Elly, ma perché questo accanimento? Giorgia è più europeista di me e più atlantista di Stoltenberg. Puoi dormire sonni tranquilli. Secondo te avrei rischiato tanto ad assecondarne l’ascesa?
La foto di gruppo (Cecilia Fabiano – LaPresse) |
(Emanuele Dell’Atti – lafionda.org)
– Ma ha votato contro Ursula!
– Ha recitato la sua parte. I numeri c’erano, lo sapeva e ne ha approfittato. E ora capitalizzerà anche consensi per la sua finta contrarietà.
– E come la mettiamo con le nostalgie del ventennio, le politiche migratorie, l’autonomia differenziata…?
– Tranquilla, è dei nostri. Su ciò che conta sta facendo ciò che deve.
– Però, Mario, questa destra vuole violare la Costituzione antifascista!
– Elly, la stiamo violando da trent’anni, ormai è solo un simulacro. D’altra parte con quella costituzione che ci ritroviamo non potevamo mai liberarci dai vincoli della solidarietà sociale, dell’economia mista, del riequilibrio capitale/lavoro. Con i trattati europei ce la siamo tolta di mezzo e nessuno se n’è accorto.
– Ma non siamo anche noi per il compromesso keynesiano?
– Roba da vecchi socialdemocratici. Lascia perdere. Comanda il mercato, punto. Quale compromesso!?
– Però, dai, una cosa almeno concedimela: Giorgia è una donna, una madre, una cristiana… Noi progressisti invece vogliamo un mondo con identità più sfumate, relazioni meno codificate e privo di trascendenza.
– Beh, non possiamo fare tutto e subito. Ora è tempo di consolidare la struttura. Le sovrastrutture ideali giungeranno, anzi sono già in mezzo a noi. Ricorda che le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti.
– Che fai, citi Marx?
– Sono eclettico e pragmatico, dico ciò che serve.
– Capisco.
– Ad ogni modo, sappi, ciò che Giorgia dice (anzi, diceva) sull’identità, la tradizione e tutte quelle cavolate, non incide per nulla sulle questioni fondamentali.
– E quali sono le questioni fondamentali, Mario?
– Impedire qualsiasi trasformazione dell’assetto neoliberale. Whatever it takes!
– Già, è il nostro motto. Però, noi di sinistra, possiamo trasformare l’Unione europea in un senso più democratico, loro no!
– Cara Elly, ti svelo una cosa. L’UE è stata progettata sin dall’inizio con l’obiettivo di spoliticizzare il mercato. La democrazia, in Europa, è solo un fatto formale. La sovranità popolare è un vecchio retaggio socialista. Non può esistere. Non deve esistere.
– Se lo dici tu… Ma almeno ricordi come Giorgia disprezzava l’Unione europea?
– Ma su, non essere ingenua. Era solo un modo per arrivare al governo. Il giorno dopo era già più obbediente di Letta. Tieni bene in mente una cosa, Elly: il vero pericolo è quello rosso, non quello nero! I fascisti li abbiamo già usati un secolo fa per difendere il capitalismo sotto attacco e oggi, come vedi, possiamo fare altrettanto. Quelli pericolosi sul serio erano i comunisti, ma li abbiamo fatti fuori già da un pezzo.
– Beh, io non sono mai stata comunista per fortuna!
– Lo so. Perciò sei lì dove sei. Quel partito che dirigi è il risultato della nostra vittoria nella guerra di classe che abbiamo scatenato contro i lavoratori dopo il 1989. Ma molti degli iscritti credono ancora di essere gli eredi di Berlinguer.
– Non mi togliere anche Berlinguer ti prego!
– Va bene, usalo, ma solo per creare quel clima emotivo di coesione nostalgica quando serve. Ricorda però che siamo dei liberali. Dei neo-liberali. Dei fascio-liberali, se serve. E oggi serve.
– Certo, nessuno scossone al sistema. E se dovessero svegliarsi i sindacati e inasprire le lotte?
– Una pacca sulla spalla e si calmeranno. E poi, non si sono sollevati nemmeno quando i lavoratori venivano sospesi se non esibivano il green pass, figurati se si muovono adesso!
– A proposito, Mario, te lo devo dire, in quel periodo sei stato superlativo. Ti obbedivano tutti, nessuno fiatava.
– Il ruolo del despota illuminato mi ha sempre affascinato.
– Ma, scusa, libertà e tolleranza non sono dei valori assoluti per noi liberali?
– Sì, fin quando decidiamo noi in cosa consistono. E poi, sai, ci sono situazioni in cui la libertà e la tolleranza devono sembrare delle concessioni più che dei diritti. Governare incutendo timore è necessario per avere sudditi fedeli.
– Machiavelli?
– Sono eclettico e pragmatico, dico ciò che serve. Te l’ho già detto.
– Già. Ma ritorniamo a Giorgia. Insomma, la ritieni affidabile. Ma se si farà trascinare di nuovo dalle sirene sovraniste e populiste a cui pure è debitrice, come la mettiamo? Noi dem siamo più affidabili, ammettilo.
– Non ne sono certo, specie con quegli alleati che vi ritrovate. Rischiamo di sperperare di nuovo soldi pubblici inutilmente.
– Però con gli alleati siamo in sintonia su altre cose!
– Per esempio?
– La scuola pubblica.
– Lascia perdere la scuola. La stiamo sventrando dagli anni Novanta con tutte le raccomandazioni vincolanti della Commissione. Tutti i ministri che negli anni si sono alternati, di qualsiasi colore, hanno solo eseguito. Non potreste fare niente. Ammesso che sappiate cosa fare.
– Certo, i quadri normativi scolastici ormai sono affari dell’UE e l’Europa vuole solo una scuola funzionale al mercato: niente discipline polverose, solo competenze spendibili!
– Vedo che hai studiato.
– Grazie.
– Prego. Piuttosto, con quei vostri alleati, o con quello che ne resta, si rischia troppa incertezza sul piano internazionale. Non dirmi che anche tu rinneghi l’alleanza atlantica!
– Anche loro hanno votato l’invio di armi in Ucraina, non puoi negarlo. E non vogliono mica uscire dalla NATO.
– Sì, ma sono poco convinti. Serve più convinzione.
– Dai, non sono dei bolscevichi!
– In verità non sanno nemmeno loro cosa sono. Ma non mi fido.
– E forse hai ragione. Comunque anche la destra è ondivaga sull’invio di armi…
– Non faranno passi falsi, tranquilla. Altrimenti, come già sappiamo fare, creiamo un po’ di allarmismo economico, che funziona sempre, diciamo che occorre un governo tecnico per risanare la situazione e chiediamo a Sergione di intervenire. Un proconsole, un economista competente (cioè capace di soddisfare le nostre aspettative) lo troviamo sempre. Non temere.
– E il parlamento lo saltiamo?
– Quell’aula sorda e grigia? Ma fammi il piacere.
– Mario, parli come Benito adesso!?
– Sono eclettico e pragmatico, dico ciò che serve. Te l’ho detto altre due volte e non gradisco ripetermi. La reputo una fastidiosa perdita di tempo.
– Certo, scusa. Comunque, noi siamo per la centralità del parlamento e siamo contro il presidenzialismo!
– Elly, fai pure le tue battaglie, non voglio privarti di questo piacere. Ma alla governance tecnocratica non importa quanti poteri ha il premier. Importa che esegua quanto diciamo. Siamo già oltre il presidenzialismo.
– Così mi metti in crisi, mi fai sentire precaria.
– Non stiamo dicendo da decenni che bisogna essere flessibili e che la precarietà è un tratto costitutivo delle nostre vite? Goditela, questa precarietà!
– Sei così saggio, Mario.
– Un’ultima cosa, Elly. Se qualche Ignazio di turno dice degli spropositi sui partigiani o se Giorgia si ostina a non dirsi antifascista, tu metti pure l’eskimo, fai una bella manifestazione e canta “bella ciao”: creiamo un po’ di dibattito e intratteniamo i militanti.
– Ma così non rischio di mettere in crisi il governo?
– Cantando?!
– Scusa, hai ragione.
– Semplicemente, in questo modo, tutti continueranno a non capire che le cause materiali dell’impoverimento generale e della distruzione del tessuto sociale sono l’arbitrio del mercato e lo smantellamento del pubblico. Cioè i principi del neoliberalismo, i nostri principi. Indignandosi contro il fascismo storico, non muoveranno un dito contro il problema reale.
– Sei un genio, Mario.
– E non dimenticare di chiamare a raccolta anche gli alleati rosso-verdi: a loro basta un po’ di visibilità e qualche posto in parlamento. Sono innocui e si accontentano di poco. In compenso cantano bene.
– Quindi ci fidiamo di Giorgia?
– Fidiamoci.
– D’accordo, mi hai convinta. Riferisco al partito.
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