mercoledì 3 maggio 2023

Sudan, biolab e guerra: per l’Oms c’è rischio biologico

 https://visionetv.it

 

Il 25 aprile l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato che nella capitale del Sudan, Khartoum, c’è “un enorme rischio biologico associato all’occupazione del laboratorio centrale di sanità pubblica” da parte di una delle due fazioni in guerra. Il biolab in questione è il National Public Health Laboratory. Si può presumere che i soldati siano venuti in contatto con campioni di patogeni conservati al suo interno.

La guerra in Sudan da anni infuoca l’Africa orientale. Tuttavia nelle ultime settimane ha conosciuto una tragica accelerazione. Due parti si contendono il controllo della zona: l’esercito nazionale e i paramilitari ribelli. Pare siano stati questi ultimi ad aver avuto accesso alla struttura dove si riporta la presenza di agenti virali come morbillo, colera, polio e altri non meglio noti.

COSA STA SUCCEDENDO IN SUDAN

Nima Saeed Abid, rappresentante dell’Oms sul posto, ha dichiarato che non è stato possibile per i tecnici entrare all’interno del laboratorio. Di qui l’impossibilità di mettere in sicurezza il luogo. Non di secondaria importanza la mancanza di energia elettrica nella zona. Cosa, questa, che ha fatto aumentare esponenzialmente la pericolosità dell’irruzione: senza catena del freddo, i campioni non possono essere conservati correttamente.

La parte più rilevante della questione risiede nel timore che i campioni sottratti o quanto meno manipolati siano finiti in mano a una delle due parti in guerra. Questo significa che potrebbero essere utilizzati come arma biologica e costituire un pericolo non solo per il Sudan ma anche per il resto del mondo. Anche Shahinaz Bedri, direttrice generale del National Public Health Laboratory, ha espresso profonda preoccupazione. Ha raccontato di aver dovuto lasciare il complesso insieme ad altri 500 dipendenti.

“Nella nostra struttura abbiamo campioni di Covid19, influenza, morbillo, poliomelite, tubercolosi e colera, ma non solo”, ha detto Bedri: “Abbiamo anche un’unità di biosicurezza in cui i campioni sono tenuti al sicuro grazie a misure speciali. Tuttavia temiamo che i gruppi armati che hanno fatto irruzione nella struttura possano non saper come trattare i campioni di patogeni. Sicuramente hanno aperto i frigoriferi, li hanno lasciati aperti oppure hanno sabotato i sistemi elettrici”.

IL COLERA IN SUDAN

Nel 2017 Eric Reeves, da circa vent’anni profondo conoscitore del Sudan, puntava il dito proprio contro l’Oms, accusandola di coprire attività poco chiare svolte su patogeni come il colera e minimizzarne la pericolosità. Reeves, giornalista e professore universitario, aveva scritto una lettera aperta al direttore dell’Oms, Tedros Ghebreyesus.

“L’Oms dovrebbe cominciare a chiamare le cose con il loro nome”, si legge: “Quelli che vediamo qui non sono casi di diarrea acuta ma di colera. Una vera e propria epidemia di colera”. Reeves parlava di un numero di casi crescente addirittura già dal 2016. Sosteneva anche che il regime di Khartoum avesse minacciato in più occasioni tutti coloro che provavano anche solo a utilizzare la parola “colera”, giornalisti compresi, rendendo gli aiuti internazionali impossibili, e di fatto il silenzio dell’Oms complice della tragedia.

E se i casi di colera fossero il frutto di esperimenti (o lableak) condotti dal laboratorio?

LA PISTA CHE PORTA A KIEV

Qualcuno ha fatto questo collegamento, partendo da documenti che denunciano il coinvolgimento delle autorità statunitensi nella zona. Questo almeno emerge da un report della giornalista Natalie Winters, che ha raccontato in una intervista a Stephen Bannon il risultato delle sue ricerche. Secondo quanto riportato dalla Winters, il laboratorio sarebbe stato finanziato dal Cdc, dall’Nih e dal Niaid, durante il periodo in cui Anthony Fauci ne è stato direttore, per un totale di 20 milioni di dollari. Tra coloro che hanno supportato il laboratorio, anche gli immancabili Bill & Melinda Gates.

Un file intitolato Il Cdc nel Sudan del Sud, pubblicato nell’agosto 2022, rivela ampiamente il coinvolgimento del governo statunitense in Sudan. “Nel maggio del 2018, il Cdc ha supportato la creazione di una unità per il monitoraggio delle cariche virali presso il National Public Health Laboratory”, si legge nell’opuscolo. Si legge anche che già a partire dal 2006 il Cdc, insieme a Global Fund, ha supportato migliorie apportate alle infrastrutture, alla scelta dello staff e alle capacità tecniche dei dipendenti del laboratorio. Il Cdc infine, si legge di seguito, era già ampiamente coinvolto nella zona per il trattamento dell’Hiv. 

Ecco che il Sudan ricorda un’altra situazione. Molto probabilmente non solo Kiev è stata utilizzata dall’Occidente come laboratorio a cielo aperto. Scoperchiare il vaso di Pandora ucraino sta portando alla luce analoghi interrogativi secondo un devastante effetto domino.

MARTINA GIUNTOLI

Nessun commento:

Posta un commento