sabato 12 ottobre 2024

Pepe Escobar - La Palestina potrebbe essere il catalizzatore di un Rinascimento islamico?

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di Pepe Escobar –  Strategic Culture

[Traduzione a cura di: Nora Hoppe]

 

ISTANBUL – Tra le innumerevoli analisi in tutte le terre dell'Islam sul profondo significato del fatidico Al-Toofan (L'Alluvione di Al-Aqsa) del 7 ottobre 2023, spicca un ciclo di conferenze a Istanbul all'inizio di questa settimana, compreso il 7 ottobre, intitolato Palestina: il perno del rinascimento della civiltà, collegato al Forum di Kuala Lumpur per il Pensiero e la Civiltà.

Si tratta di un partenariato Malesia-Turchia: Il sud-est asiatico incontra l'Asia occidentale, un'illustrazione grafica del mondo multinodale che si riunirà tra meno di due settimane a Kazan, capitale della Russia musulmana, per il tanto atteso vertice BRICS sotto la presidenza russa. E' significativo che la centralità di Gaza non sia stata discussa a Doha, Riyadh o Abu Dhabi, che avrebbero tutti fondi illimitati per ospitare tali discussioni.

Istanbul a fornito un'occasione unica per mettere a confronto le riflessioni di Osama Hamdan, in rappresentanza di tutta la Resistenza palestinese; di Numan Kurtulmus, speaker del Parlamento turco; del diplomatico di punta di Hamas Khaled Meshaal, che ha parlato da Doha della “vittoria strategica” della Resistenza. A tutto ciò si è aggiunto il forte messaggio del dottor Mahathir Mohammad, ex primo ministro malese e presidente del Forum di Kuala Lumpur.

Dott. Mahathir ha sottolineato che una soluzione valida sarebbe “una forza di pace delle Nazioni Unite a Gaza che li protegga”. Il problema principale è che la Ummah “non ha un'alternativa al potere di veto delle Nazioni Unite.” Per questo “i Paesi musulmani devono fare squadra – perché non ci sono mezzi per fare pressione su Israele”.

A dimostrazione dell'appello di Mahathir, le nazioni a maggioranza musulmana sono responsabili solo del 6% del PIL globale e del 6% degli investimenti, pur ospitando il 25% della popolazione mondiale.

Mahathir ha proposto audacemente: “Possiamo negare il nostro petrolio al resto del mondo” e “ritirare i fondi investiti in obbligazioni in dollari, costringendo così l'Occidente ad agire” a Gaza. Ora cercate di convincere MbS a Riyadh e MbZ ad Abu Dhabi.

 

“Concentriamo sulle organizzazioni popolari. Lasciamo perdere i governi”

L'indiscutibile Sami al-Arian, palestinese nato in Kuwait, direttore del Centro per l'Islam e gli Affari Globali (CIGA) presso l'Università Sabahattin Zaim di Istanbul, e la cui sorprendente storia di vita include la persecuzione e l'isolamento negli Stati Uniti come “sospetto terrorista”, ha riassunto l'impotenza delle élite politiche arabe quando si tratta di Palestina: dopo tutto il mondo arabo “è l'anello più debole a livello globale” – con 63 basi militari soltanto in Asia occidentale controllate dal CENTCOM. E ancora, “quale altra causa può galvanizzare il mondo intero a parte la Palestina?”.

Al-Arian ha sottolineato che l'Alluvione di Al-Aqsa “ha messo a nudo il mondo arabo”, poiché la distruzione della Palestina è stata “imposta per fare di Israele l'egemone regionale”. C'è nondimeno un barlume di speranza: “Guardate tutte le cose che ci dividono. Dovremmo concentrarci sulle organizzazioni popolari. Lasciamo perdere i governi.”

Al-Arian, che vive e lavora a Istanbul, ha affrontato di petto uno dei temi chiave della conferenza: la complessa relazione tra la Turchia e l'Occidente: “La Turchia sta con l'Occidente, fondamentalmente. Non c'è un sostegno al 100% per i palestinesi. Molti sono ancora soggetti a nozioni di orientalismo.” Ha anche ricordato come 35 future nazioni vivevano in pace all'interno dei confini dell'Impero Ottomano, che si estendeva per 35 milioni di chilometri quadrati.

Per la Palestina, Al-Arian vede tre possibili scenari:

 

  1. La continuità delle “illusioni di Netanyahu”. Non c'è “nessuna prova” che gli Stati Uniti si stiano opponendo a nessuna di esse. Non c'è “nessuna deterrenza a parte l'Asse della Resistenza”.

 

  1. Negare queste illusioni è difficile perché “Israele ha i regimi [arabi] dalla sua parte. Eppure Israele deve essere impegnato su tutti i fronti”. La Palestina “è il simbolo di tutto ciò che è giusto”, e “non è un simbolo solo per i palestinesi”. È imperativo “smantellare la struttura sionista, e la Palestina non può farlo da sola”.

 

  1. Il terzo scenario non è più così inverosimile – considerando le imminenti elezioni presidenziali statunitensi: “Gli Stati Uniti potrebbero scegliere di rimuovere Netanyahu”, come i Democratici terrorizzati di perdere a causa della spirale bellica del gabinetto Netanyahu.

 

 

Uno Stato di Giudea fuori controllo

Da diverse conversazioni con studiosi e ricercatori provenienti da Egitto, Sudan, Pakistan, Malesia, Mauritania e Bosnia è emerso un certo consenso.

 

– Quando Israele vede gli altri come “amalek” o inferiori, non ci sono altri confini possibili.

 

– Se Israele crolla, sarà un bene per tutti in Asia occidentale: non ci sarà più uno strumento per dividere e governare.

 

E poi ci sono le divisioni interne di Israele. Lo storico israeliano con sede nel Regno Unito Ilan Pappé, autore del fondamentale La pulizia etnica della Palestina, ha offerto una sbalorditiva analisi concisa dello scontro tra lo Stato di Giudea e lo Stato di Israele, in quanto i palestinesi sono visti come un ostacolo per una coalizione messianica neo-sionista che porta all'estremo l'ideologia coloniale dei coloni.

Pappé sostiene che il successo dello Stato di Giudea nelle elezioni del novembre 2022, che si è allineato con Netanyahu, ha infranto il mito di Israele come “occupante progressista” e “liberale” che fa pulizia etnica. È impossibile conciliare tutto questo con il genocidio”.

Pappé ha sottolineato come “vogliano attuare rapidamente la loro idea, eliminando ogni parvenza di legalità”, compresa la creazione di un “nuovo ministero per la Cisgiordania per intensificare la pulizia etnica”.

E la situazione è destinata a peggiorare. Il pericoloso pazzoide e ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato alla rete franco-tedesca ARTE che “voglio uno Stato ebraico che comprenda Giordania, Libano e parti di Egitto, Siria, Iraq e Arabia Saudita. Secondo i nostri più grandi saggi, Gerusalemme è destinata a estendersi fino a Damasco.”

Il punto cruciale, aggiunge Pappé, è che nella società israeliana dopo al-Aqsa, “lo Stato di Giudea sta prendendo il sopravvento – esercito, servizi di sicurezza, polizia”. La loro base elettorale sostiene una guerra regionale. Pappé è categorico: “Lo Stato di Israele è già scomparso. E lo Stato di Giudea è uno Stato suicida. Più di 500.000 israeliani se ne sono già andati e potrebbero essere 700.000. Genocidio e pulizia etnica sono ormai fatti accertati.”

La “mancanza di coesione sociale” in una “società profondamente divisa” sta portando alla “disintegrazione violenta” di Israele.

 

 

Confrontarsi con l'Atrocità Inc.

Il Prof. Mohammad Marandi dell'Università di Teheran, nel suo intervento alla conferenza e in diverse conversazioni private, ha offerto la sintesi essenziale di tutto ciò che è in gioco tra Palestina, Libano e Iran. Queste saranno sicuramente le sue intuizioni chiave.


Sulla resistenza e la responsabilità personale:

 

    “In un certo senso i più grandi eroi sono i libanesi, che si mettono volontariamente in pericolo. Poi, naturalmente, abbiamo Ansarallah in Yemen, che ha chiuso le porte del commercio al regime israeliano, e lo ha fatto a un prezzo enorme. Allo Yemen, agli Hezbollah sono state offerte concessioni straordinarie dagli americani, ma hanno rifiutato (...) Il regime israeliano bombarda contemporaneamente la Siria, regolarmente, perché sostiene la Resistenza. È in grado di fare tutto questo da solo? Certo che no. Ha il sostegno dell'Occidente collettivo. Che si tratti di raccolta di informazioni, di aiuti tecnologici, di coperture politiche o di armi. Senza l'Occidente, il regime israeliano fallirebbe. Io ho incoraggiato le persone, come individui, a smettere di acquistare beni prodotti nei Paesi occidentali. Come individui, anche noi abbiamo una responsabilità.”

 

Sulla pazienza strategica dell'Iran:

 

    “A Teheran stiamo aspettando che il regime israeliano colpisca. E l'Iran risponderà più duramente. Quando il regime ha bombardato il consolato iraniano a Damasco, sapevamo che senza la Siria sarebbe stato molto difficile sostenere Hamas, la Jihad islamica e Hezbollah. E le conseguenze del 7 ottobre sarebbero state molto più gravi di quelle che vediamo oggi. Dopo il bombardamento di Damasco, l'Iran ha reagito. Alcuni hanno detto che non era sufficiente. Ora sappiamo tutti che l'obiettivo degli iraniani era quello di raccogliere informazioni sulle capacità di difesa antiaerea e missilistica. E ne abbiamo visto il risultato la scorsa settimana. Se il regime colpirà Teheran, vedrà qualcosa di molto peggio. Sono ottimista per il futuro, anche se i giorni e i mesi a venire saranno dolorosi.”

 

Sull'assassinio di Sayyed Nasrallah:

 

    “Sono andato in Libano non appena sono iniziati i bombardamenti di Shock and Awe. Ero lì prima che Hassan Nasrallah, il grande martire della Resistenza, fosse assassinato. Ero letteralmente a mille metri di distanza quando hanno colpito. Hanno ucciso centinaia di persone e fatto crollare sei torri di appartamenti per uccidere Sayyed Hassan. Questo è ciò che il regime israeliano è disposto a fare. È brutale, è illegittimo, non possiamo avere rapporti con un regime illegittimo. I media occidentali raccontano una storia incredibile e disonesta.”

Molti dei temi incandescenti discussi nella conferenza sono stati incanalati al Centro per l'Islam e gli Affari Globali (CIGA) dell'Università Zaim, quando Max Blumenthal di The Grayzone ha presentato il suo nuovo documentario Atrocity Inc: How Israel Sells the Destruction of Gaza: [Atrocity Inc: Come Israele vende la distruzione di Gaza] un lungo reportage che sviscera la principale narrazione israelo-americana del dopo 7 ottobre, la bufala dei “bambini decapitati”, essenziale per creare consenso in Occidente al genocidio di Gaza.

Il ciclo di conferenze a Istanbul ha chiarito alcune cose. È impossibile contare sui regimi arabi corrotti – l'anello debole – per fermare il genocidio di Gaza, ora esteso ai bombardamenti seriali sul Libano. È impossibile che gli estremisti psicopatologici talmudici di Tel Aviv si impegnino nella diplomazia – se non con la forza militare.

Tuttavia, potrebbe essere possibile che un'ondata di opinione pubblica in tutta la Maggioranza Globale spinga l'imposizione di severi vincoli pratici all'Atrocità Inc. – ad esempio, lo strangolamento economico – e quindi, in ultima analisi, contribuisca a plasmare l'avvento di una Palestina sovrana in un valido cardine della rinascita della civiltà islamica.

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