giovedì 30 novembre 2023

Le destre come il bar di Guerre Stellari, a Firenze sfila il club degli esclusi

Domenica l’evento con il vice premier Matteo Salvini: Le Pen si sfila, manderà solo un video messaggio. Leader anti-migranti, anti-aborto, No Vax e pro-monarchia smussano le posizioni cercando spazio in Ue.

Le destre come il bar di Guerre Stellari, a Firenze sfila il club degli esclusi

FLAVIA PERINA – lastampa.it

Bisogna avere rispetto per la democrazia che assegna, nelle rispettive nazioni, quote fra il 4 e il 10 per cento ai soci di Identità e Democrazia, il gruppo delle destre che Matteo Salvini riunirà domenica a Firenze. Bisogna aver rispetto pure della nostra democrazia che vedrà in piazza, contro quel raduno, associazioni, movimenti e sindacati. E tuttavia ogni cosa sembra vagamente sovradimensionata, sia la celebrazione retorica dell’“adunata delle destre” sia la sua contestazione, anche perché, guardando le biografie politiche e personali dei partecipanti, la reunion toscana somiglia più al bar di Guerre Stellari che alla convention di un’alleanza politica dotata di una qualche minacciosa coerenza: un soggetto ideale per la satira piuttosto che per l’indignazione.

La superstar del gruppo, Marine Le Pen, ha dato forfait, manderà un video, che è il modo con cui i leader segnalano l’adesione per dovere d’ufficio e poco più. In vista delle presidenziali francesi è impegnata in una ulteriore sforzo di de-diabolization del suo partito (in Italia diremmo: sdoganamento) e non le fa gioco entrare nella foto di gruppo di gente che chiede la rimozione delle ovaie alle donne che abortiscono (Andrè Ventura, capo del portoghese Chega) o il ritorno della monarchia (Roman Fritz, guida del Crown Party polacco) oppure favoleggia sulla creazione di uno Stato Rom dove trasportare i nomadi per toglierseli dai piedi (Tomio Okamura, il nippo-ceco che ha fondato l’Spd di Praga).

Ha marcato visita anche l’altra reginetta dell’estrema destra, la capa di Afd Alice Weidel, dichiaratamente lesbica, madre di due figli adottivi e forse a disagio nello schieramento machista che Salvini proporrà al mondo: manda il suo co-presidente maschio Tino Chrupalla, l’uomo che avrebbe dovuto riallacciare i rapporti con la destra moderata tedesca ma non c’è mai riuscito. La sola signora sul palco sarà la danese Majbritt Birkholm, dirigente del Partito Popolare, che non si capisce bene perché stia lì, insieme a una decina di campioni dell’ultra-liberismo: certo, è ostile agli immigrati, ma in economia farebbe invidia a Maurizio Landini con la sua piattaforma di imprinting socialista per la redistribuzione del reddito e la lotta alle diseguaglianze.

Insomma, l’Europa di Identità e Democrazia a guardarla bene, escludendo le due forze principali di Italia e Francia, risulta un assemblaggio piuttosto squinternato di leader minori, che fanno notizia più che altro per le bislacche proposte con cui hanno intercettato le frustrazioni dei loro elettorati. Quasi tutti cominciano la loro ascesa intorno al 2015, quando il tema della Brexit incendiava il dibattito europeo: studiosi di etnografia come il bulgaro Kostadin Kostadinov, provetti decoratori come Chrupalla, sceneggiatori con decine di film all’attivo come il polacco Grzegorz Braun, ex-attivisti civici come George Simion dell’Unione dei Romeni, poliziotte come Majbritt Birkholm o specialisti di talk show aggressivi tra sport e cronaca nera come il portoghese Ventura. Tutti hanno intravisto la loro opportunità nel momento magico in cui una parte delle opinioni pubbliche continentali si rivoltavano contro le regole europee, l’immigrazione, le conseguenze economiche della crisi. Tutti hanno capito che, in quell’attimo, la politica costituiva l’ascensore sociale che poteva portarli molto in alto e molto in fretta. Hanno fondato movimenti, fomentato scissioni da partiti maggiori, federato gruppuscoli estremisti, cavalcato l’onda di manifestazioni aggressive, scavato la trincea No-Vax. E infine, raggiunto il risultato della rappresentanza europea (due o tre deputati ciascuno, con la sola eccezione di Lega e Rassemblement National) si sono ritrovati insieme in Identità e Democrazia più che altro perché gli altri gli hanno sbarrato le porte.

È il club degli esclusi, che però adesso vorrebbe di più. Vorrebbe governare, passare al lato vincente della forza, e allora è tutto un gran limare le vecchie posizioni filo-russe, un retrocedere dagli eccessi antieuropei, uno sbianchettamento degli antichi programmi che chiedevano di uscire dall’Euro e dalla Nato. Il modello è Gere Wilders, il neo-vincitore delle elezioni olandesi che per diventare premier deve fare un accordo con i liberali e infatti, cinque minuti dopo le elezioni, ha cambiato musica sull’uscita dell’Olanda dalla Ue e persino sugli immigrati di cui adesso si limita a richiedere la “riduzione” anziché l’espulsione in massa. Amsterdam val bene una messa, così come ogni altra capitale.

E tuttavia, a Firenze, il vecchio rito del sovranismo andrà rispolverato e cantato perché le elezioni europee incombono e i voti della frustrazione popolare mica si prendono con la ragionevolezza. La reunion farà comodo a tutti e l’esempio italiano trainato da Matteo Salvini, ministro in carica di un Paese fondatore dell’Europa, funzionerà da incoraggiamento per le ambizioni personali e collettive di questa bizzarra compagine.

Mica è detto che il bar di Guerre Stellari sia un destino permanente. Si può partire da lì e farcela, lotta e governo, con l’Europa e pure contro, con la Russia ma anche con la Nato, contro gli immigrati ma anche con le imprese che ne vogliono di più, con la Patria e contro le Patrie, sovrani e non-sovrani a seconda delle convenienze e delle opportunità. Certo, finora, è successo soltanto in Italia, ma perché non sperarci?

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