mercoledì 27 marzo 2024

La Russia incombe, torniamo alla leva obbligatoria?

Dai Baltici alla Polonia il ritorno della leva. L’Alleanza rafforza il fianco Est con 100 mila uomini. Ma servono più soldati, i Paesi Baltici rompono il tabù e chiedono a tutti di reintrodurre il servizio militare.


(USKI AUDINO – lastampa.it)

BERLINO. Mentre la Russia alza i toni accusando i «servizi segreti occidentali» per l’attentato a Mosca, e la Nato fa sapere in via ufficiosa di aver portato il corpo di reazione rapida da 40 mila a 100 mila uomini sul fianco orientale, in Europa comincia a prendere quota il dibattito sulla reintroduzione del servizio di leva.

«C’è la necessità di un serio dibattito sulla coscrizione» ha esordito il presidente della Lettonia Edgars Rinkēvičs in un’intervista al Financial Times: «Nessuno vuole combattere. Ma nessuno vuole nemmeno essere invaso», ha proseguito il presidente della piccola Repubblica che confina con la Russia. I tre Paesi Baltici hanno tutti un servizio di leva obbligatorio per gli uomini. L’ultima a reintrodurlo è stata proprio la Lettonia lo scorso anno, dopo averlo abolito nel 2006. La Lituania lo aveva già fatto nel 2015, mentre l’Estonia non l’aveva mai sospesa. La Danimarca lo scorso 13 marzo invece ha annunciato di voler percorrere la strada di Svezia e Norvegia, cioè estendere la leva obbligatoria anche alle donne a partire dal 2026.

Finora la componente femminile, che rappresentava il 25% del totale, poteva prestare soltanto servizio volontario nell’esercito. Il periodo di coscrizione sarà inoltre portato da quattro a undici mesi, con l’obiettivo finale di aumentare il numero degli effettivi e il livello di preparazione. «Non ci riarmiamo perché vogliamo la guerra, ci riarmiamo perché vogliamo evitarla» ha detto la premier danese Mette Frederiksen. A certe latitudini, va detto, la guerra si sente più vicina. È il caso della Germania. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius da mesi insiste per aprire un dibattito sulla reintroduzione di un servizio di leva. Con la sua usuale schiettezza, in un incontro ad Amburgo, il ministro ha messo il dito nella piaga: «Siamo pronti “noi” a difendere questo Paese in caso di emergenza? E chi è questo “noi”»? La piaga si chiama fuga dall’esercito. Tra il 2022 e il 2023 sono uscite dall’esercito professionale tedesco circa 2000 persone. Dalla fine della leva obbligatoria nel 2011 sono attivi nell’esercito 184.000 soldati, riferisce il ministero della Difesa, ma dovrebbero essere 203.000. Una meta ancora realistica? Si è chiesto lo stesso ministro. Se la reintroduzione della coscrizione obbligatorio in Germania non è imminente «si tratta comunque di trovare un punto da cui partire», sostiene Pistorius. La palla per ora è stata raccolta dai giovani della Cdu, la Junge Union, che hanno proposto un mix di leva obbligatoria e volontaria per uomini e donne dove «solo coloro che sono più adatti possono essere arruolati». Sulla leva la Germania guarda al modello svedese. La Svezia – che l’ha reintrodotta nel 2017 dopo averla sospesa nel 2010 – si comporta così: a 18 anni fa compilare un questionario formulato dalla Commissione di leva. Dei circa 110.000 che rispondono, solo una piccola parte, circa 28.000, ricevono l’invito a sottoporsi alla visita medica. Di questi appena 8000 vengono selezionati per l’addestramento fino a 15 mesi. Chi fa obiezione di coscienza viene invece indirizzato all’equivalente del servizio civile obbligatorio.

In Francia il modello è diverso, ma il dibattito è super attuale. Il servizio di leva è stato abolito nel 1997 ma ora, su proposta del presidente Macron, è stato istituito un Service national universel (Snu) che dovrebbe diventare presto obbligatorio. Lo Snu è solo vagamente assimilabile a un servizio di leva e si rivolge agli adolescenti tra i 15 e i 17 anni. Nella prima parte – che sarà obbligatoria – si prevede un soggiorno di due settimane fuori dal proprio dipartimento per ricevere una formazione sportiva e civica. La seconda parte, facoltativa, prevede una missione di “interesse generale” di 12 giorni al termine della quale vengono fatte proposte di formazione più concrete. Nel 2023 hanno partecipato allo Snu 40.000 ragazzi. L’intento del presidente francese è «incoraggiare la partecipazione e l’impegno nella vita della nazione, per rafforzare la coesione sociale». La bellicissima Polonia, invece, non prevede a oggi alcun servizio militare obbligatorio. L’esercito polacco però è diventato sotto il governo del Pis un datore di lavoro più attraente, triplicando il numero degli attivi e portandoli a 164.000 unità.

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