Da mercoledì notte, l’esercito israeliano ha lanciato quella che è stata definita come la più grande operazione militare dall’invasione israeliana delle principali città palestinesi in Cisgiordania nel 2002.
L’assalto israeliano ha preso di mira le città palestinesi settentrionali, ma soprattutto i campi profughi e si è finora concentrata in gran parte sui campi che circondano Jenin e Tulkarm.
A partire da giovedì sera, 17 palestinesi risultano essere uccisi e decine di feriti dai militari israeliani.
Israele continua ad ammassare soldati e a razziare più aree palestinesi della Cisgiordani, assediando come a Gaza i principali ospedali della zona, impedendo ai morti e ai feriti di essere trasportati nei centri medici.
La guerra genocida a Gaza ha incoraggiato le voci all’interno della coalizione di estrema destra del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che chiedono il ritorno all’occupazione militare di Gaza e l’accelerazione della costruzione di insediamenti illegali in tutte le parti della Cisgiordania, compresa la regione settentrionale. In pratica una annessione dei Territori Palestinesi che ipoteca definitivamente ogni possibilità di nascita di uno Stato palestinese indipendente su quei territori.
Si ritiene che l’operazione militare israeliana nel nord della Cisgiordania faccia parte degli sforzi del governo israeliano per consolidare la sua occupazione e per la pulizia etnica della maggior parte della popolazione palestinese in quell’area, come preludio necessario all’espansione degli insediamenti coloniali esistenti o alla costruzione di nuovi.
In questi mesi è emerso come Israele non possa sconfiggere militarmente il movimento libanese Hezbollah e nè affrontare l’Iran senza il sostegno militare americano. Gli Usa, in periodo pre-elettorale, non vorrebbero trovarsi tra i piedi un conflitto regionale in Medio Oriente e agiscono per impedirlo sia tramite la deterrenza militare nell’area (vedi le portaerei inviate) sia prendendo tempo agitando la foglia di fico dei negoziati che lasciano comunque mano libera a Israele per attaccare a Gaza e Cisgiordania ma anche in Libano e Siria.
Ed è proprio perchè le prospettive di una guerra regionale – per la quale Netanyahu ha agito – rimangono deboli, Israele ha deciso di intensificare gli attacchi quello che percepisce come il ventre molle della resistenza palestinese, la Cisgiordania.
La resistenza in Cisgiordania, anche se determinata, è in gran parte isolata a causa delle pressioni combinate imposte dall’esercito israeliano, dai coloni ebrei violenti e dall’Autorità Nazionale Palestinese che rimane attaccata ad una funzione e ad una illusione diplomatica che non esistono più.
L’ipotesi dei due popoli per due stati è ormai uno specchietto per le allodole senza più alcuna possibilità politica né materiale di essere realizzata in questo scenario.
Il gabinetto di sicurezza israeliano ha intanto votato a larga maggioranza ieri sera per sostenere la posizione del primo ministro Benjamin Netanyahu a favore del mantenimento dell’esercito nel Corridoio Philadelfia a Gaza (senza dimenticare l’altro corridoio di Netzarim), nel quadro di un eventuale accordo sul cessate il fuoco e di rilascio degli ostaggi ancora in fase di negoziazione. Lo riferisce il quotidiano israeliano “Times of Israel”, citando un alto funzionario dell’ufficio del premier, secondo cui ai ministri è stato chiesto di approvare una serie di mappe che l’esercito ha elaborato, che mostrano come Israele intende mantenere la sua presenza di truppe nello stretto tratto di 9 miglia (circa 15 chilometri) lungo il confine tra Egitto e Gaza. Queste mappe sono già state adottate dagli Stati Uniti, afferma il funzionario
E a conferma che gli USA non sono un soggetto credibile per arbitrare un negoziato degno di questo nome sul futuro della Palestina, la candidata alla presidenza degli Stati Uniti, Kamala Harris, ha ribadito il suo sostegno “incrollabile” alla difesa di Israele e al suo diritto a “proteggersi: e questo non cambierà”. Durante una intervista con l’emittente “Cnn”, la candidata democratica ha come al solito recitato il refrain ipocrita della necessità di una soluzione a due Stati nel conflitto in corso nella Striscia di Gaza, mentre gli USA continuano a fornire armamenti e copertura militare a Israele e ad assecondare un negoziato del tutto effimero.
Chi oggi parla di due stati per due popoli senza agire concretamente contro i piani di annessione israeliani dei territori palestinesi sta mentendo, sapendo bene di mentire.
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