martedì 27 agosto 2024

Dieci mesi di distruzione israeliana hanno fatto tornare la poliomielite a Gaza

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Dopo dieci mesi di incessanti bombardamenti, nella Striscia di Gaza è stato rilevato un caso di poliomielite in un bambino di dieci mesi, recentemente confermato dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità. La poliomielite è una grave malattia infettiva che può arrivare a causare paralisi totali, e a Gaza era ormai assente da 25 anni. Per rispondere all’emergenza, i rappresentanti di diverse organizzazioni umanitarie hanno chiesto che venisse imposto nei più rapidi tempi possibili un cessate il fuoco, o che venisse quanto meno istituita una tregua umanitaria per vaccinare tutti i bambini presenti sul posto e salvarli dal pericolo di contagio. Giusto ieri, domenica 25 agosto, inoltre, è stato consegnato il primo carico di medicine per portare avanti la campagna di somministrazione dei vaccini. Le autorità israeliane si sono rifiutate di rispondere all’appello relativo alla tregua e, anzi, hanno continuato per giorni la propria operazione di distruzione e rilasciato sempre più ordini di evacuazione, che sono arrivati anche a toccare i pochi ospedali presenti nella Striscia. Intanto, risultano sempre più assordanti il silenzio e le flebili voci degli alleati occidentali, che salvo qualche timido comunicato paiono non avere intenzione di alzare un dito per risolvere veramente la situazione.

Il primo caso di polio a Gaza è stato riscontrato venerdì 16 agosto in un bambino di dieci mesi ricoverato presso l’ospedale dei martiri di Al Aqsa, situato a Deir al Balah, nel centro della Striscia. Una settimana dopo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato il ritorno della malattia a Gaza, e ha avviato assieme a UNICEF e UNRWA il piano di consegna dei vaccini. Ieri, domenica 25 agosto, è arrivato un carico di 1,2 milioni dosi per oltre 64o.000 bambini, che verranno somministrate congiuntamente dalle stesse organizzazioni; il COGAT, l’ufficio israeliano che tra le altre cose ha il compito di supervisionare il coordinamento logistico tra Israele e territori palestinesi, conferma la consegna degli aiuti, ma sostiene che la campagna per i vaccini verrà portata avanti dalle IDF. Le agenzie umanitarie coinvolte non hanno fatto accenno a quest’ultima affermazione.

Dopo la rilevazione del primo caso di polio dopo 25 anni, le stesse OMS, UNRWA e UNICEF hanno lanciato un appello per imporre – quanto meno – una tregua umanitaria, sottoscritto poco dopo anche dal segretario generale dell’ONU Antonio Guterres. Il piano sarebbe quello di cessare gli scontri per una settimana e di portare avanti due distinte campagne di somministrazione del vaccino rivolte a tutti i bambini sotto i dieci anni. Israele non ha risposto alla chiamata, e anzi ha continuato a bombardare incessantemente la Striscia. Ieri, inoltre, ha impartito un nuovo ordine di evacuazione che ha interessato proprio l’ospedale dei martiri di Al Aqsa, che risultava l’ultima struttura medica attiva nel centro della Striscia.

La poliomielite, anche nota come paralisi infantile, viene definita dall’Istituto Superiore di Sanità come una «grave malattia infettiva a carico del sistema nervoso centrale che colpisce soprattutto i neuroni motori del midollo spinale». Essa è causata da tre tipi di virus che invadono il sistema nervoso nel giro di poche ore, distruggendo le cellule colpite e causando una paralisi che può arrivare a diventare anche totale. A venire colpite sono principalmente gambe e braccia e «in casi di infezione estesa a tutti gli arti, il malato può diventare tetraplegico». Nella sua forma più grave «il virus paralizza i muscoli innervati dai nervi craniali, riducendo la capacità respiratoria, di ingestione e di parola». Come spiega l’ISS «il contagio avviene per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di acqua o cibi contaminati o tramite la saliva e le goccioline emesse con i colpi di tosse e gli starnuti da soggetti ammalati o portatori sani». A causare il contagio, insomma, sono le condizioni precarie in cui versano i bambini che vivono nei campi disseminati per la Striscia.

In generale nei campi, a causa dei bombardamenti, mancano l’accesso ad acqua pulita e i servizi di smaltimento di rifiuti, e i palestinesi sono costretti a usare acqua sporca e poco sicura per bere e lavare stoviglie. Ad aggravare la situazione arriva il costante tentativo di ostacolare l’entrata di aiuti umanitari condotto da Israele: sin dall’escalation del 7 ottobre, Tel Aviv sta infatti usando la fame come strumento di guerra, e la stessa ONU è stata costretta a denunciare come i bambini della Striscia stiano ormai morendo di fame. L’offensiva israeliana ha portato inoltre a frequenti blocchi nella consegna di aiuti umanitari.

[di Dario Lucisano]

 

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