Novanta vetture del modello Panda in più al giorno, cinquanta in meno dell’Alfa Romeo Tonale. Eppure, scattano gli ammortizzatori sociali.
ilfattoquotidiano.it Andrea Tundo
Stellantis dà il bentornati in fabbrica agli operai di Pomigliano d’Arco annunciando cinque giorni di cassa integrazione a settembre. Una nuova riduzione del lavoro e degli stipendi che allunga la sequela di ceffoni che il gruppo franco-italiano sta assestando ai dipendenti italiani. La direzione aziendale dello stabilimento campano ha comunicato ai sindacati che aumenterà la produzione di Panda, da 305 a 395 auto al giorno, ma diminuirà la Tonale, che scende da 200 a 150.
“Secondo Stellantis, la differenziazione della produzione dei due modelli consente di ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria per i cinque venerdì del prossimo mese di settembre – spiegano il segretario generale della Fiom Napoli, Mauro Cristiani, e il responsabile automotive Mario Di Costanzo – Tale scelta fa comprendere chiaramente il modus operandi della direzione aziendale che, a fronte di un aumento di produzione sul modello Panda, fa ulteriore efficienza utilizzando gli ammortizzatori sociali”. La gestione – tuonano i metalmeccanici della Cgil – “per cui si socializzano le perdite e si privatizzano i profitti non è più accettabile” e “l’unico dato certo ed inconfutabile è il ricorso sistematico agli ammortizzatori sociali”. Non solo a Pomigliano.
Uno schema simile è stato adottato anche ad Atessa, lo stabilimento nel Chietino che produce veicoli commerciali, dove la cassa – attivata già a giugno per 15 giorni, coinvolgendo 400 dei 600 operai – è stata prolungata anche a settembre in modo “precauzionale e preventivo” vista “l’attuale situazione di mercato”, con un calo degli ordini dei cabinati: dal 16 al 22 potrà coinvolgere tutti i dipendenti. Non solo: il calo produttivo ha già indotto Stellantis a sospendere il turno notturno fino a nuove comunicazioni, con un impatto sugli stipendi.
E ripercussioni sull’indotto che stanno sperimentando i 462 dipendenti della Magneti Marelli di Sulmona – 40 impiegati e il resto operai – che fino a fine settembre lavoreranno solo di mattina e pomeriggio: i volumi della fabbrica sono infatti collegati per l’80 per cento all’andamento della produzione di Stellantis a Atessa. Per lo stesso motivo è scattata la cassa integrazione fino al 5 ottobre alla Sodecia automotive di Raiano, in provincia dell’Aquila.
I timori per un ulteriore deterioramento della situazione riguardano anche Mirafiori, dove i cancelli si sono riaperti lunedì e la produzione dovrebbe riprendere il 2 settembre. Dopo la chiusura anticipata e il contratto di solidarietà per 3mila dipendenti fino a dicembre già deciso prima della pausa estiva, il timore dei sindacati è che gli ordini di 500 elettriche, unico modello oltre alle Maserati assegnato all’impianto torinese, siano così bassi da spingere l’azienda a richiedere ulteriore cassa integrazione.
Nei primi sei mesi dell’anno, Mirafiori ha fatto registrare un calo produttivo del 63,4% rispetto al 2023 con appena 19.510 autovetture sfornate e 45 giornate di chiusura (19 nel primo trimestre e 26 nel secondo, su entrambe le linee produttive). Secondo le previsioni dei sindacati, Stellantis arriverà a produrre a malapena 500mila vetture in Italia nel corso dell’anno se ricalcherà nel secondo semestre il calo del 25% fatto registrare tra gennaio e giugno.
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