http://www.controlacrisi.org
"Yo
decido". Sono tante le donne spagnole che la pensano così,
nonostante la legge sull’aborto del ministro di Giustizia
Gallardón privi loro di qualsiasi autonomia decisionale,
riducendole a incubatrici ambulanti incapaci di intendere e di
volere, e annichilendole, in definita, come donne e come madri.
Una
legge oscurantista, criticata persino all’interno del partito di
governo (di cui Gallardón rappresenta una delle fazioni più
reazionarie e filocattoliche), che ha sollevato polemiche sia
sul piano nazionale sia su quello europeo. La nuova normativa è
infatti un balzo nel passato che cancella l’attuale legge socialista
del 2010 – che consente di interrompere liberamente la
gravidanza entro la quattordicesima settimana — e ripristina la
legislazione del 1985 (la prima legge post-franchista sull’aborto),
rendendola però ancora più severa e restrittiva: se nell’85 le
spagnole potevano abortire in caso di malformazione del feto,
rischio per la salute fisica o psicologica della madre e stupro,
quando la legge passerà definitivamente (per ora è stata approvata
solo dal Consiglio dei ministri), lo potranno fare solo negli ultimi
due casi, mentre la malformazione fetale sarà tenuta in
considerazione solamente se pericolosa per la vita del
nascituro. Il rischio per la salute psicologica dovrà inoltre
essere attestato da due medici distinti che non lavorino nella
clinica in cui sarà praticato l’intervento: una palude di ostacoli,
insomma, in cui Gallardón affogherà la libertà di scelta delle donne
per compiacere l’elettorato più di destra e le gerarchie
ecclesiastiche.
Uno dei paesi europei con la legislazione più
avanzata in materia di matrimoni e adozioni omosessuali (che il Pp
a suo tempo cercò di affossare), si trova così ad avere una delle
normative più retrive e liberticide sull’aborto. Un’incoerenza che
non preoccupa il Pp, che procede imperterrito nel suo programma di
riforme pensate per smontare pezzo per pezzo le conquiste sociali
dell’epoca Zapatero e mettere una pietra tombale sugli anni, così
vicini e così lontani, della Spagna dei diritti.
La Chiesa
applaude, il premier Mariano Rajoy tace ma approva le scelte del suo
ministro, il partito Popular mormora e lascia intravedere delle
spaccature, l’opposizione freme, mentre le donne spagnole sono
esplose in una manifestazione che ieri ha invaso e tinto di lilla (il
colore della protesta) le strade di Madrid, per ribadire al
ministro di Giustizia Gallardón — di cui hanno chiesto le
dimissioni — che «[/ACM_2]yo decido». Uno slogan che racchiude
efficacemente le ragioni della protesta: «Nessuno può toglierci il
diritto di disporre del nostro corpo, tantomeno in un contesto
democratico», ha denunciato Consuelo Navarro, segretaria della
sezione di Alicante del sindacato Comisiones Obreras,
maggioritario in Spagna.
Navarro è una delle tante donne (ma
erano presenti anche moltissimi uomini) che hanno raggiunto Madrid a
bordo dei «treni della libertà», come sono stati battezzati i
convogli che da tutto il paese hanno portato fin sotto il
parlamento la protesta pro-abortista ideata da due associazioni
femministe asturiane e supportata da manifestazioni parallele
in varie città spagnole ed europee, dalla Francia, dove sono stati
organizzati vari cortei, all’Italia.
Quella di ieri a Madrid,
ha commentato Justa Montero, portavoce dell’Asemblea feminista
della capitale, «è stata una delle più grandi manifestazioni mai
organizzate in Spagna per il diritto all’aborto. Ci fu qualcosa di
simile nel 1979 (contro un processo penale per aborto che rischiava di
condannare a 12 anni alcune donne di Bilbao, ndr), ma questa è
ancora più grande». Forse perché allora, con il paese da poco
liberatosi dal giogo della dittatura, le proteste erano una
rivendicazione per il futuro. Mentre 35 anni dopo, si tratta,
tristemente, di fare fronte comune per impedire un assurdo ritorno al
passato, e la revoca di un diritto ormai acquisito.
María, una
ragazza spagnola di 23 anni, aveva raccontato qualche mese fa la sua
storia al manifesto. Nel 2012 volle interrompere una gravidanza
indesiderata e la legge le consentì di farlo senza dover dare
spiegazioni: «Solo quando ho dovuto confrontarmi con questa
decisione, ho capito fino in fondo l’importanza e la fragilità di
questo diritto per il quale la generazione di mia madre ha dovuto
lottare duramente. Io ho potuto decidere, ma se questa
possibilità mi fosse stata negata sarei andata fuori dal paese, avrei
trovato una maniera per fare ciò che pensavo fosse giusto per me. Ed
è quello che faranno tutte le ragazze una volta approvata questa
legge».
Infatti la «riforma», che secondo Gallardón dovrebbe
tutelare il diritto alla vita, non farà altro che spingere le donne
fuori dal paese o sotto i ferri delle levatrici clandestine. Gli
aborti, d’altra parte, non diminuisco per imposizione politica, né,
tantomeno, per effetto di una legge ipocrita e pericolosa.
Nessun commento:
Posta un commento