mercoledì 27 marzo 2024

Di Battista: “L’escalation europea e la rana bollita di Chomsky”

A furia di giocare con il fuoco ci si brucia, sperando che quel fuoco non sia mai nucleare.

(ALESSANDRO DI BATTISTA – ilmillimetro.it)

Nessuno sa che la guerra in Ucraina si trasformerà in un conflitto diretto tra Nato e Russia. Quel che è certo è che nessun leader europeo sta davvero lavorando affinché ciò non avvenga. Oltretutto si tratta di leader claudicanti politicamente e, a mio avviso, non all’altezza di gestire momenti così cruciali e potenzialmente pericolosi per tutti i cittadini europei, dal Portogallo agli Urali.

La rana bollita di Chomsky

Pare ormai evidente che l’establishment europeo stia attuando una precisa strategia politico-mediatica per abituare i cittadini ad un coinvolgimento bellico maggiore. Viene in mente la teoria della rana bollita di Noam Chomsky. Immaginate di avere una pentola d’acqua fredda e di metterla sul fuoco. Nella pentola c’è una rana che nuota. La temperatura sale lentamente. L’acqua diventa tiepida e la rana apprezza. Poi diventa calda, molto calda, troppo calda. La rana nuota e spreca energie. Inizia a star male ma non si preoccupa eccessivamente. Si abitua e continua a nuotare.

Poi l’acqua diventa bollente. La rana sta male ma non ha più le forze per fare un salto, uscire dalla pentola e salvarsi la vita. Alla fine, muore bollita. Se quella stessa rana fosse stata messa in una pentola con acqua già bollente, avrebbe immediatamente percepito il pericolo e con un colpo di zampa si sarebbe salvata. Da due anni gli europei vengono trattati come la rana. Immersi in una pentola di acqua fredda che è divenuta via via sempre più calda.

Se all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina ci avessero detto che la strategia delle sanzioni non avrebbe fatto crollare l’economia russa, che l’esercito russo non fosse composto da un branco di incapaci inclini alla diserzione, che l’industria bellica di Mosca fosse fiorente (e probabilmente più efficiente di quella europea) e che qualsiasi tentativo di negoziato sarebbe stato sabotato dalla Gran Bretagna e dagli USA, non dal Cremlino, probabilmente ci saremmo preoccupati, spaventati e, chissà, avremmo dato un colpo di coda quantomeno all’interno delle cabine elettorali.

E, invece, no. In questo stadio di preoccupante belligeranza ci hanno trascinato lentamente. Il tutto grazie ad una strategia bellicista realizzata attraverso menzogne, omissioni, patetiche fake news e criminalizzazione del dissenso.

L’industria delle armi

In principio furono le armi difensive (“Continueremo a fornire armi difensive all’Ucraina”, Biden, 22 febbraio 2022), poi abbiamo inviato a Kiev armi sempre più distruttive capaci di colpire a fondo il territorio russo. In principio le sanzioni alla Russia (che hanno colpito la Germania più di Mosca) avrebbero dovuto costringere Putin a sedersi al tavolo dei negoziati.

Poi le sanzioni si sono vi via trasformate in una chiara strategia geopolitica realizzata nell’interesse di Londra e Washington (ovvero la separazione della Russia dall’Europa) e Zelensky, oltretutto, ha proibito per decreto di trattare con la Russia fino a che al Cremlino ci sarà Putin. In principio Macron appariva dialogante, indipendente, pacifista (“Può essere utile lasciare aperta la strada del dialogo con Putin”, 25 febbraio 2022) poi si è via via trasformato in uno dei leader europei più guerrafondai ed è arrivato addirittura ad ipotizzare l’invio di truppe di terra Nato sul suolo ucraino.

Mentre ci raccontavano dell’imminente esaurimento delle scorte belliche di Mosca (celebre fu il discorso della Von der Leyen sui soldati russi intenti a smontare frigoriferi e lavatrici per ottenere componentistica militare) ad esaurirsi erano le scorte di armi dei paesi occidentali per la gioia dei grandi produttori di armi, multinazionali belliche per lo più nordamericane.

Il 10 gennaio del 2023, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg disse: «È vero, i Paesi della Nato e dell’Ue hanno esaurito le loro scorte per fornire aiuti all’Ucraina. Ed è stata la cosa giusta da fare, perché si tratta della nostra sicurezza. Ora la soluzione è aumentare la produzione di armamenti e i ministri della Difesa della Nato hanno preso la decisione di aumentare lo stock». Stoltenberg, oltre a guidare la Nato – un’organizzazione militare offensiva che risponde agli interessi di Washington – è stato per due volte premier norvegese.

La Norvegia, lo rammento, è uno dei paesi che si sono arricchiti di più grazie alla strategia delle sanzioni contro la Russia. Gran parte del gas russo venduto in Europa, infatti, è stato sostituito dal gas norvegese. Ad ogni modo nel gennaio 2023 Stoltenberg, rilanciando evidentemente le richieste statunitensi, ha dettato la linea ai paesi Nato. Comprate più armi!

Quattro mesi dopo (maggio 2023) Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, in pratica il Ministro degli Esteri dell’Ue, ha rincarato la dose: «Spese Pnrr per armi? Non c’è scelta, è la guerra. Nessuno vuole le armi. Io sono il primo ma le persone che sono al comando, parlamentari, politici di alto livello, sia nazionale che europeo devono mandare un messaggio: non abbiamo voluto questa guerra, non la stiamo cercando ma la guerra è una realtà e la dobbiamo affrontare».

Effettivamente alcune settimane dopo, il Parlamento europeo ha votato, su proposta della Commissione, una risoluzione che chiedeva di utilizzare una parte dei fondi del Pnrr (il fondo creato per fronteggiare le conseguenze della pandemia) per acquistare armi da inviare a Kiev.

Nessuna dichiarazione di pace

Mentre Stoltenberg e Borrell sostenevano la nuova corsa al riarmo, Mario Draghi pronunciava parole molto gravi«Kiev deve vincere o per l’Ue sarà la fine. Accettare una vittoria russa o un pareggio confuso indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e manderebbe un messaggio agli autocrati che l’Ue è pronta a scendere a compromessi su ciò che rappresenta, su ciò che è». Per Draghi l’obiettivo in Ucraina non è la Pace, ma la sconfitta militare della Russia.


Ed è, oltretutto, un obiettivo esistenziale europeo. Si tratta di affermazioni pericolosissime. Inoltre, Draghi (in lizza come successore dello stesso Stoltenberg alla guida della Nato) sostiene che l’Europa non debba scendere a compromessi su ciò che rappresenta.

Purtroppo, l’Unione europea, dopo aver dato di fatto copertura politica ai criminali fanatici israeliani che stanno da mesi massacrando un intero popolo, non può più ostentare alcun valore morale. Agli occhi di una parte consistente del mondo, l’Unione europea è un’organizzazione ipocrita che ha varato 13 pacchetti di sanzioni alla Russia e non ha mosso un dito per fermare un chiaro tentativo di pulizia etnica da parte israeliana.

Ad ogni modo alle parole di Draghi, e della von der Leyen, che più volte ha sostenuto come obiettivo la vittoria di Kiev, si è agganciato Macron quando ha detto che inviare truppe di terra dei paesi Nato in Ucraina era una possibilità. L’escalation militare è accompagnata da una pericolosissima escalation verbale realizzata probabilmente per abituare le pubbliche opinioni europee ad un intervento diretto.

«Come si fa a dire che la Russia non può vincere la guerra e porsi dei limiti a priori?». Macron ha posto questa domanda il 16 marzo scorso in aereo mentre tornava da Berlino dopo aver incontrato il cancelliere tedesco Scholtz e il premier polacco Donald Tusk. Una domanda raccapricciante che, tuttavia, ha una logica. Se i principali leader europei ritengono che Kiev debba vincere la guerra e se il Parlamento europeo approva (con i voti anche del PD) una risoluzione che pone come obiettivo la riconquista da parte ucraina di tutti i territori perduti, Crimea compresa, è evidente che non si debba escludere nulla per il raggiungimento di tali risultati.

E che le parole di Macron non siano una mera boutade lo si è capito ascoltando le ultime dichiarazioni di Charles Michel, il Presidente del Consiglio europeo, dunque, insieme alla von der Leyen, il massimo leader politico dell’Ue. «Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra. A due anni dall’inizio della guerra è ormai chiaro che la Russia non si fermerà in Ucraina, così come non si è fermata 10 anni fa in Crimea. Se la risposta dell’Ue non sarà adeguata e se non forniamo all’Ucraina sostegno sufficiente per fermare la Russia, saremo i prossimi. Dobbiamo essere pronti a difenderci e passare a una modalità di economia di guerra». Michel ha sostanzialmente ripetuto a pappagallo i concetti espressi da Zelensky negli ultimi mesi“Se la Russia non verrà sconfitta poi toccherà a voi”.

Questa è strategia politico-mediatica bellicista. Questa è l’acqua nella pentola che sale di temperatura. La morte di Navalny – una tragedia della quale è responsabile il governo russo – è stata usata strumentalmente per due ragioni: la prima è continuare ad inviare armi, la seconda è convincerci che sia impossibile trattare con Putin. “Come si può negoziare con lui, guardate cosa ha fatto a Navalny?”. Però si può trattare armi e merci con Netanyahu che in 5 mesi ha fatto assassinare oltre 15.000 bambini palestinesi.

“Non scherziamo col fuoco nucleare”

Ciliegina sulla torta? Nell’ultimo Consiglio europeo è circolata una bozza nella quale si parlava della necessità di realizzare una “preparazione militare-civile rafforzata nonché coordinata” nei paesi europei. Cosa significa esattamente? Una preparazione militare ai cittadini europei in vista di un conflitto diretto con la Russia? Già mi immagino le dichiarazioni dei leader dei paesi dell’Ue. “Non vogliamo alcuna guerra diretta con la Russia, si tratta solo di formazione militare a scopo difensivo”.


Il Presidente ungherese Viktor Orbán, guru per Giorgia Meloni quando dice sciocchezze e derelitto quando, al contrario, parla con saggezza, ha detto: «A Bruxelles c’è un’atmosfera di guerra, un linguaggio di guerra e una logica di guerra. Ora siamo a un punto in cui i Paesi della Nato vengono sollecitati a intervenire militarmente nella guerra russo-ucraina. E se un Paese entra in un conflitto armato con la Russia, potrebbe minacciare una guerra mondiale».

Gli stolti, ahimè, non sanno di esserlo ed è questo che preoccupa maggiormente. A furia di giocare con il fuoco ci si brucia. E se il fuoco fosse un fuoco nucleare, a scottarsi sarebbero decine di milioni di esseri umani.

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