sono orgogliosa di essere al fianco della comunità LGBTQ+. Oggi e ogni giorno. L'Ue continuerà a difendere i vostri diritti". Lo ha scritto su Twitter la presidente della Commissione Europea celebrando il giorno internazionale contro l'omofobia. (ANSA). Senza contare gli attestati di solidarietà della casa farmaceutica Pfizer (la grande untrice dei vaccini killer durante la pandemia9) o i piani della Nato per migliorare l’inclusione della comunità LGBTQ+ nell’ esercito10, o ancora la proclamazione, da parte di Biden e dell’Amministrazione americana, il 31 marzo 2024, della giornata della “Visibilità Transgender”, “proud” (orgogliosi) di aver aperto l’esercito alla comunità LGBTQ+…11

Alla luce di tutto questo, le posizioni “libertarie” e pseudo femministe di tanti antagonisti e sinistri che appoggiano o comunque non contrastano l’Agenda Gender finiscono di fatto per accodarsi alle campagne più schifose dell’imperialismo; accettando il suo mainstream e le sue vergognose storytelling.

Concludo con alcune azzardate considerazioni che, probabilmente, sono solo il frutto del mio inguaribile ottimismo.

Nel rifiuto degli stereotipi di genere, che oggi si vorrebbero incanalare e neutralizzare nell’Agenda Gender, si intravede “in potenza” il bisogno di una umanità non più intrappolata e contrapposta nelle gabbie binarie maschio/femmina, cisgender/transgender ma più in sintonia con se stessa, con la sua anima femminile che con quella maschile, non già più “fluida” ma più compiuta e completa, l’uomo onnilaterale di Marx capace non solo di ricomprendere la divisione tra lavoro manuale e intellettuale ma la dicotomia sociale maschio/femmina e le sue altre molteplici soggettività (i c.d “diversi”) che la società divisa in classi e in sessi ha stravolto, contrapposto ed estraniato dai suoi simili.

Così come la disgregazione della famiglia tradizionale, tanto nel nord che nel sud del mondo, fa intravedere, in filigrana, la necessità di un’altra comunità umana, liberata dagli stereotipi di genere e dalle gerarchie di sesso, una comunità liberata dai vincoli della famiglia monogamica e dai rapporti di proprietà privata, una collettività che riconosca la funzione riproduttiva delle donne come “arricchimento” della comunità e di cui quest’ultima si fa collettivamente carico, prima e dopo il parto; così come quella di tutti gli altri appartenenti a essa, senza distinzione di sesso e di “genere” in relazioni egualitarie e finalmente libere e liberate.

Certo, processi non naturalmente progressivi e ineluttabili ma bisogni che premono dal sottosuolo sociale di una società sempre più barbara con cui l’umanità tutta, per un naturale istinto di sopravvivenza (prima animale e poi sociale), sarà costretta a fare i conti fino in fondo.

Un abbraccio.


Note
1 Scrive la Guerini : Questi finanziatori, insieme alle aziende farmaceutiche e al governo degli Stati Uniti, stanno inviando milioni di dollari a cause LGBTQ+. La spesa globale complessiva per LGBTQ+ è stimata in 424 milioni di dollari. Dal 2003 al 2013, i finanziamenti sono aumentati di oltre otto volte. (…) .Il presidente Biden, già vicepresidente di Obama, segue il sentiero che era già stato ben tracciato. Nel 2021 approva un disegno di legge in cui “l’identità di genere” prevale sui diritti delle donne basati sul sesso. Nel 2022 Biden, la modifica in una norma sulla discriminazione in base al sesso, sdoganando l’accesso degli uomini, che si identificano come donne, negli sport femminili.
2 In tutto il mondo, quasi un bambino su tre - circa 663 milioni - vive in povertà. Di questi, circa 385 milioni vivono in condizioni di estrema povertà, lottando per sopravvivere con meno di $ 1,90 al giorno. (Dati Unicef)
 3Ll’UNICEF ricorda che 150 milioni di bambini tra i 5 e i 14 anni nei Paesi in via di sviluppo, circa il 16% di tutti i bambini e i ragazzi in quella fascia di età, sono coinvolti nel lavoro minorile. Nei Paesi meno sviluppati, circa un bambino o ragazzo su 4 (tra i 5 e i 14 anni) lavora, La più alta percentuale di minori lavoratori si trova nell'Africa Subsahariana (il 25% della popolazione di età compresa fra 5 e 14 anni). In Asia meridionale è deli12%, mentre questa percentuale è del 5% in Europa centrale e orientale.
4 Negli Stati Uniti le famiglie monogenitoriali rappresentano il 23%, in Inghilterra il 21%, in Italia e Francia il 16% e queste percentuali sono in costante crescita. Senza considerare che questi dati non includono il genitore che vive, con i figli, in casa di parenti o amici. 
5 Rapporto Euroispes Italia 2023 :La spesa che più spesso mette in difficoltà le famiglie è il pagamento del canone d’affitto (48,4%), seguita dalle bollette e utenze (37,9%; +3,5% rispetto al 2022) e dalla rata del mutuo (37,5%), mentre tre italiani su dieci hanno difficoltà a pagare le spese mediche (30,1%; +5,6%). Sul fronte del risparmio solo circa un italiano su quattro afferma di riuscire a risparmiare (24,6%) e il 38,9% delle famiglie è costretta a utilizzare i risparmi per arrivare a fine mese. Nelle difficoltà economiche la famiglia d’origine funziona ancora da ammortizzatore sociale (36,8%). Cresce il ricorso alla rateizzazione dei pagamenti per affrontare l’acquisto di nuovi beni (45,8%), il 16,3% ha scelto piattaforme on line che offrono servizi finanziari senza interessi (ad es. Klarna, Scalapay, ecc.). Il bisogno di risparmiare ha invece spinto il 29,5% degli italiani a pagare in nero alcuni servizi come ripetizioni, riparazioni, baby sitter, medici, pulizie, ecc., il 28,6% ha dovuto rinunciare alla baby sitter e il 28% al/alla badante. 
6 In Italia, nel 2022, la percentuale di giovani che abbandonano la scuola tra i 18 e i 24 anni d’età era del 11,5%. Il benchmark europeo per il 2030 è fissato al 9% dal nuovo Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione. L’abbandono precoce degli studi caratterizza più i ragazzi (13,6%) delle ragazze (9,1%). Nel 2022, la quota di giovani in possesso di un titolo terziario era del 27,4% tra i 30 e i 34 anni e del 29,2% tra i 25 e i 34 anni. In entrambe le classi di età, Il divario di genere è molto ampio e a favore delle femmine (rispettivamente il 33,8% verso il 21,0% dei maschi e il 35,5% verso 23,1% dei maschi). Il valore italiano è rimasto molto lontano dall’obiettivo medio europeo stabilito dalla Strategia Europa 2020 (almeno 40%, nella classe di età 30-34 anni). Il benchmark europeo è stato attualmente ridefinito per il 2030 dal nuovo Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione; si fa ora riferimento alla classe di età tra i 25 e i 34 anni e il valore target è fissato al 45%.Nel 2020, il tasso di partecipazione al sistema di istruzione e formazione dei giovani nella fascia di età tra i 20 e i 24 anni era al 37,4%. Nel 2022, la quota di giovani che non hanno lavorato e studiato (i cosiddetti Neet) sulla popolazione di età tra i 15 e i 29 anni è stata stimata al 19,0% ed è più elevata tra le femmine (20,5%) che tra i maschi (17,7%).
7 Venti di guerra: la naja, con sfaccettature diverse, è già in vigore a Cipro, in Grecia, Austria, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Svezia e Danimarca. In Italia il dibattito, nel Governo è aperto e in Germania si sta discutendo sulla riapertura del servizio di leva. Il ministro della difesa Boris Pistorius, ha sottolineato la carenza di personale, sia arruolato nell’esercito sia tra la riserva. I piani dell’esercito tedesco puntano ad arrivare alle 203 mila unità entro il 2030, a fronte delle attuali 180 mila. Per raggiungere questi obiettivi, secondo i vertici dell’esercito federale, la reintroduzione del servizio militare obbligatorio rappresenterebbe una soluzione. 
8 La UE ha reindirizzato i finanziamenti per rafforzare la società civile in Ucraina e per finanziare progetti sui diritti umani. Dall'inizio dell'invasione russa, le organizzazioni della società civile ucraina (compresi gli attivisti e le organizzazioni LGBTIQ hanno un modo più diretto e veloce di accedere ai fondi dell'UE nell'ambito del programma tematico sui diritti umani e la democrazia. (Commissione Europea - RELAZIONE SULLO STATO DI AVANZAMENTO della Strategia per l'uguaglianza LGBTIQ 2020-2025).
9 https://www.pfizer.com/news/announce9ments/stronger-together 
10 https://www.eucom.mil/article/39892/nato-committee-on-gender-perspectives-plenary 
11 https://www.whitehouse.gov/briefing-room/presidential-actions/2024/03/29/a-proclamation-on-transgender- day-of-visibility-2024/

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