Leggendo le dotte analisi degli esperti sulla sconfitta del Pd stavamo per precipitare nel sonno dei giusti, quando ci ha destati e trafitti un’illuminazione: l’incipit di un tweet di Giorgio Gori, sindaco renziano di Bergamo. Che recita testuale: “Con la vittoria di Giacomo Possamai (a Vicenza, ndr) si completa l’asse che lungo l’A4 vede tutti i capoluoghi, da Milano a Padova, governati dal centrosinistra. E così lungo l’A1 da Milano a Bologna”.
(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano)
Ecco perché il Pd ha perso tutti i capoluoghi tranne Vicenza: perché gli altri non stavano sull’A4 né sull’A1. È tutta una questione autostradale: non sono i programmi e le alleanze a mobilitare gli elettori, ma il profumo dell’asfalto e dei panini Camogli. Resta da spiegare perché Gori tronchi l’A4 a Padova anziché a Trieste (dove c’è un sindaco di destra, Di Piazza, al quarto mandato), e l’A1 a Bologna anziché a Napoli (forse perché in mezzo c’è una decina di capoluoghi di destra). Ma, dettagli a parte, il ragionamento fila. A saperlo prima, si potevano abolire le elezioni in tutti i comuni non attraversati dalle due suddette arterie, e la vittoria era assicurata. Nell’attesa, commuovono altre ficcanti analisi, di cui la più originale è che “si vince al centro con più riformismo”. Infatti ha vinto l’estrema destra di cui non si ricordano riforme a memoria d’uomo.
Molto gettonato anche l’invito alla Schlein a essere “meno radicale” (senza spiegare quale delle sue supercazzole lo fosse) e “puntare su temi più vicini ai bisogni della gente”. Che, detto da un marziano, sarebbe anche un consiglio utile, visto che gli strilli su temi importanti ma minoritari come Ius soli, Ong, fascismo, sovranismo e Lgbtq+ non hanno calamitato gli elettori. Ma l’invito viene da chi ha retto il Pd nei suoi primi 15 anni e dai giornaloni che gli han consigliato come perdere tutte le elezioni (con tassi di successo che rasentano l’infallibilità). L’idea è di ingolosire gli elettori riesumando i cavalli di battaglia acchiappa-voti di Renzi, Gentiloni e Letta: il sempre arrapante Mes, l’appassionante flessibilità sul mercato del lavoro (possibilmente fino ai 90 gradi), l’elettrizzante aumento della produttività, le eccitanti grandi opere (con sblocca-cantieri), l’esaltante diritto alla prescrizione, l’emozionante lotta garantista al giustizialismo, i trascinanti sgravi fiscali alle imprese, le coinvolgenti riforme istituzionali e, dulcis in fundo, l’agognato riarmo al 2% del Pil in nome dell’euroatlantismo e della terza guerra mondiale possibilmente nucleare con la Russia e, se tutto va bene, pure con la Cina. Casomai non bastasse ancora, c’è sempre l’arma segreta che tanta fortuna già portò a Letta, Renzi, Calenda e Di Maio: la stimolante Agenda Draghi, che potrebbe emergere da un momento all’altro dai nuovi scavi di Pompei.
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