Si chiamava Rajwinder Sidhu Singh e aveva 38 anni. È morto mentre lavorava nei campi del Tarantino lo scorso 26 maggio.
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E ora, visti i dubbi dei sanitari e i primi riscontri degli accertamenti dopo il decesso, si sospetta che non sia andato tutto come lo ha raccontato il suo datore di lavoro, Giovanni Giannico, che è indagato per omicidio colposo e caporalato. Singh era stato portato all’ospedale San Pio di Castellaneta dopo aver accusato un malore nelle campagne di Laterza, ma quando è arrivato al pronto soccorso per lui non c’era più nulla da fare.
Come anticipato da La Gazzetta del Mezzogiorno, Giannico ha raccontato che l’uomo “è svenuto, ha perso conoscenza” e così lo avrebbe ritrovato nelle campagne, ma la sua ricostruzione non ha convinto il personale sanitario che ha quindi allertato i carabinieri. Ci sono, scrive il quotidiano, discrepanze su orari del ritrovamento e le condizioni in cui il corpo di Singh si presentava. Così la procuratrice Eugenia Pontassuglia e la pm Filomena Di Tursi hanno disposto l’autopsia, eseguita molti giorni dopo perché è stato necessario attendere la notifica dell’avviso degli accertamenti tecnici irripetibili ai familiari.
Secondo quanto riporta La Gazzetta del Mezzogiorno, i risultati dell’esame non sono ancora stati depositati ma sarebbero confermati i dubbi dei sanitari e dei carabinieri. Il sospetto principale, come nella vicenda di Latina, è che i soccorsi prestati al 38enne non siano stati tempestivi. Il bracciante morto a Taranto condivideva lo stesso cognome dell’indiano deceduto nelle campagne laziali il 19 giugno scorso. Satnam Singh subì l’amputazione del braccio destro in un incidente nei campi, che provocò una copiosa emorragia, e fu lasciato davanti alla sua abitazione. Il primo luglio il suo datore di lavoro è stato poi arrestato per l’ipotesi di omicidio doloso.
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