Israele nella notte ha colpito il Libano del sud con 100 raid aerei, sostenendo di aver attuato un ampio raid “preventivo” di un attacco di Hezbollah “su larga scala previsto alle ore 5 locali”.
Il portavoce dell’esercito di Tel Aviv ha spiegato che «L’Idf ha identificato l’organizzazione terroristica Hezbollah che si preparava a lanciare missili e razzi verso il territorio israeliano. In un atto di autodifesa per eliminare queste minacce, l’Idf sta colpendo gli obiettivi terroristici in Libano, da cui Hezbollah stava pianificando di lanciare i suoi attacchi contro i civili israeliani».
E’ appena il caso di ricordare che Hezbollah è una formazione politica che fa parte della coalizione che governa il Libano, dotata di una sua milizia (come tutte le altre formazioni locali), non un gruppo clandestino.
E
che, nel diritto internazionale, non esiste alcun “diritto di
autodifesa” che giustifichi “attacchi preventivi”. Un attacco militare,
condotto con cacciabombardieri, è un’aggressione pura e semplice. O
un’escalation in una situazione di guerra a bassa intensità.
Lo
stesso esercito israeliano, che in un primo momento aveva parlato di
“migliaia di lanciarazzi colpiti” ha ridimensionato parzialmente la
dimensione dell’attacco parlando di “40 basi”.
Il movimento sciita libanese ha risposto lanciando 320 razzi katiusha verso il nord di Israele, insieme a diversi droni carichi di esplosivo. In una dichiarazione, Hezbollah afferma di aver preso di mira 11 basi militari israeliane.
In Israele è stato anche riaperto l’aeroporto internazionale di Tel Aviv, chiuso ieri sera con decisione d’emergenza. In Libano si segnalano alcun vittime.
Gli Stati Uniti affermano di “seguire da vicino la situazione” e minacciano di intervenire a difesa di Israele.
Appare
evidente che i “colloqui” in corso al Cairo sul massacro in atto a Gaza
non hanno alcuna possibilità di produrre risultati e servivano soltanto
ad abbellire la convention “dem” di Chicago. Fonti palestinesi avevano
confermato ieri sera all’emittente libanese Al-Mayadeen, che «l’incontro al Cairo con la delegazione di Hamas non ha portato a progressi evidenti».
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