«Ma è proprio me che offendono – oracolo del Signore – o non piuttosto se stessi, a loro stessa vergogna?».
(Lorenzo Palaia – lafionda.org)
Così le parole del Signore per bocca del profeta Geremia (Ger 7,19), di fronte a un popolo che lo aveva abbandonato rivolgendosi a idoli stranieri, sacrificando per combustione i bambini alla divinità Baal e delinquendo senza freni nei modi peggiori. Così facendo il popolo umilia se stesso, vuole dire il profeta, non Dio. Tantomeno, riportandoci all’oggi, può essere offeso il suo Inviato, Gesù, già umiliato in ogni maniera che la cattiveria umana del suo tempo potesse concepire. Sia chiaro quindi, Dio non si offende, ma i suoi fedeli sì lo possono, e i vescovi francesi hanno fatto bene a dolersi al posto dei circa due miliardi e mezzo di cristiani che potrebbero essere stati turbati dalla parodia della cena del Signore (o della rappresentazione che ne fa Leonardo) andato in scena in mondovisione in apertura delle Olimpiadi parigine.
Ciò è accaduto non casualmente in Francia, che del vilipendio della religione – ad esempio attraverso la rivista Charlie Hebdo che scatenò reazioni molto violente da parte di alcuni musulmani – ne ha fatto una bandiera di libertà. Certamente vi erano stati altri casi di vilipendio dell’islam in paesi scandinavi come la Danimarca e la Svezia, anche di recente con i roghi del Corano, che avevano suscitato la solidarietà dei cristiani come ora il caso francese ne ha suscitata da parte di credenti in altre fedi. Essendo del resto Gesù venerato come profeta dai musulmani la scenetta può aver offeso anche loro. Tuttavia oltre l’offesa, di cui non ci curiamo dato che Dio fa altrettanto, qui si ravvisa qualcosa in più cui forse non esiste rimedio.
Non si tratta infatti solo di ciò che appare a prima vista, già di per sé di cattivo gusto: la derisione dell’ultimo momento di un di lì a poco condannato a morte in compagnia dei suoi amici, la dissacrazione quindi di ciò che è più sacro (la vita umana) per mezzo di una forma espressiva basata sullo scimmiottamento a buon mercato dei codici gender fluidity, che stando ai media sembrerebbe oggi la preoccupazione principale di questa nostra società. Si tratta anche del fatto che la parodia di un simbolo di ciò che la civiltà occidentale è, o è stata, è tutto ciò che questa ha da offrire al mondo per presentarsi.
E in effetti è proprio così: essa è diventata la parodia di se stessa o di ciò che era. È un carnevale permanente, in cui il brutto diventa bello e il cattivo buono, il falso vero e l’ingiustizia giustizia, l’ignoranza viene presentata come sapienza e la guerra come pace.
Così è possibile comprendere come il Fondo Europeo per la Pace possa servire a fabbricare munizioni, come possano essere censurati organi di stampa e arrestati giornalisti in nome della libertà di informazione, come uno Stato venga messo sotto tutela e spinto contro un altro in nome della libertà di autodeterminazione del suo popolo. Si comprende come l’accentramento del potere nelle mani dei burocrati venga chiamato democrazia, l’austerità perseguita in nome del benessere, la coscienza degli uomini e delle donne schiavizzata dalla pubblicità e dalle merci, la mercificazione della vita giustificata con la sicurezza sociale, l’ignoranza mascherata di progresso, l’asservimento del lavoro al capitale travestito di interesse generale.
Il travestimento per parodiare se stessi, essenza del carnevale, è oggi la realtà stessa di questa nostra parte di mondo che non ha più niente da dire né a se stessa né agli altri. Dobbiamo solo sperare che qualcun altro accolga in eredità i mille anni e più di pensiero di grande valore che l’Occidente ha prodotto.
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