In che modo, esattamente, mettersi tutti dietro a D'Alema dovrebbe modificare in senso progressivo i rapporti di forza nella società e dare finalmente un programma condiviso e sensato a chi sinora non è mai riuscito nemmeno a capire cosa vuole dalla vita, conciliando strategie che sono sempre state opposte nel nome del comune interesse al superamento del quorum?
Lo abbiamo già fatto innumerevoli volte e ogni volta ci siamo divisi il giorno dopo: non funziona.
Le camarille come quella di Spezzaferro e Vendola sono semmai proprio quegli incomprensibili marchingegni che spingono la sinistra dispersa a esprimere la propria frustrazione votando i grillini o astenendosi.
Scorciatoie non ce ne sono, con i baffi o senza. Se non facciamo i conti con la realtà e con noi stessi – Europa, migrazioni, capitale e lavoro, fisco e Welfare – nemmeno Togliatti redivivo potrebbe salvarci, altro che D'Alema.
Non siamo più espressione di bisogni e interessi sociali reali. Un'epoca è finita per sempre. Finché non riusciremo ad esserlo, stiamo a casa che è meglio. La fiducia e il consenso si riguadagnano con un umile lavoro di ricucitura di lunga durata, non giocando a risiko a tavolino.
Oltretutto, bisogna proprio essere tonti: quello di D'Alema – per il quale pure ho una simpatia politica obbligata, essendo lui l'ultimo che ha studiato alla Vecchia Scuola – è in prima battuta un bluff per ottenere più teste di lista assicurate. Ed è bastato questo improbabilissimo bluff per mettere in fibrillazione tutta la sinistra, che è subito accorsa scodinzolante e con la lingua di fuori.
Ma figuriamoci se può aspirare al 10%: arriverà al massimo al 2, se la gente si è scordata chi è e gli va bene.
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