Un’altra infornata di cassa integrazione, mentre il presidente John Elkann parla agli azionisti dei “traguardi significativi” di Stellantis nel 2023 e descrive l’anno in corso come “fantastico”.
ilfattoquotidiano.it Andrea Tundo
Per capire come Mirafiori
sia diventata la periferia dell’impero, bisogna partire dalla
contemporaneità degli annunci.
Cosa accade nello stabilimento di Torino
durante il discorso dell’erede della dinastia Agnelli sulle performance
del gruppo? Arriva la comunicazione di un nuovo stop collettivo con tutti gli oltre 2.000 lavoratori della 500 elettrica e della Maserati che saranno in cassa integrazione dal 22 aprile al 6 maggio compreso.
Una “doccia fredda”, la definisce Sara Rinaudo della Fismic che dimostra come la manifestazione unitaria dello scorso venerdì “fosse un reale grido d’allarme e non un allarmismo”. Mentre per il segretario generale della Fiom Torino, Edi Lazzi, e il responsabile di Mirafiori per i metalmeccanici Cgil, Gianni Mannori,
è la prova plastica che “abbiamo proprio fatto bene a fare lo sciopero”
e la nuova richiesta di cassa integrazione “dimostra che abbiamo
ragione a richiedere nuovi modelli”, altrimenti “l’unica cosa certa è il
continuo utilizzo degli amministratori sociali”.
Attualmente a Mirafiori la cassa coinvolge i 1.260 operai della carrozzeria dove si produce la 500 elettrica mentre è in vigore il contratto di solidarietà
fino a dicembre, a rotazione, per i 960 dipendenti della linea della
Maserati.
La richiesta quindi si allarga. Del resto, i numeri delle auto
assemblate a Mirafiori nel primo bimestre sono disastrosi con appena 12mila vetture sfornate, il 50% in meno dello stesso periodo del 2023.
L’incontro con l’ad Carlos Tavares (stipendio 23,5 milioni di euro ndr), richiesto dall’azienda alla vigilia dello sciopero, non ha portato alcuna novità sulle produzioni nei prossimi anni.
Secondo i sindacati a Mirafiori servirebbe assemblare 200mila unità all’anno per saturare l’impianto riportando al lavoro a tempo pieno tutti i dipendenti. “È necessario aprire una vera trattativa a palazzo Chigi con il governo, Stellantis e i sindacati
che metta al centro Mirafiori, ma che parli anche degli altri
stabilimenti italiani, pena la perdita dell’auto nel nostro Paese”,
sottolineano i due rappresentanti della Fiom. Anche Luigi Paone, segretario generale Uilm Torino, chiede un intervento del governo e parla dei nuovi modelli come qualcosa di “vitale importanza” per “la sopravvivenza
stessa dello stabilimento”. Il punto resta: al gruppo franco-italiano
quanto interessa davvero di Mirafiori e dell’Italia, al di là dei
proclami?
Proprio mentre l’azienda comunicava la nuova cassa a Mirafiori, interessata anche dal piano di uscite volontarie con 1.500 esuberi, il presidente Elkann ha presentato i conti all’assemblea degli azionisti ad Amsterdam: “Il 2023 è stato un anno caratterizzato da nuovi progetti e traguardi significativi
per Stellantis”, ha detto l’erede della dinastia Agnelli aggiungendo
poi che il 2024 sarà invece “impegnativo” con
“alcuni aspetti positivi e
naturalmente degli ostacoli” ma si tratterà di
“un altro anno fantastico con ottimi prodotti”.
Quindi l’elenco delle vetture che dovranno dare corpo alle sue parole.
Neanche una è prodotta in Italia.
Nessun commento:
Posta un commento