A due giorni di distanza si può iniziare a fare un bilancio del raid sul suolo russo di sabotatori provenienti dall’Ucraina. Occorre molta cautela e lasciare un margine al beneficio del dubbio, per via del fumo di guerra che ancora non si è dissipato.
contropiano.org-L’Antidiplomatico
L’azione è avvenuta immediatamente dopo l’annuncio della liberazione di Bachmut/Artyomovsk, quando per le autorità di Kiev non era più possibile negare la sconfitta. Questo fa pensare ad un’operazione diversivo, condotta per contenere mediaticamente la vittoria del gruppo Wagner e mostrare la fragilità della Russia, incapace di difendere i confini più caldi.
Non si è trattato dell’inizio della tanto annunciata controffensiva ucraina, nonostante i DGR siano riusciti ad occupare diversi insediamenti prossimi al confine e mantenerli per diverse ore, a differenza della precedente incursione a Briansk.
Non è chiaro chi abbia effettivamente condotto l’attacco. I media russi tendono ad escludere la presenza di formazioni russe, ma ciò sarebbe smentito dalle tante immagini e video diffusi sui social.
È confermata la presenza del Corpo dei volontari russi (RDK) fondato dal neonazista Denis Nitikin e dalla Legione per la libertà della Russia, di Maximilian Andronnikov detto “Cesar”.
Resta da chiarire la partecipazione di unità appartenenti ad Azov e Kraken. D’altra parte il New York Times conferma che i sabotatori indossavano uniformi ucraine, erano armati di fucili standard NATO ed equipaggiati con Hummer e altri veicoli corazzati statunitensi.
Secondo il NYT, inoltre il raid di Belgorod sarebbe avvenuto sotto la direzione dell’intelligence militare ucraina, nonostante Kiev neghi categoricamente questa possibilità. Ad avvalorare questa ipotesi, secondo la testata ucraina Strana, ci sarebbe una foto di pochi giorni prima, il 17 maggio, di Nitikin e Andronnikov sull’isola Rybalsky a Kiev, proprio accanto al quartier generale del GUR, i servizi speciali del Ministero della Difesa dell’Ucraina.
La stampa occidentale ha mediamente interpretato l’incursione come una rivolta contro la “dittatura di Putin”. In Italia i sabotatori sono stati descritti come “partigiani russi” in molti titoli di giornale. Alcuni sono stati identificati dai media russi e ucraini.
Uno di questi “partigiani” sarebbe il 38enne Alexei Levkin, un personaggio molto noto tra l’estrema destra nello spazio post-sovietico. È il leader della band russa di black metal neonazista M8L8TH, sigla che sta per “Hitler’s Hammer”. Come riportato da Bellingcat, Levkin faceva parte di un gruppo neonazista coinvolto nel vandalismo di tombe ebraiche e musulmane, diverse aggressioni e almeno quattro omicidi.
Dal 2014 Levkin è in Ucraina. Ha combattuto in Donbass nell’Azov, di cui sostiene di essere l’ideologo. È il leader di Wotanjugend, una struttura neonazista fondata nel 2008, da lui descritta come una rete “mini-università per sostenitori dell’ideologia di destra”, proclamando “eroi” terroristi di estrema destra come Timothy McVeigh e Anders Breivik.
I Wotanjugend professano un neonazismo così palese, inclusa l’aperta glorificazione di Hitler, che persino il loro leader ammette che questo gruppo è troppo “duro per lo spazio pubblico“, scrive Bellingcat menzionando le sue parole. Levkin fa parte del RDK.
Accanto a lui, nelle immagini diffuse sui media, appare Denis Radonsky (Kirill Kanakhin) ex attore russo che nel 2018 è andato in Ucraina e si è unito all’Azov. La sua identità non è stata confermata dalla famiglia. Levkin, invece, è stato inserito nel registro dei ricercati del ministero degli Interni.
Secondo il canale telegram Readovka altri due membri del RDK avrebbero combattuto nella formazione di estrema destra Pravy Sector. Si tratta di Ilya Bogdanov e Alexander Skachkov, originario di San Pietroburgo. Di idee politiche di estrema destra, ha lasciato il Paese nel 2014 per unirsi ai battaglioni punitivi ucraini mandati da Kiev in Donbass. È ricercato in Russia per banda armata illegale. Entrambi hanno partecipato al sabotaggio di Briansk.
Un altro neonazista del commando è Danil Maznik, nome di battaglia Shaiba. Il suo video alla guida di un BTR era stato twittato dal giornalista Daniele Angrisani.
Viene riferito, inoltre, della presenza di Ruslan Kaganets, un membro dello staff della direzione principale dell’intelligence ucraina, avrebbe preso parte all’attacco alla regione di Belgorod, forse come coordinatore dell’azione.
Il fondatore del Corpo dei volontari russi è un noto neonazista russo, Denis Nikitin. Il suo vero cognome è Kapustin, ma è conosciuto anche come WhiteRex. Secondo quanto si apprende da Primato Nazionale “sostiene l’orgoglio paneuropeo e i valori tradizionali”. Inoltre “incoraggia tutti gli europei ad abbracciare lo spirito guerriero dei loro antenati, e combattere contro il mondo moderno”.
Questo promoter della tradizione atavica europea avrebbe avuto contatti con l’organizzazione italiana CasaPound, per eventi musicali e sportivi in Italia. All’inizio di marzo ha guidato i suoi uomini nell’azione di sabotaggio a Briansk.
La legione Libertà per la Russia, invece, viene descritta come un gruppo militare di oppositori russi liberali. Tuttavia tra questi ci sarebbe qualche intruso, come Igor Ogordniychuk, neonazista ucraino individuato da VoxKomm. Un altro “liberale” dal volto coperto compare in una immagine con il simbolo dell’organizzazione Tradiziya i Poryadok (Tradizione e ordine), un movimento che, come si apprende con un’agevole ricerca su wikipedia, è noto per le sue azioni per preservare la famiglia patriarcale, discorsi contro il femminismo e LGBT.
E’ stato identificato da Readovka un altro membro della stessa organizzazione, Kristian Udarov, un volto noto dell’estrema destra ucraina, che lo scorso aprile, assieme a Evgene Karas, ha coordinato le provocazioni contro la Chiesa ortodossa ucraina collegata al Patriarcato di Mosca. Il suo attivismo politico lo ha portato alla fama nel 2014, durante l’Euromaidan.
In quanto al fondatore del gruppo, Maximilian “Cesar” Andronnikov, è nota la sua militanza nel Movimento imperiale russo, una formazione di estrema destra, paramilitare, ultranazionalista e suprematista. Dopo aver lasciato la Russia si è unito all’esercito ucraino.
Ha fondato Libertà per la Russia nel marzo 2022 “sulla base del desiderio degli stessi russi di combattere nelle file delle forze armate ucraine contro la banda armata di Putin”. Secondo quanto scrive la BBC si tratta di un’unità russa ufficialmente riconosciuta dall’esercito ucraino e che opera sotto comando ucraino. Rivendica la responsabilità di alcuni sabotaggi e per questo è messa al bando nella Federazione Russa.
Questo è una breve e incompleta, ma rappresentativa, carrellata dei “partigiani” russi.
* da L’Antidiplomatico
Nessun commento:
Posta un commento