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Quando si è saputo che Biden nel corso di un’intervista ha biascicato che lui intende governare il mondo, credo che sia stata superata ogni decenza sul piano delle relazioni internazionali. Naturalmente la frase è stata censurata dall’informazione mainstream che continua a fare da pannolino al vecchio demente, non tanto perché non vuole stendere come un lenzuolo al sole le intenzioni di un uomo mediocre da giovane (Ted Kennedy disse una volta che era il più idiota dei senatori) e svanito da vecchio, quanto perché rivela un’indiscutibile verità: da oltre un secolo i presidenti americani vogliono fare gli imperatori del mondo. Quando otto anni fa Trump si presentò alla ribalta pensai che fosse il presidente ideale per gli Usa: era così ignorante a largo spettro, così primitivo, mediocre e tracotante che avrebbe rappresentato alla perfezione l’America e avrebbe fatto comprendere a tutti il concetto e la pratica della protervia statunitense.
Ma adesso mi sono ricreduto: in realtà il presidente più rappresentativo è invece proprio Biden perché è più vicino alla mente collettiva dell’America che ha ormai perso il senso della realtà e gira a tentoni menando botte da orbi nel tentativo di conservare un’egemonia che non ha più senso. Biden è il miglior presidente proprio perché non è in grado di fare il presidente. La quasi totalità degli abitanti del “grande Paese”, nonostante tutte le ipocrite giaculatorie politicamente corrette, è convinta che gli Usa abbiano il diritto di governare il mondo in virtù della loro eccezionalità, che possono farlo perché sono una invincibile superpotenza, che abbiano il diritto di considerare nemici tutti coloro che attentano a questo status semplicemente crescendo e scegliendo la loro strada. Si poteva sperare che prima o poi le nuove generazioni avrebbero aperto gli occhi in merito a questo quaccherismo laico che chiama tutti al sacerdozio imperiale o che quanto meno avrebbero avuto una più lucida cognizione del fatto che l’egemonia globale non è più possibile. Che magari con scuole più decenti o viaggiando di più avrebbero constatato che le loro guerre e i loro saccheggi sono disprezzati in qualsiasi parte del pianeta e che in ogni caso non puoi dominare il mondo con un 25° scarso della popolazione globale, una produzione di beni reali ben lontana da quella di un tempo, stratosfericamente inferiore a quella del maggior competitore e una supremazia tecnologica che non soltanto non esiste più ma si sta trasformando rapidamente in inferiorità come le vicende belliche mostrano in maniera eloquente (vedi nota).
Invece la nebbia non si è dissolta, anzi si è infittita: la caduta verticale della qualità dell’istruzione e lo stesso sistema di valori vacui proposto, per non dire imposto, dal neoliberismo, ha provocato una impressionante regressione e uno stato di cecità volontaria che hanno reso ancora più forte il condizionamento che comincia fin dalla culla secondo cui gli Usa sono una nazione profondamente morale ed etica. Questo accade a tutti livelli compresi quelli vicini alla sfera decisionale visibile e invisibile: basta vedere tutti i clamorosi errori compiuti nel pensare che la Russia si sarebbe arresa di fronte alle sanzioni e la difficoltà a comprendere ancora oggi perché ciò non sia avvenuto. Gli americani sono ormai troppo confusi e troppo annegati nella loro auto mitologia per accorgersi che questa costellazione di cazzate è una sanguinosa barzelletta e sono portati ad attribuire ad altri ogni guerra, strage, assassinio, ruberia di risorse che compiono, a cattivi immaginari di turno, esattamente come i sub dementi europei hanno cominciato a fare con la Russia da un giorno all’altro buttando alle ortiche ogni rimasuglio di dignità. Essi non hanno la minima idea di cosa stia succedendo là fuori nel mondo e sono preda di bassi istinti travestiti da pretese buone intenzioni, proprio come il loro presidente: altrimenti non avrebbero votato alla Casa Bianca uno palesemente affetto da demenza senile. In realtà l’intero Paese è affetto da questa patologia finale ed è ovvio che sia rappresentato dal vecchio Joe.
Nota Si potrebbero fare decine di esempi, ma eccone uno scioccante di giornata: il Pentagono annuncia che il programma per sostituire alcuni dei suoi vecchi missili balistici intercontinentali subirà parecchi anni di ritardo e un quasi raddoppio dei costi. Si tratta della sostituzione dei Minuteman III che risalgono al 1966, quando chi scrive faceva il ginnasio. Si tratta di ordigni ormai così vulnerabili che devono essere tenuti sempre in regime di allerta massima per avere una minima probabilità di arrivare a segno e questo ovviamente costituisce un ulteriore pericolo di innesco di una guerra nucleare.
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