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Tristemente famosa è la strage di migliaia di persone in fuga con mezzi di fortuna sull’autostrada che collega la capitale del Kuwait a Bassora, ribattezzata l”autostrada della morte’ causata da un bombardamento aereo della coalizione anti irakena a guida anglo americana.
Un convoglio di oltre dieci chilometri di lunghezza, composto quasi esclusivamente di autocarri, autobus, ambulanze e centinaia di automobili in fuga disordinata, è stato annientato nel corso dell’ultima notte di guerra con una serie di attacchi dal cielo.
Migliaia di civili, in gran parte palestinesi, sudanesi ed egiziani, sono stati sterminati senza che potessero opporre alcuna resistenza. La notizia e la documentazione della strage venne fornita inizialmente da fonti britanniche (BBC e The Times) e venne poi ripresa fra gli altri, con ampia documentazione fotografica, da Newsweek (11 marzo 1991).
Secondo queste fonti nessun giornalista o fotografo è stato ammesso allo spettacolo ‘apocalittico’ della strage – così lo ha definito il maggiore americano Bob Williams – prima che migliaia di cadaveri carbonizzati fossero stati seppelliti nel corso di tre giornate;
Si veda inoltre S. Sackur, On the Basra Road, London, London Review of Books, 1991; K. Royce, T. Phelps, ‘Pullback a Bloody Mismatch’, Newsday, 31 marzo 1991.
L’Autostrada della morte
L’azione offensiva che rese famigerata la strada divenne una fonte di controversie. Alcuni commentatori suggerirono che l’uso della forza fu sproporzionato, siccome le forze irachene si stavano ritirando e la colonna comprendeva prigionieri di guerra kuwaitiani, prigionieri politici e rifugiati civili palestinesi[1].
Anche se nessun reporter fu presente durante l’attacco, furono scattate fotografie che mostrano l’incredibile ammasso di veicoli distrutti e bruciati. Il bombardamento venne considerato da alcuni osservatori come crimine di guerra – ovvero un deliberato bombardamento di una porzione di strada dove truppe irachene in fuga e non combattenti erano bloccate.
I militari statunitensi tuttavia affermarono che vennero trovati tra i rottami solo alcuni corpi e la maggior parte degli occupanti abbandonò i veicoli quando la strada divenne impraticabile. In base ad una intervista nel documentario FRONTLINE della televisione PBS, con il giornalista americano Rick Atkinson, quando fu chiesto ad un militare se è noto il numero di iracheni rimasti uccisi nell’autostrada della morte, venne risposto che
«Non penso che sapremo mai quanti iracheni vennero uccisi là. C’erano circa 1500 veicoli distrutti sull’autostrada della morte, alla fine della guerra. E altri 400 sull’altra strada, che corre parallela alla costa. Coloro che vagarono tra i rottami subito dopo la resa degli iracheni trovarono relativamente pochi corpi.
Certamente alcuni tra quelli che furono trovati erano terribilmente inceneriti. L’opinione consolidata è che molti iracheni uscirono semplicemente dai loro veicoli e fuggirono. Ed è difficile credere che le morti probabilmente furono superiori a più di un paio di centinaia[2].»
Robert Fisk de l’Independent giunse sul posto poco dopo il bombardamento alleato. Nel suo libro intitolato The Great War for Civilisation, Fisk descrive la scena di chilometri di veicoli militari e civili danneggiati che furono bombardati mentre erano rimasti bloccati, e i resti bruciati degli occupanti dei veicoli: “Ho visto centinaia di morti qui; ce ne devono essere stati migliaia. Non dovremmo chiamarla, invece che Autostrada della Morte, Massacro di Mutla Ridge?“[3]
Secondo l’ex segretario di stato Colin Powell, che era l’allora capo del Joint Chiefs of Staff, le scene della carneficina posero fine alle ostilità della guerra dopo la liberazione del Kuwait. Powell scrisse in seguito in My American Journey che: “la televisione stava iniziando a considerarci come se avessimo fatto il massacro per il gusto di farlo“[4].
In base al Foreign Policy Research Institute tuttavia, le “apparenze possono trarre in inganno”:[5]
«Le analisi del dopoguerra mostrano che i rottami sulla strada per Basra sono stati abbandonati dagli iracheni prima di essere bersagliati e le perdite nemiche sono di fatto basse. Inoltre, i sondaggi hanno dimostrato che le immagini non hanno scalfito il supporto americano alla guerra. (Il mondo arabo ed islamico fu, ovviamente, di tutt’altra opinione. Powell potrebbe essere stato giustamente preoccupato di questo)[6]»
Il fotoreporter Peter Turnley pubblicò delle fotografie riguardanti fosse comuni[7] ed è stato affermato che questo costituisce una violazione della Convenzione di Ginevra[8].
Note
1. Robert Fisk, Cronache mediorientali, 2ª ed., Il saggiatore, collana Saggi tascabili, 1180 pagine, copertina flessibile, 27 agosto 2009, ISBN 8856500493.
2. Originale: “I don’t think we’ll ever know how many Iraqis were killed there. There were about 1,500 vehicles on the highway of death, counted, destroyed vehicles after the war. And another 400 or so on another road, a spur that ran parallel to the coast. Those who wandered through this wreckage right after the Iraqi surrender found relatively few bodies. Certainly some, and many that were terribly incinerated of those that were found. But the prevailing view is that many of the Iraqis had simply gotten out of their vehicles and ran. And it’s difficult to believe that deaths on the highway of death probably exceeded more than a couple of hundred perhaps.”
3. Originale: “I had seen hundreds of dead here; there must have been thousands. Shouldn’t we have been referring back then, not to the Highway of Death, but to the Massacre at the Mutla Ridge?”
4. Originale: “The television coverage was starting to make it look as if we were engaged in slaughter for slaughter’s sake”
5. Photojournalism and Foreign Affairs Archiviato l’11 settembre 2007 in Internet Archive. David D. Perlmutter Foreign Policy Research Institute January 27, 2005 Accessed October 26, 2007
6 Postwar studies found that most of the wrecks on the Basra roadway had been abandoned by Iraqis before being strafed and that actual enemy casualties were low. Further, opinion polls showed that American support for the war was largely unaffected by the images. (Arab and Muslim public opinion was, of course, another matter, about which Powell may have been rightly concerned.)
7. The Unseen Gulf War Archiviato il 6 aprile 2020 in Internet Archive.. Peter Turnley, Harvard University Nieman Reports, Spring 2003, p.86.
8. The Persian Gulf TV War, Archiviato il 7 ottobre 2008 in Internet Archive.. Douglas Kellner, UCLA, July 10, 2006. Retrieved October 24, 2007.
Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Autostrada_della_morte
Qui il video: https://youtu.be/N6adz-HQDZo
* da Facebook
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