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“C’è un episodio che bisogna richiamare.
Quando nel 1973 capita la guerra del Kippur, Moro rifiuta [di concedere] l’utilizzo delle basi militari della NATO per aiutare Israele.
Sostiene la tesi, diventata di tutto il governo italiano, che quella guerra esorbita dall’area della NATO, quindi gli Americani non possono utilizzare le basi che sono nel nostro territorio per svolgere un’azione che è sì di aiuto anche ad un Paese nostro alleato come Israele, ma che deve tener conto che noi abbiamo una politica per il Medio Oriente di pacificazione, tendiamo alla soluzione di quel problema e non possiamo metterci contro i Paesi arabi.
Pertanto, il nostro governo ritiene di assumere quella posizione e Kissinger “se la lega al dito”.
Moro farà riferimento all’acredine che,
a seguito di quel fatto, Kissinger crea. E’ una causa che probabilmente
ha giocato.
(…) Non ci soffermiamo qui a parlare di quello che avviene a Portorico
quando si riunisce lo stato maggiore atlantico e lasciano Moro fuori
dalla porta, proprio nel momento in cui si discute sugli aiuti da dare
all’Italia e si finisce col condizionare quegli aiuti. Siamo dopo le
elezioni del 1976. E’ bene che guardiate cosa avviene a Portorico.
In quel momento Moro viene lasciato fuori, eppure è ancora Presidente del Consiglio italiano; ma lui e Mariano Rumor, che è ministro degli Esteri, vengono lasciati alla porta mentre si discute degli aiuti all’Italia.
Se ne escono con un comunicato in cui danno l’incarico al tedesco Helmut
Schmidt di esprimere la posizione che era quella della discriminazione:
“Se voi mettete al governo i comunisti, non vi daremo gli aiuti”.
Questa è sovranità condizionata, limitata, indiscutibilmente, dopo il
suffragio popolare che aveva dato quei risultati e che non permetteva il
grande gioco politico, perché i rapporti di forza erano quelli che
erano e la politica di Moro era lungimirante. Dunque, il fatto di
liberarsi di un personaggio che rappresentava quella politica era una
tentazione non solo di Kissinger, anche di altri dirigenti di Stato nei
Paesi europei, perché avevano timore di una diffusione della stessa
formula di collaborazione in altri Paesi.”
Dall’audizione del senatore Sergio Flamigni,
svoltasi il 2 dicembre 2014, nell’ambito della II Commissione
parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.
Ora in Rapporto sul caso Moro. Il sequestro di Aldo Moro, Steve Pieczenik e il golpe atlantico quarant’anni dopo, di Sergio Flamigni, 2019, Kaos edizioni, pp. 75-76.
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