La Commissione Europea ribadisce il concetto: la spesa pubblica italiana per l'istruzione è una delle più basse d'Europa, soprattutto per quanto riguarda l'università: il 4,2 per cento del Pil a fronte del 5,3 per cento di media Ue. Il dato è ormai conosciuto, come quello sull'abbandono scolastico. L'Italia è infatti quartultima in Europa, anche se il Ministero dell'Istruzione sostiene che i giovani tra i 18 e i 20 anni che hanno abbandonato prematuramente gli studi sono scesi di 29mila unità rispetto al 2011: nel 2012 erano 758 mila. Il fenomeno è drammatico al sud, con punte del 25% in Sardegna e Sicilia. Per quanto riguarda i laureati tra i 30 e i 34 anni, sostiene la Commissione Ue, pur essendo cresciuta al 21,7 per cento nel 2012 dal 19 per cento del 2009, resta lontana dal 35,7% della media continentale. L'invito è sempre lo stesso: aumentare i fondi, bloccare gli abbandoni, investire sulla formazione «terziaria» (cioè quella dei laureati) e valorizzare gli insegnanti.
In questo contesto si sta discutendo alla Camera sul decreto Istruzione. Il decreto dev'essere approvato entro l'11 novembre, e deve ancora passare al Senato, ma la discussione ieri si è arrestata perché nelle larghe intese non c'è intesa sul reperimento delle risorse. Il governo vorrebbe prendere una buona parte dei 400 milioni necessari per assumere 69 docenti e personale Ata, e 26 mila insegnanti di sostegno, aumentando le accise sugli alcolici. Per protesta il relatore del provvedimento, Giancarlo Galan (Pdl) si è dimesso. La Commissione Bilancio ha inoltre trovato ben 25 incongruità economico-finanziarie.
La difficoltà a reperire risorse, che nelle intenzioni del governo dovrebbero segnare un'inversione di tendenza dopo anni di tagli alla scuola, non ha tuttavia impedito di rifinanziare parzialmente il fondo per le scuole paritarie. La legge di stabilità stanzierà 220 milioni per il 2014 a parziale compensazione della riduzione di 277 milioni di euro prevista dalla legge triennale di programmazione. Questo stanziamento dev'essere sommato ai 260 milioni di euro già stanziati nel 2013, per un totale di 480 milioni di euro. Una cifra che conferma la riduzione costante dei finanziamenti pubblici dal 2001, quando erano pari a 539 milioni di euro, e non soddisferà le organizzazioni degli istituti paritari che protestano da mesi, chiedendo di affrontare anche il nodo del pagamento dell'Imu e Tarsu.
Il governo le ha comunque ascoltate, sollevando la protesta di chi crede invece che i fondi pubblici non devono andare alle paritarie, tra le quali ci sono anche molti istituti privati e confessionali. «È un atto di cecità politica e asservimento agli interessi privati - spiega il coordinatore Uds Roberto Campanelli - Per risolvere definitivamente questa situazione riteniamo necessaria la modifica della legge 62 del 2000 paritari, ndr.] con la separazione tra scuole private e scuole pubbliche non statali». Gli studenti saranno in piazza l'11 novembre.
La legge di stabilità non prepara un futuro migliore alla scuola pubblica. Gli stipendi sono stati bloccati per i prossimi due anni. Lo conferma il regolamento approvato ad agosto dal Consiglio dei Ministri. Questo blocco peggiorerà le condizioni del personale che, secondo una stima dei sindacati, ha perso almeno 3500 euro in virtù di un blocco che dura dal 2010. «Il potere d'acquisto è tornato indietro di 24 anni - conferma Marcello Pacifico dell'Anief - la PA ha perso 300 mila posti di lavoro in sei anni». In queste condizioni, sembra difficile accogliere l'invito della Commissione Ue a valorizzare la figura degli insegnanti. Motivo in più per alimentare lo scontro con i sindacati della scuola che hanno indetto una manifestazione nazionale il 30 novembre e parlano di uno sciopero generale contro il governo.
«Piuttosto che rifinanziare la cassa integrazione o sostenere la scuola pubblica - afferma Massimo Mari, responsabile per le scuole non statali Flc-Cgil - si continua a bloccare il turn-over». In compenso la manovra prevederebbe 150 milioni per gli atenei e 400 milioni per la ricerca tramite il 5 per mille.
Altro fronte che riguarda il lavoro della conoscenza, e il pubblico impiego, è quello aperto dall'approvazione del Decreto D'Alia l'altro ieri in Senato. Il ministro ha confermato le peggiori previsioni dei sindacati e dei precari. Ai precari che hanno lavorato per la PA per tre anni nell'ultimo quinquennio saranno prorogati i contratti in scadenza e sarà permesso di partecipare ai concorsi per la quota del 50%. Per gli altri non ci sarà rinnovo. Si tratterebbe di 80 mila persone. Tra i più colpiti gli enti di ricerca da tempo in mobilitazione.
In questo contesto si sta discutendo alla Camera sul decreto Istruzione. Il decreto dev'essere approvato entro l'11 novembre, e deve ancora passare al Senato, ma la discussione ieri si è arrestata perché nelle larghe intese non c'è intesa sul reperimento delle risorse. Il governo vorrebbe prendere una buona parte dei 400 milioni necessari per assumere 69 docenti e personale Ata, e 26 mila insegnanti di sostegno, aumentando le accise sugli alcolici. Per protesta il relatore del provvedimento, Giancarlo Galan (Pdl) si è dimesso. La Commissione Bilancio ha inoltre trovato ben 25 incongruità economico-finanziarie.
La difficoltà a reperire risorse, che nelle intenzioni del governo dovrebbero segnare un'inversione di tendenza dopo anni di tagli alla scuola, non ha tuttavia impedito di rifinanziare parzialmente il fondo per le scuole paritarie. La legge di stabilità stanzierà 220 milioni per il 2014 a parziale compensazione della riduzione di 277 milioni di euro prevista dalla legge triennale di programmazione. Questo stanziamento dev'essere sommato ai 260 milioni di euro già stanziati nel 2013, per un totale di 480 milioni di euro. Una cifra che conferma la riduzione costante dei finanziamenti pubblici dal 2001, quando erano pari a 539 milioni di euro, e non soddisferà le organizzazioni degli istituti paritari che protestano da mesi, chiedendo di affrontare anche il nodo del pagamento dell'Imu e Tarsu.
Il governo le ha comunque ascoltate, sollevando la protesta di chi crede invece che i fondi pubblici non devono andare alle paritarie, tra le quali ci sono anche molti istituti privati e confessionali. «È un atto di cecità politica e asservimento agli interessi privati - spiega il coordinatore Uds Roberto Campanelli - Per risolvere definitivamente questa situazione riteniamo necessaria la modifica della legge 62 del 2000 paritari, ndr.] con la separazione tra scuole private e scuole pubbliche non statali». Gli studenti saranno in piazza l'11 novembre.
La legge di stabilità non prepara un futuro migliore alla scuola pubblica. Gli stipendi sono stati bloccati per i prossimi due anni. Lo conferma il regolamento approvato ad agosto dal Consiglio dei Ministri. Questo blocco peggiorerà le condizioni del personale che, secondo una stima dei sindacati, ha perso almeno 3500 euro in virtù di un blocco che dura dal 2010. «Il potere d'acquisto è tornato indietro di 24 anni - conferma Marcello Pacifico dell'Anief - la PA ha perso 300 mila posti di lavoro in sei anni». In queste condizioni, sembra difficile accogliere l'invito della Commissione Ue a valorizzare la figura degli insegnanti. Motivo in più per alimentare lo scontro con i sindacati della scuola che hanno indetto una manifestazione nazionale il 30 novembre e parlano di uno sciopero generale contro il governo.
«Piuttosto che rifinanziare la cassa integrazione o sostenere la scuola pubblica - afferma Massimo Mari, responsabile per le scuole non statali Flc-Cgil - si continua a bloccare il turn-over». In compenso la manovra prevederebbe 150 milioni per gli atenei e 400 milioni per la ricerca tramite il 5 per mille.
Altro fronte che riguarda il lavoro della conoscenza, e il pubblico impiego, è quello aperto dall'approvazione del Decreto D'Alia l'altro ieri in Senato. Il ministro ha confermato le peggiori previsioni dei sindacati e dei precari. Ai precari che hanno lavorato per la PA per tre anni nell'ultimo quinquennio saranno prorogati i contratti in scadenza e sarà permesso di partecipare ai concorsi per la quota del 50%. Per gli altri non ci sarà rinnovo. Si tratterebbe di 80 mila persone. Tra i più colpiti gli enti di ricerca da tempo in mobilitazione.
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