mercoledì 17 luglio 2024

L’Aquila, condannare gli studenti nega tutte le leggi della geologia.

Immaginate di vivere in una città a rischio sismico elevato (per esempio a L’Aquila) e di aver scelto quel posto per studiare e vivere.  

L’Aquila, condannare gli studenti nega tutte le leggi della geologia 

(MARIO TOZZI – lastampa.it)

Immaginate di avere un minimo di educazione scientifica e aver sentito, o almeno ascoltato, per una volta, sui libri, dalla televisione o dal professore del liceo che, in caso di terremoto, la cosa migliore da fare in termini di salvaguardia personale è addossarsi ai muri portanti, sotto le architravi o financo sotto il tavolo fratino o sotto il letto. Immaginate di sapere perfettamente che l’ultima cosa da fare, almeno nei terremoti italiani, sia quella di uscire, evitando di precipitarsi per le scale, perché la maggior parte delle ferite si procurano per via delle tegole o dei camini che crollano. Bene, ora immaginate di avere assoluta fiducia in quello che è il minimo sindacale, e cioè che la casa in cui vivete, magari in tanti, perché siete giovani e non avete molti denari, sia perfettamente in grado di reggere ai terremoti, specialmente quelli inferiori a 6,5 di magnitudo Richter, molto comuni in Italia. Che almeno, i solai siano solidali ai muri e che le tecniche costruttive antisismiche siano state rispettate, visto che si tratta di un comune funestato dai sismi fino dai primi insediamenti. Arriva il terremoto (di magnitudo 6,3) e voi non solo siete morti, ma la colpa sarebbe pure vostra, perché vi siete comportati incautamente.

Le sentenze della magistratura non andrebbero discusse, ma semplicemente applicate, però qui non si mette in discussione l’aspetto giuridico del processo d’appello, concluso con il mancato risarcimento alle famiglie dei ragazzi morti nel crollo della palazzina di Via D’annunzio 14. Qui si mette in discussione l’obbrobrio geologico e ci si domanda quale CTU abbia potuto assolvere la struttura e condannare i suoi occupanti. I terremoti non possono essere previsti, di conseguenza non può essere messo in atto alcun comportamento “cauto” in base a una previsione che non può esistere: l’unica possibilità che abbiamo di sopravvivere al sisma è vivere in case costruite bene, perché non è il terremoto che ti uccide, ma il tetto che ti crolla in testa. Dunque tutto si deve fare in previsione, esattamente ciò che non si è fatto a L’Aquila, città nella quale non solo sono stati usati materiali edili scadenti, ma non si sono rispettate procedure e progetti antisismici, non si è ristrutturato per bene né in tempo e ci si è colpevolmente dimenticati di vivere in Appennino.

Prima dell’aprile 2009 alcune sequenze simiche avevano allarmato gli esperti e si può discutere sul fatto che la Protezione Civile Nazionale si fosse pronunciata, ma lo aveva fatto rassicurando gli abitanti, tanto che è andata a processo. Forse sarebbe stato meglio non pronunciarsi, ma di fronte a quanto registrato dagli strumenti, in nessuna parte del mondo si sarebbe proceduto a una evacuazione e nessun sismologo in buona fede avrebbe potuto suggerire alcunché avendo quei dati a disposizione. È sconcertante che nella sentenza d’appello si legga una frase come: “il compendio probatorio acquisito (convocazione della riunione, verbali della stessa, deposizioni testimoniali) (…) ha smentito o, comunque, non ha dato conferma della tesi che gli esperti partecipanti alla riunione del 31 marzo (…) avessero, a priori, l’obiettivo di tranquillizzare la popolazione e, quindi, di contraddire o minimizzare quanto desumibile dai dati oggetto della loro valutazione scientifica”. Quindi, visto che gli esperti erano tutti in quel comitato, e non avevano l’intenzione di tranquillizzare la popolazione, ma nemmeno avevano invitato all’evacuazione (entrambe le azioni non fondate su alcuna previsione), i colpevoli sarebbero gli studenti, che hanno riposto fiducia nei comportamenti abitualmente suggeriti e nella struttura che li ospitava, non i costruttori o gli amministratori. Ce ne è abbastanza per riscrivere i libri sul rischio naturale.

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