martedì 16 luglio 2024

L’America a fumetti: cosa cambia dopo l’attentato

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Non tutto il male viene per nuocere: dopo l’attentato a Trump sono diventati più chiari alcuni segnali sul prossimo futuro. Non solo quello ovvio di un maggior vantaggio elettorale per il candidato repubblicano, ma soprattutto il fatto che quest’ultimo abbia rotto l’incertezza sul nome del candidato vicepresidente e invece del piccolo zoo di cui si parlava ha deciso di scegliere come proprio vicepresidente JD Vance, una delle pochissime voci che nel Senato hanno messo in dubbio l’opportunità di continuare con l’appoggio massiccio all’Ucraina e lo spreco di soldi nel buco nero di Kiev. Si tratta di un rischio perché parecchi decerebrati nel partito e soprattutto i bushisti sono per la guerra a tutti i costi, ma evidentemente Trump ritiene di aver acquisito abbastanza vantaggio da potersi permettere un buon vicepresidente e non una ballerina di fila della politica. Il messaggio implicito in questa scelta deve essere stato subito compreso perché contemporaneamente il pagliaccio di Kiev ha fatto sapere – bontà sua – che ora vuole la partecipazione di Mosca ai prossimi “colloqui di pace”. Si tratta dell’ovvio, ma è un passo avanti quando l’ovvio viene grottescamente negato da una Nato che palesemente è passata dalla cocaina al crack.

Più complessa la situazione nell’altro campo perché come ha detto qualcuno, il killer proveniente dalla “scuola modello” di Blackrock ha mirato a Trump ma ha colpito Biden. Ora l’ex presidente non è solo il favorito per la vittoria, è anche un martire e, come se non bastasse, un combattente, che agita il pugno in aria con gesto di sfida, mentre i servizi segreti lottano, troppo tardivamente per non apparire sospetti o quanto meno incompetenti, di buttarlo a terra. L’ulteriore colpo a Biden avvicina il momento delle decisioni perché continuare adesso con il vecchio Joe, di cui tutti hanno potuto constatare l’evanescenza mentale, è un suicidio anche dotandosi di tutti i sistemi per alterare il risultato elettorale. Il fatto è che ora ci sono pochi candidati che vogliano bruciarsi ingaggiando all’ultimo momento una battaglia che finirà quasi certamente con una sconfitta. L’unica forse che potrebbe accettare è Kamala Harris ( sempre che Hillary Clinton non voglia sgambettarla) la quale comunque a questo punto non ha più nulla da perdere. Dalla sua ha il vantaggio di essere un volto noto, di essere donna, di essere un po’ indiana, un po’ nera e un po’ bianca, cosa che fa molto chic, ma anche di essere così a corto di idee e così confusa da costituire una garanzia per quelli che già oggi burattinano Biden immerso nella nebbia. Non si sa mai che lo sghetto non riesca. Come dice Kamala con la sua nota saggezza: “Il domani di oggi diventerà ieri dopodomani”. Il mondo aspettava questa rivelazione.

Comunque vada la campagna elettorale, tentativo di killeraggio compreso, mostra a pieno le condizioni dell’ America: un presidente uscente che ha guidato per quattro anni il Paese in condizioni di demenza senile tenuta accuratamente nascosta benché la cosa fosse evidente a chiunque dotato di un sistema nervoso centrale, una vice a cui non si riesce a mettere un’idea in testa nemmeno col martello pneumatico, che tutti, amici e nemici, definiscono come un’arrogante svanita e Trump che riciccia aria fritta, anche se possiede una certa dose di pragmaticità, ma non ha un vero e credibile piano di azione non solo per rendere di nuovo grande l’America, ma nemmeno per tenerla a galla. Semplicemente sono persone che non comprendono il mondo, che escono fuori da una loro favola: anche il fatto che qualche idiota abbia tentato di sdoganare l’idea che il sicario fosse un cittadino cinese rende bene l’idea della confusione che regna sovrana e divide il suo regno con un’astiosa aggressività. L’auto mitologia americana, nel momento in cui non ci crede più nessuno, ha preso la strada dell’inferno. Gli Usa stanno diventando un fumetto di Howard Chaykin.

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