giovedì 1 agosto 2024

Terrorismo e mito americano

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Gli atti di terrorismo che si consumano ormai quasi ogni giorno da parte degli Usa e dei nani assortiti dell’alleanza occidentale, non sono certo un segno di forza, ma costituiscono la sfrontatezza con cui si cerca di celare la debolezza. Una debolezza che fra le altre cose porta come conseguenza la distruzione delle proprie colonie purché – per usare un’espressione forte, ma calzante – non cadano nelle mani del nemico, ovvero di chi non subisce passivamente o dimostra di essere più forte dei padroni. Dunque dopo aver posto le basi per la nullificazione della Germania e delle sue aree circostanti, ovvero Italia e Francia, gli Usa procedono a marce forzate verso la propria dissoluzione.

Un interessante storico tedesco, Michael Brenner, sintetizza la situazione dell’impero americano con un’immagine tratta dalla storia romana: quando Pompeo il Grande fece il suo trionfale ritorno a Roma nel 61 a.C. dopo le sue straordinarie conquiste in Oriente, fu organizzata una cerimonia spettacolare atta a soddisfare il suo ego fuori misura e a mostrare uno status superiore a quello del suo rivale Giulio Cesare. Il centro focale della cerimonia era un trono imponente dove un Pompeo in costume regale sarebbe passato attraverso un arco della vittoria installato per l’occasione. Sorse però un problema quando una prova mostrò che il trono era di oltre un metro più alto dell’arco.

Si tratta di una metafora che spiega come gli Stati Uniti invece di alzare l’arco, cosa che non sono più in grado di fare o di abbassare il trono, cosa che distruggerebbe la cultura auto mitologica del Paese impartita ai bambini fin dal primo sorso di Coca Cola, fanno disperati tentativi di adattarsi nel vano tentativo di piegare il mondo all’adorazione dello Zio Sam. Gli impegni statunitensi nel mondo negli ultimi vent’anni rivelano un triste primato di iniziative fallite. La maggior parte causata da obiettivi irrealistici, visioni ottuse del campo d’azione, orgoglio arrogante, ignoranza degli altri Paesi, della loro cultura e/o della loro storia mentre all’interno ci si dedica a trarre conforto in mondi fantastici che esistono solo nell’ immaginazione.

Fino ad ora l’americanismo, come costruzione ideologico – educativa è stato un efficace collante per tenere insieme auto identità, impresa collettiva e significato duraturo della Repubblica e in effetti in passato, la mitologia americana ha energizzato il Paese in modi che lo hanno aiutato a prosperare. Oggi, è un pericoloso allucinogeno che intrappola gli americani in una distorsione temporale sempre più distante dalla realtà che provoca insicurezza e disorientamento. Gli americani sono sempre più ansiosi su chi sono, su quanto valgono e su come sarà la vita in futuro: si tratta di un fenomeno individuale e collettivo che sta letteralmente erodendo il Paese. Una serie infinita di errori – diplomatici, militari e politici – è altrettanto difficile da conciliare per la nazione con la sua immagine di sé, così come lo è l’ammissione dell’evidente discrepanza tra la fede nella missione provvidenziale del Paese e la sua sempre più evidente ordinarietà. La conciliazione tra realtà e immagine esaltata di sé che finora ha tenuto insieme gli Usa, sta saltando e crea dissonanze cognitive che si aggiungono a quelle della menzogna di massa imposta da un sistema di potere ormai chiaramente feudale.

Questo porta direttamente al terrorismo come sistema che permette di mantenere il trono alto senza alzare al contempo l’arco di trionfo, ma non permette nemmeno di fare un passo avanti, mentre tutti i punti nodali del Paese vengono meno. Proprio l’altro ieri, per esempio ho parlato di una Ong, diretta emissione della Cia, che è stata al centro di tutti i cambiamenti di regime negli ultimi quarant’anni e che proprio nei giorni scorsi ha tentato una rivolta contro la vittoria elettorale di Maduro in Venezuela: si tratta della National Endowment for Democracy il cui più importante contributo è stato il golpe in Ucraina del 2004. La sconfitta nella guerra che ne è seguita ha portato al licenziamento di due alti funzionari e a uno stato di conflitto interno tra i neoconservatori più anziani e la dirigenza più giovane. Una delle conseguenze di tale stato di cose è stato il fallimento della campagna venezuelana per la quale erano state investite decine di milioni di dollari e forse di più visto che il Congresso statunitense finanzia questa Ong con 200 milioni di dollari l’anno. Ma è solo un esempio: è ormai difficile trovare qualcosa di efficiente e di competente negli Usa, sia che si tratti delle navette della Boeing che della gestione dei senzatetto. E il vantaggio residuo in alcuni campi si sta rapidamente annullando.

Purtroppo la continuità e l’immobilità è molto più semplice del riorientamento: non richiede nuove idee, conoscenze e competenze reali invece del dilettantismo e carrierismo che esprime la classe dirigente intermedia tra i feudatari della finanza che naturalmente vogliono servi sciocchi nelle istituzioni formali e la popolazione generale. Il fatto di essere riusciti nel capolavoro di avvicinare Russia e Cina, creando così un blocco assai più potente nei fatti degli Usa, dimostra come la schizofrenia e l’incapacità di riconsiderare se stessi, stiano avendo la meglio. Che per noi è ovviamente il peggio.

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