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«Israele è una democrazia e ha il diritto di difendersi». Questa è la
puerile argomentazione utilizzata da buona parte di politici e
giornalisti per affrontare il conflitto in Palestina. Chiunque osi
raccontare quel che è avvenuto negli ultimi decenni viene descritto come
filo-Hamas, come un giustificazionista. Stesso schema utilizzato dalla
propaganda del blocco occidentale alla vigilia dell'intervento in
Afghanistan quando chi si opponeva a quella guerra veniva descritto come
filo-talebano. Per non parlare della narrazione bellicista portata
avanti dal sistema politico e mediatico d'establishment sulla guerra in
Ucraina. Chi chiedeva un negoziato, chi era contrario all'invio di armi,
chi ricordava i morti dal 2014 al 2022 veniva insultato: “putiniano
d'Italia, collaborazionista del Cremlino, pacifinto”. Mai abbiamo
assistito ad un appiattimento politico e culturale come quello che
caratterizza i nostri giorni. Il pensiero critico va disinnescato. Il
dissenso (anche quando è maggioritario nel Paese) va denigrato. La
Storia non va considerata. Eppure c'è stato un tempo in cui la politica
non aveva così paura di prendere posizione, un tempo in cui gli
intellettuali erano pronti a schierarsi, un tempo in cui atlantismo ed
europeismo erano cose diverse. Un tempo in cui il conformismo esisteva
sì, ma non ne eravamo circondati al punto da non poter più respirare.
Prefazione di Piergiorgio Odifreddi.
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