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La cerimonia di apertura dei giochi olimpici con la sua adolescenziale e gratuita depravazione, oppure la corrività del Cio nel perseguire le politiche woke che favoriscono atleti maschi che si pensano come femmine, hanno messo in secondo piano altre evidenze che decretano la morte de facto del movimento olimpico. Esse sono nella realtà dei giochi dell’esclusione, non solo per il bando agli atleti russi e bielorussi, avvenuto su ordine di Washington in un completo ribaltamento dell’idea originaria di De Coubertin, ma anche per l’accoglienza a braccia spalancate dello stato di Israele impegnato in una guerra genocida. E non basta perché secondo l’Istituto sudafricano per gli studi sulla sicurezza (Iss), l’accesso degli africani alle Olimpiadi è stato ostacolato dalla discriminazione nel rilascio dei visti Schengen molto superiore rispetto agli atleti di altre aree.
Che dire poi dell’inclusione a tasso variabile che vieta alle atlete mussulmane di indossare un velo religioso (hijab) cosa che dovrebbe promuovere la laicità, secondo una legge francese che è di un’ ipocrisia senza pari? Sempre secondo l’Iss questa decisione scoraggia le donne e le ragazze musulmane dalla pratica sportiva il che costituisce, proprio dal punto di vista occidentale, una mancata possibilità di riscatto. E a seguire un sacco di idiozie come la dieta vegana imposta agli atleti, con la possibilità alternativa di mangiare carne artificiale, gli alloggi orribili riservati agli atleti, alcune gare in acqua che si svolgono nella fetida Senna, così che poi parecchi atleti devono vomitare una volta usciti dal fiume come la foto di apertura dimostra. Improvvisazione, ideologismo da quattro soldi, malgusto e disorganizzazione che tuttavia contrastano con la scrupolosa militarizzazione di Parigi, i cui abitanti sono costretti come topolini in gabbia a vivere fra le reti metalliche e dentro una vera e propria macchina da guerra che sembra davvero una prova generale su come possono essere soffocati moti popolari.
Insomma queste non sono le olimpiadi, da scrivere ormai assolutamente in minuscolo, di Parigi, ma quelle di Davos, dove saltano subito all’occhio tutte le contraddizioni, le sciocchezze prive di qualsiasi consistenza e di qualunque sincerità contenute negli slogan che ci sovrastano e che servono solo agli obiettivi del nuovo feudalesimo finanziario. Del resto non è un mistero che il Cio è in ottimi e intimi rapporti di collaborazione con il Wef: ciò a cui assistiamo è la nuova normalità olimpionica o quantomeno il tentativo di imporne il breviario attraverso una manifestazione che attrae grandi masse, anche se sinceramente mi chiedo il perché. Non può stupire se il silenzio delle chiese cristiane, ormai omogeneizzate al messaggio globalista, di fronte al dileggio dell’Ultima Cena, contrasti con l’indignazione del mondo mussulmano che vede in Gesù un profesta. Per decenni mucchi di confusi e venerate sprovvedute ci hanno voluto far credere che il nemico delle chiese cristiane fosse l’Islam quando invece, piuttosto palesemente, è Wall Street dove qualsiasi fede o valore in qualcosa che non sia il denaro, suscita fastidio e ostilità.
Né stupisce che l’informazione dica meraviglie di questa desolante kermesse e ne difenda il contesto: fa il suo doveroso compitino ed è probabilmente incapace di vedere oltre la siepe di idiozie che scrive. Del resto il livello culturale dell’informazione è ormai a livelli infimi, basti pensare tanto per ridere un po’, al fatto che Repubblica con tutta la sua puzza al naso che dovrebbe essere vigorosamente ricambiata. visto il fetore di decomposizione che emana da questa testata, ha scritto, come si vede dall’immagine a fianco, Opus Day, facendo una crasi tra latino e inglese, oltretutto su una organizzazione più che conosciuta. Poi il titolo è stato fortunosamente corretto da qualche intellettuale nella “cucina” di redazione. Ma sebbene gli errori nei giornali siano quasi fisiologici, qui si avverte che proprio mancano le basi minime per poter fare informazione, nemmeno se per caso lo si volesse.
Non è possibile che gli autori dell’Opus Day si possano accorgere della squallida farsa di queste olimpiadi il cui scopo è quello di arricchire gli sponsor principali e di trasmettere al mondo il messaggio del globalismo più deteriore e del suo braccio armato che si chiama Nato. Parigi non vale più nemmeno una messa, ma al massimo una messa in scena che dovrebbe offendere la cultura francese, se ancora esistesse.
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