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“Questi fatti portano alla diretta conclusione che l’occupazione coloniale israeliana, le sue annessioni di terra palestinese, la discriminazione razziale e l’Apartheid che pratica contro il popolo palestinese, e la sua negazione sistematica dei diritti inalienabili del nostro popolo, compreso il diritto all’autodeterminazione e il diritto al ritorno, sono illegali”
Riyad Malki, Ministro degli Esteri e degli Espatriati della Palestina
I – Crimini di guerra
Tre palestinesi sono stati uccisi a sangue freddo martedì 25 luglio,
quando le forze di occupazione israeliane hanno fatto fuoco contro il
veicolo su cui viaggiavano nel quartiere Al-Tur di Nablus, in
Cisgiordania.
I militari israeliani hanno impedito al personale medico di avvicinarsi
alla scena del delitto e hanno poi sequestrato i corpi di Noureddine
Tayseer Al-Ardah, 32 anni, Montaser Bahjat Ali Salameh, 33 anni, e Saad
Maher Al-Kharraz, 43 anni, trasportandoli in un luogo sconosciuto.
Secondo testimoni oculari, le forze israeliane hanno deliberatamente
preso di mira le telecamere di sorveglianza presenti nell’area nel
tentativo di occultare le prove dell’accaduto, hanno isolato la zona per
diverse ore impedendo l’ingresso anche ai giornalisti, e si sono
portate via anche l’automobile su cui avevano sparato.
La Presidenza palestinese ha affermato che l’uccisione dei tre giovani rappresenta un “crimine di guerra”, parte integrante della politica di punizioni collettive a cui è sottoposto l’intero popolo palestinese. Parliamo di uccisioni quotidiane, aggressioni a città e luoghi sacri sia islamici che cristiani, nonché del moltiplicarsi di insediamenti e piani d’annessione volti a una vera e propria pulizia etnica, che, secondo la Presidenza, “non porteranno sicurezza e stabilità a nessuno, perché l’unico modo per raggiungere la pace e la sicurezza è garantire al popolo palestinese i legittimi diritti contenuti nelle norme internazionali”.
Il governo israeliano è da considerarsi l’unico responsabile dei crimini che si stanno commettendo sia direttamente per mano delle forze di occupazione che attraverso il terrorismo dei coloni che si dispiega sotto gli occhi e con la protezione dell’esercito israeliano. L’impotenza internazionale e il silenzio dell’Amministrazione statunitense non fanno altro che incoraggiare l’occupazione ad andare avanti con i suoi crimini contro il popolo palestinese. Per questo la Presidenza della Palestina chiede un intervento immediato in grado di fermare questa aggressione, che mira a trascinare la regione in un luogo di violenza indiscriminata, tensione permanente e instabilità senza fine. Ne è prova l’irruzione delle forze armate israeliane nel campo profughi di Al-Ain, di nuovo a Nablus, che il 26 luglio è costata la vita a un altro ragazzo, Mohammad Abudul Hakim Nada, di soli 23 anni.
Con l’uccisione di Fares Abu Samra, di soli 14 anni, avvenuta a Qalqilya poco dopo, sempre il 26 luglio, diventano 202 i palestinesi uccisi dalle forze di occupazione dall’inizio dell’anno, compresi 37 bambini e 11 donne.
II – Malki porta al Tribunale dell’Aja le prove dell’occupazione illegale israeliana
Il 24 luglio, il Ministro degli Affari Esteri e degli Espatriati,
Riyad Malki, ha consegnato alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ)
le osservazioni scritte dalla Palestina per ottenere l’opinione della
Corte sulla natura dell’occupazione coloniale israeliana del Territorio
Palestinese e sulle conseguenze legali derivanti da tale occupazione.
Ciò è avvenuto durante un incontro all’Aja tra il Ministro Malki e il
Cancelliere dell’ICJ, Philippe Gautier. Come ha spiegato lo stesso
Malki, questa mossa fa parte di una più ampia strategia diplomatica
messa in campo dallo Stato di Palestina, volta da un lato a preservare i
diritti del popolo palestinese proteggendolo dai crimini di coloro che
occupano illegalmente la sua terra; e dall’altro a porre fine
all’immunità di cui sembrano godere i responsabili di questi crimini,
facendo loro pagare le conseguenze di tali azioni.
Con prove inconfutabili delle politiche e delle pratiche illegali
portate avanti da Israele, la Palestina traccia un quadro molto chiaro
dei crimini e delle sofferenze inflitte al popolo palestinese nei
decenni successivi alla Nakba, che di fatto non si è mai conclusa.
“Questi fatti portano alla diretta conclusione che l’occupazione
coloniale israeliana, le sue annessioni di terra palestinese, la
discriminazione razziale e l’Apartheid che pratica contro il popolo
palestinese, e la sua negazione sistematica dei diritti inalienabili del
nostro popolo, compreso il diritto all’autodeterminazione e il diritto
al ritorno, sono illegali”, ha spiegato il Ministro Malki. Ciò comporta
obblighi legali non solo per Israele, ha precisato Malki, ma per tutti
gli Stati e le organizzazioni della comunità internazionale, tenuta ad
opporsi a queste azioni illegali e a far sì che l’occupazione israeliana
cessi immediatamente e incondizionatamente.
La Lega Araba ha dichiarato di aver presentato una dichiarazione scritta all’ICJ, a sostegno della posizione palestinese.
III – Questo è estremismo
Giovedì 27 luglio, le forze di occupazione israeliane hanno impedito
ai fedeli musulmani di entrare nella Moschea di Al-Aqsa, nella città
occupata di Gerusalemme Est, perché centinaia di coloni ebrei guidati
dal Ministro della “Sicurezza” israeliano Itamar Ben-Gvir avevano appena
invaso il luogo sacro all’Islam. Chi, nonostante l’intensificarsi di
misure proibitive, era riuscito ad entrare nella Moschea e stava già
pregando, è stato costretto ad andarsene, per lasciare il via libera ai
riti talmudici del Ministro e dei suoi seguaci.
La Presidenza della Palestina ha condannato queste provocazioni
illegali, definendole “un fatto pericoloso” che conferma la natura
estremista dell’attuale governo israeliano, responsabile di queste
aggressioni come dei recenti incendi appiccati alle città palestinesi e
di tutte le uccisioni a sangue freddo a cui stiamo assistendo.
Le autorità di occupazione saranno costrette a pagare le conseguenze
della situazione esplosiva che hanno creato con le loro mani, mentre i
loro tentativi di cambiare la realtà storica e giuridica di Gerusalemme
sono destinati a fallire. Non a caso il Ministero degli Esteri della
Giordania ha voluto ricordare che Israele non ha alcuna sovranità sui
luoghi santi di Gerusalemme. Il complesso sacro, che copre un’area
totale di quasi 15 ettari, è un luogo di culto esclusivamente musulmano,
e il Dipartimento per gli Affari di Gerusalemme e della Moschea
Al-Aqsa, il Waqf di giurisdizione giordana, è l’unico organismo
intitolato a gestirne il funzionamento.
IV – Un po’ di numeri
Al momento, sono circa 14,5 milioni i palestinesi nel mondo. Di
questi, circa 5,5 si trovano nello Stato di Palestina, con una leggera
prevalenza maschile (2,78 milioni) su quella femminile (2,70). La
popolazione della Cisgiordania è stimata sui 3,25 milioni (di cui 1,65
maschi e 1,60 femmine), mentre la popolazione della Striscia di Gaza si
aggira sui 2,23 milioni (con 1,13 milioni di maschi e 1,10 milioni di
femmine). Questi i dati pubblicati dall’Ufficio Centrale delle
Statistiche della Palestina (PCBS) in occasione della Giornata Mondiale
della Popolazione, che si celebra ogni anno l’11 luglio.
In questo stesso periodo, la percentuale di palestinesi tra 0-14 anni
costituisce il 37% della popolazione totale, più precisamente il 35% in
Cisgiordania e il 40% a Gaza. La percentuale di popolazione anziana (65
anni e oltre) non raggiunge il 4% della popolazione totale, con il 4% in
Cisgiordania e il 3% nella Striscia.
A capo delle famiglie palestinesi si trovano donne nel 12% dei casi in
Cisgiordania e nell’11% nella Striscia di Gaza. Si tratta di famiglie la
cui dimensione media è scesa complessivamente a 5 membri rispetto ai
5,8 del 2007, contando una media di 4,7 persone (rispetto alle 5,5 del
2007) in Cisgiordania, e una di 5,5 (rispetto alle 6,5 del 2007) nella
Striscia di Gaza.
Per quanto riguarda il tasso di analfabetismo dai 15 anni in su,
parliamo di un 2,2% della popolazione che riflette un consistente
divario di genere, con l’1,1% tra i maschi e il 3,3% tra le femmine.
Tuttavia, i dati per l’anno scolastico 2021/2022 mostrano che il tasso
di partecipazione all’istruzione prescolastica, pari al 73%, vede una
maggiore presenza femminile (78%) rispetto a quella maschile (68%), e
che le ragazze rappresentano il 62% del totale degli studenti iscritti
agli istituti di istruzione superiore. Le percentuali di successo nel
completamento degli studi nei diversi livelli di istruzione nel 2022
vedono poi le femmine raggiungere il traguardo della scuola media nel
97% e quello delle superiori nel 78% dei casi, mentre i maschi solo nel
90% e nel 53% dei casi.
Il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro è aumentato nel
2022 rispetto al 2021, passando dal 17% al 19% delle donne in età
lavorativa, ma quello degli uomini resta ancora molto più alto,
crescendo dal 69% al 71%. Gli uomini sono anche meno soggetti alla
disoccupazione, con un tasso complessivo del 20% rispetto al 40% delle
donne, che diventa del 34% rispetto al 61% delle donne se parliamo di
giovani diplomati o laureati tra i 19-29 anni.
Le donne hanno raggiunto il 48% del totale degli occupati nel settore
pubblico, ma vi è un divario significativo tra la percentuale di donne
che ricopre il grado di direttore generale o simile (14%), e quella
degli uomini di pari grado (86%). Per non parlare del ruolo ancora
marginale delle donne nella sfera della politica, se si pensa che alle
elezioni locali del 2021-2022 la loro percentuale sul totale degli
eletti si è fermata al 21%. Lo stesso vale per la presenza femminile tra
i ministri del governo (12%) e tra i governatori, dove solo una donna
ricopre questa carica su 15 che ve ne sono.
Le cose non vanno diversamente nemmeno quando si parla dei ruoli apicali
nelle Camere di Commercio, Industria e Agricoltura, affidati nel 99%
dei casi a uomini, o dei posti in magistratura, dove le donne oscillano
tra il 18% dei giudici e il 19% dei pubblici ministeri.
Cambiando argomento, nell’anno 2022, più del 92% dei nuclei familiari
che vivono in Palestina ha dichiarato di avere accesso a Internet in
casa o presso parenti (93% in Cisgiordania e 92% nella Striscia di
Gaza), mentre la percentuale di individui (dai 10 anni in su) che
possiedono un telefono cellulare è del 79% (86% in Cisgiordania e 69%
nella Striscia di Gaza), con un divario, anche qui, tra i maschi che lo
possiedono nell’83% dei casi e le femmine solo nel il 76%.
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