mercoledì 8 gennaio 2025

Gas, gli speculatori scommettono sui guerrafondai.

Il prezzo del gas torna a infiammarsi. La Borsa di Amsterdam lo dava ieri a 47 e nei giorni scorsi oltre i 50 euro al megawattora, un incremento di oltre il 60% in un anno e quasi la metà nelle ultime settimane. Ne risentono anche i pochi rimasti nel cosiddetto mercato “tutelato”.

Con aumenti in bolletta intorno al 3 percento. E la notizia è che per il 2025 Goldman Sachs prevede un boom ulteriore del prezzo, a 84 euro e oltre.

La miccia, stavolta, è stata la decisione di Volodymyr Zelensky di non rinnovare il contratto che consentiva al gas russo di transitare in territorio ucraino per raggiungere i paesi Ue. Per sbloccare la situazione, l’ungherese Orbán e gli altri simpatizzanti di Putin minacciano l’interruzione di elettricità che dall’Europa va in Ucraina. Ma il leader ucraino per adesso resiste, forte dell’appoggio americano.

La nascente amministrazione Trump, infatti, sarà anche intenzionata a far la pace militare con la Russia ma non intende rinunciare alla guerra commerciale con il mondo, da tempo fondata sul cosiddetto “friend shoring”.

Questo obbliga l’Europa a diradare i rapporti commerciali con i “nemici” d’Oriente e a intensificarli con gli Stati Uniti e gli altri “amici” della Nato, a partire dalle forniture di energia.

Con il blocco dei transiti di gas russo, dunque, Zelensky non fa che applicare fedelmente la dottrina americana del “friend shoring”. E da questo punto di vista non è isolato. La nuova Commissione Ue di Ursula von der Leyen guarda sempre più a destra alla ricerca di stabili alleati. Magari anche di simpatie fasciste, purché ancorati alla dottrina commerciale americana. Il governo Meloni è il prototipo ideale.

Viene da chiedersi perché negli Stati Uniti i presidenti cambiano ma la dottrina del “friend shoring” resta. Il motivo è semplice: l’economia americana resta afflitta da un pesante debito verso l’estero e l’establishment è convinto che l’unico modo per affrontarlo siano le barriere protezioniste.

Il problema è che la guerra commerciale scatena una ridda di azioni e reazioni, che di solito non attenua ma al contrario intensifica la guerra militare. Sta anche qui la contraddizione del sedicente “pacifismo trumpiano”.

In un tale scenario, non deve meravigliare che il prezzo del metano schizzi nuovamente alle stelle. Né deve sorprendere che l’oro stia salendo come non accadeva da decenni.

Il motivo di questi sommovimenti sui mercati, in ultima istanza, può esser sintetizzato in un unico fatto: ancora una volta, gli speculatori stanno scommettendo sui guerrafondai, economici e militari.

I professionisti della finanza puntano cioè sull’inasprimento delle lotte commerciali e quindi su ulteriori aumenti dei prezzi. Pertanto si fanno prestare capitali, comprano gas, oro e simili, attendono gli auspicati rialzi, quindi vendono, restituiscono il prestato con gli interessi e si tengono i colossali guadagni netti di capitale.

Il mondo si infiamma, le bollette salgono, e intanto quelli brindano.

Certo, qualche ottimista potrà confidare nella soluzione avanzata dal ministro italiano dell’energia: Pichetto Fratin ha dichiarato che è tempo di ridiscutere del “tetto” europeo al prezzo del gas.

Il problema è che i precedenti non alimentano buone speranze. Quando nel 2022 il prezzo del gas superò i 300 euro, il governo Draghi avanzò l’ipotesi di un limite massimo ma i cantori del “laissez faire” si misero sulle barricate.

La loro resistenza non fu vana. Nell’entusiasmo del’ex ministro draghiano Cingolani, alla fine l’Ue riuscì ad approvare un limite a 180. Ma a quel punto non serviva più a nulla: il prezzo di mercato del gas era intanto crollato a 80 euro.

Si è detto, argutamente, che la tragedia stimola il senso del ridicolo. Cingolani fu perfetto interprete della massima. C’è da scommettere che Pichetto Fratin non sarà da meno.

* da il manifesto

Nessun commento:

Posta un commento