L’ultima parte di questa lunga storia inizia il 31 luglio
scorso: “Incontrammo Fadda – ricorda Lamanna - il quale ci promise una
convocazione con un certo ordine del giorno entro fine agosto, così che
le associazioni potessero esaminarlo ed eventualmente modificarlo. A
metà settembre, non era ancora arrivato nulla: telefonai in ministero e
mi dissero che c’era una questione importante che teneva tutti impegnati
in quel momento: la questione Berlusconi!”. In conclusione, dopo varie
insistenze, “siamo stati convocati da Fadda per il 9 ottobre, con un
ordine del giorno che non ci interessava affatto e che nulla aveva a che
fare con i nostri bisogni: si parlava di cooperative e di distribuzione
di fondi. Ma di quali fondi parliamo? – tuona Lamanna – Di 250 milioni,
da destinare per il 30% ai disabili gravissimi?? Ma se lo stesso
viceministro Guerra ha dichiarato, tempo fa, che occorre almeno un
milione e mezzo?!”.
I ministeri, quindi, sapevano che i malati di Sla sarebbero partiti da ogni parte d’Italia per venire a Roma: “Potevano fermarci, hanno il mio numero di telefono – continua Lamanna - Bastava cambiare l’ordine del giorno e accettare d’incontrarci: Raffaele, in questo momento, poteva essere a casa sua, insieme alla moglie che, medico anche lei, lo accudisce ogni giorno”. Sì, perché Raffaele Pennacchio quel progetto “Restare a casa”, rivendicato al Comitato, era riuscito a metterlo in pratica, ma solo grazie alle proprie risorse: “Medico lui, medico la moglie: era la famiglia che si faceva carico interamente della sua assistenza. Non aveva visto ancora neanche un centesimo del fondo Sla per il 2010, che nella sua Campania non è stato ancora distribuito!”.
A Roma, Raffaele era arrivato insieme a un cugino: aveva trascorso la notte di martedì in ambulanza, “deciso a lottare fino all’ultimo. La moglie era molto preoccupata – riferisce Lamanna – ma lo ha lasciato partire, sapendo che era pronto a tutto. Ieri sera lo ha raggiunto qui a Roma. Ora, aspettiamo che i medici ci diano il via libera per riportarlo a casa sua e salutarlo degnamente”.
I ministeri, quindi, sapevano che i malati di Sla sarebbero partiti da ogni parte d’Italia per venire a Roma: “Potevano fermarci, hanno il mio numero di telefono – continua Lamanna - Bastava cambiare l’ordine del giorno e accettare d’incontrarci: Raffaele, in questo momento, poteva essere a casa sua, insieme alla moglie che, medico anche lei, lo accudisce ogni giorno”. Sì, perché Raffaele Pennacchio quel progetto “Restare a casa”, rivendicato al Comitato, era riuscito a metterlo in pratica, ma solo grazie alle proprie risorse: “Medico lui, medico la moglie: era la famiglia che si faceva carico interamente della sua assistenza. Non aveva visto ancora neanche un centesimo del fondo Sla per il 2010, che nella sua Campania non è stato ancora distribuito!”.
A Roma, Raffaele era arrivato insieme a un cugino: aveva trascorso la notte di martedì in ambulanza, “deciso a lottare fino all’ultimo. La moglie era molto preoccupata – riferisce Lamanna – ma lo ha lasciato partire, sapendo che era pronto a tutto. Ieri sera lo ha raggiunto qui a Roma. Ora, aspettiamo che i medici ci diano il via libera per riportarlo a casa sua e salutarlo degnamente”.
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