martedì 20 agosto 2024

La Russia ormai utilizza dollari o euro per meno del 20% dei propri commerci

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Per la prima volta la quota di dollari e euro per il pagamento delle esportazioni di merci russe è scesa sotto il 20%, attestandosi al 17,6% nel secondo trimestre del 2024, come emerge dai dati della Banca Centrale russa, citati dal quotidiano economico russo RBC. Il dato trimestrale è sceso sotto il 20% per la prima volta dal 2019 (anno in cui per la prima volta la Banca Centrale ha presentato i dati valutari in un nuovo formato) e attesta gli effetti delle sanzioni occidentali verso Mosca sui commerci internazionali. Le ritorsioni occidentali contro il Cremlino, infatti, stanno portando ad una progressiva riduzione delle valute occidentali, in particolare dollari e euro, promuovendo la cosiddetta “de-dollarizzazione” dei commerci globali. In seguito all’imposizione delle sanzioni, per la Russia e altri Paesi non allineati alla politica estera di Washington, utilizzare le monete nazionali rappresenta un vantaggio, in quanto in questo modo le nazioni considerate «ostili» non possono monitorare i flussi di importazioni/esportazioni, né bloccare i pagamenti e quindi il commercio. Ciò prova come le sanzioni abbiano finito per promuovere un uso più diffuso di valute alternative, indebolendo allo stesso tempo la circolazione del biglietto verde, ma anche gli scambi commerciali tra la Russia e le nazioni occidentali in favore dei mercati asiatici.

In particolare, la riduzione della quota di dollari e euro nelle esportazioni si registra sia nei commerci con i Paesi europei che con quelli orientali: nel secondo trimestre del 2024, il regolamento degli scambi bilaterali con i Paesi europei nella valuta dei «Paesi ostili» era pari al 28,7%, 14,9 punti percentuali in meno rispetto a un anno fa, mentre la principale unità monetaria usata nelle transazioni con le nazioni europee sono stati i rubli che hanno raggiunto una quota del 60,5%. Similmente, anche negli scambi bilaterali con le nazioni asiatiche è diminuito l’uso di dollari e euro: la loro quota, infatti, nel secondo trimestre del 2024 ammontava al 14,7%, in diminuzione di 14 punti percentuali rispetto all’anno precedente. La quota maggiore, invece, è rappresentata dalle valute dei «Paesi amici» della Russia, che hanno raggiunto il 49,5%, mentre la quota del rublo è stata del 35,8%. L’uso del rublo è stato massimo negli scambi bilaterali con i Paesi dell’Africa, dell’Oceania e dei Caraibi, coprendo una quota pari rispettivamente al 59,4%, al 73,1% e al 92%. Le esportazioni verso gli Stati Uniti, invece, sono state ancora pagate prevalentemente in dollari: la quota del biglietto verde nel 2024 è pari al 74%, solo 1,5 punti percentuali in meno rispetto al secondo trimestre del 2023. La quota restante è rappresentata prevalentemente dal rublo, con il 23,3%.

Per quanto riguarda le importazioni, la valuta principale nel secondo trimestre dell’anno in corso è stata il rublo, la cui quota ha superato per la prima volta il 40% attestandosi al 42%. Viceversa, la quota di dollari e euro è scesa di 13,2 punti percentuali al 22,4%. In particolare, nello stesso periodo, i pagamenti per le importazioni dagli Stati europei sono stati regolari in prevalenza in rubli, con una quota del 55,5%, mentre dollari e euro hanno coperto una quota del 40,9%, vale a dire 7,2 punti percentuali in meno rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda le importazioni dai Paesi asiatici, invece, le valute delle nazioni «amiche» coprono la quota principale nella regolamentazione degli scambi, pari al 48,9%. La quota del rublo, invece, ammonta al 37,1%, con un aumento di 15,1 punti percentuali nel corso dell’anno, mentre la quota del dollaro e dell’euro è diminuita al 14%. Secondo il Servizio doganale federale, nella prima metà dell’anno, le importazioni dall’Asia hanno rappresentato il 66% del totale delle importazioni di merci in Russia, mentre le esportazioni verso l’Asia rappresentano il 75% del totale delle esportazioni russe, con un aumento di 6 punti percentuali rispetto al periodo precedente. Il riorientamento del commercio estero russo verso l’Asia è uno dei fattori che ha contribuito alla riduzione della quota di dollari e euro nel commercio del gigante eurasiatico.

Si tratta di dati che confermano la volontà di ridurre l’uso del dollaro e dell’euro negli scambi bilaterali per evitare che lo strumento valutario venga usato come arma di ricatto economico e geopolitico. Una tendenza che vede protagoniste anche le banche centrali le quali, per gli stessi motivi, hanno recentemente ridotto dollari e yuan nelle loro riserve valutarie aumentando le riserve auree. Il processo di “de-dollarizzazione” ha avuto un impulso significativo in seguito all’inizio della guerra tra Russia e Ucraina nel 2022 e prosegue tuttora con l’obiettivo di ridimensionare il peso e l’influenza del dollaro e del sistema finanziario occidentale sul resto del mondo e costruire un’architettura economica e geopolitica più equilibrata e multipolare.

[di Giorgia Audiello]

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