lunedì 31 luglio 2023

“Dedicata a te”, la miseria del contrasto alla povertà in Italia

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È il 27 luglio. A decine di migliaia di beneficiari di Reddito di Cittadinanza è arrivato un messaggio che recita «Domanda di RDC sospesa come previsto dall’art. 13 del DL 48/2023 conv. Legge 85/2023. In attesa di eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali». I destinatari sono coloro che, considerati occupabili da decreto, d’ora in poi non potranno beneficiare più del Reddito di Cittadinanza. Da settembre potranno beneficiare di un assegno per l’attivazione ridotto nei tempi e nell’importo. Questo però non è il solo evento estivo che si muove nelle pieghe delle politiche di contrasto alla povertà. In questi stessi giorni, dopo gli annunci ufficiali del mese scorso, stanno arrivando negli uffici postali le carte acquisti “Dedicata a te”. Queste carte dovrebbero rappresentare una delle nuove misure di sostegno alle fasce di popolazione fragili, sempre più minacciate dall’inflazione e dalla crisi sociale di questi primi anni ‘20.

Che cos’è Dedicata a te?

Sorvolando sulla discutibile brandizzazione dell’intervento, “Dedicata a te” è una carta prepagata finalizzata all’acquisto di beni di prima necessità, specificamente alimentari, che prevede un contributo di 382,50 per il 2023. È rivolta a nuclei familiari con indicatore ISEE inferiore a 15 mila euro e contemporaneamente non beneficiari di altre misure di sostegno – Reddito di Cittadinanza o altre misure di contrasto alla povertà, sussidi di disoccupazione NASpi e Dis-Coll, indennità di mobilità, fondi di solidarietà per l’integrazione del reddito, cassa integrazione guadagni-CIG.

Dato il limite di 1,3 milioni di carte attivabili, è prevista per l’assegnazione del contributo una scala gerarchica di beneficiari, che ordina come destinatari prioritari dell’intervento i nuclei di almeno tre componenti con minori sotto i 14 anni; un gradino sotto i nuclei con minori in generale; ancora più in basso nella classifica quelli con tre componenti; per arrivare fino ai nuclei unipersonali, se e solo se segnalati dai servizi sociali territoriali, in caso di avanzo delle risorse.

L’iniziativa è promossa in prima battuta dal Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare. Il dispositivo carta prepagata, senza possibilità di prelievo, vincola anche il suo utilizzo alle sole attività commerciali convenzionate. Come in altri interventi, inoltre, non poteva mancare un elenco che limitasse la definizione di prodotto di prima necessità: dall’assoluto divieto di acquisto di bevande alcoliche a una lista puntuale di 22 tipi di prodotti che vanno dal pescato fresco alla carne, all’aceto di vino, all’olio alla farina (per consultare l’elenco: https://www.tag24.it/716585-cosa-posso-comprare-con-la-carta-dedicata-a-te/). Una definizione con sfumature che giungono al surreale, legittimate con una doppia argomentazione pubblica: da un lato come volontà di sostenere la domanda aggregata interna, possibilmente di prodotti nazionali, dall’altro come necessità paternalistica di controllo e disciplina dei consumi di popolazioni considerate irresponsabili nei loro comportamenti alimentari e non solo.

Cosa ci racconta “Dedicata a te” del contrasto alla povertà?

Come emerge da questa breve presentazione, la misura rappresenta un contributo marginale rispetto alle necessità crescenti all’interno della nostra società e un piccolo supporto ai bilanci familiari sempre più minacciati dal caro vita. Al tempo stesso, se guardata simultaneamente alla ristrutturazione delle misure di sostegno al reddito nel contesto italiano, indica varie direzioni ben precise che queste stanno assumendo. Sembrano fare passi indietro rispetto al percorso verso forme universalistiche di protezione che è stato tracciato dal Reddito di Cittadinanza, pur con tutte le sue criticità e storture punitive, condizionali e selettive.

La prima direzione è un ritorno alla frammentazione delle misure in questo ambito di policy – dato storico del nostro paese come ben sottolineato da Saraceno, Benassi e Morlicchio in La povertà in Italia (il Mulino, 2022). La moltiplicazione delle misure e con essa la moltiplicazione dei target a cui sono rivolte ha delle conseguenze precise. La categorialità degli interventi si accompagna costantemente alla costruzione sociale di una scala di meritevolezza dei gruppi che accedono a una o all’altra misura con diversi gradi di “colpevolezza” annessi per la condizione di bisogno dei beneficiari e per questo sottoposti a regimi differenti di condizionalità e generosità delle misure. Si assiste per l’appunto al ritorno alla ribalta dei poveri meritevoli classici, da Poor law vittoriane – anziani, minori, disabili – incolpevoli della propria condizione, opposti agli abili al lavoro – pigri, divanati, spendaccioni, dipendenti – immeritevoli di supporto per definizione, a meno che non accettino misure sempre più punitive e condizionali di accesso ai benefici.

La seconda tendenza è verso un’ulteriore frammentazione, ossia quella sulle molte dimensioni del fenomeno della povertà. Si espandono sempre di più interventi rivolti a singole dimensioni del fenomeno – di volta in volta la povertà alimentare, la povertà energetica e così via – perdendo di vista l’interconnessione di queste dimensioni e l’obiettivo della rimozione dei meccanismi di impoverimento nel loro complesso. Un’azione di contrasto alla povertà che si muove sempre di più in una politica dei bonus una tantum che tampona le crescenti situazioni di difficoltà sempre più visibili e al centro del dibattito pubblico, senza intaccare nel profondo l’annoso problema sociale.

Quella che si va a definire sembra nel suo complesso una politica di breve periodo e corto respiro dove l’intento principale è quello di gestire e governare gli impoveriti. Come sottolineato da Schram e colleghi in Disciplinare i poveri (Mimesis, 2022) «sebbene la povertà torni periodicamente alla ribalta nella vita pubblica come problema da risolvere, nella realtà i poveri sono sempre esistiti e continuano a esistere come soggetti da gestire e governare», ancor di più in una fase così aspra da un punto di vista sociale. Una politica di contrasto alla povertà sistemica che avesse l’aspirazione di emancipare i soggetti avrebbe bisogno di risorse adeguate e per un tempo lungo, all’opposto dell’una tantum caritatevole: in questo modo tali risorse si potranno trasformare in credibili punti di appoggio per i soggetti in condizioni di bisogno, per progettare reali percorsi di emancipazione dalla povertà e dalla vulnerabilità sociale, in reali prospettive di futuro e non in una mera sopravvivenza all’esistente.

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