lunedì 16 settembre 2024

Un candidato, un assassino, una guerra

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Il comandante del gruppo di ricognizione delle forze speciali “Akhmat” ha pubblicamente dichiarato che i combattenti delle compagnie militari private degli Stati Uniti e del Regno Unito che hanno preso parte alla fallimentare avventura nella regione di Kursk, sono fuggiti dopo una settimana di combattimenti. E si capisce bene il perché: una cosa è uccidere civili iracheni o afghani, un’altra è ritrovarsi sotto gli attacchi combinati di artiglieria e Vks a Kursk o a Kupyansk, o altrove lungo un fronte di oltre 1.000 chilometri. Ma se questi personaggi se la fanno sotto al fronte e perdono il pelo del loro coraggio fasullo, una volta tornati a casa non perdono il vizio.

Così è proprio uno di questi “reduci” ad aver maldestramente tentato di uccidere Trump ormai oggetto del secondo tentativo di assassinio. Si tratta di  tale Ryan Wesley Routh che ha combattuto brevemente in Ucraina nel 2022 e che ora lavora attivamente per cercare volontari da regalare al regime di Kiev come lui stesso ha dichiarato al New York Times l’anno scorso. Al momento è impossibile sapere se si tratta di un pazzo isolato o molto presumibilmente di qualcuno collegato con i servizi sia americani che ucraini, ammesso e non concesso che ci sia una qualche differenza tra loro. Probabilmente  anche in questo caso non lo sapremo né oggi, né dopodomani e tutto verrà messo sotto il tappeto. Ma in realtà poco importa: la vicenda dimostra che la retorica anti Trump visto come male assoluto e dunque sottoposto a una campagna d’odio, sta ancora funzionando e a vari livelli  visto che a quanto pare anche questa volta c’erano dei buchi nella sorveglianza dell’ex presidente.

Del resto la guerra ucraina vale un centinaio di miliardi l’anno per l’industria degli armamenti americana, ma anche per quella europea che spesso costruisce le armi a stelle e strisce per esempio l’obice M777  che viene prodotto in Inghilterra così come i nuovi Bradley, 0 i cannoni degli Abrams realizzati in Germania, la molta avionica progettata in Israele per non parlare degli F35 che sono soltanto assemblati in Usa, mentre le varie parti sono prodotte in molti Paesi a cominciare dalla Turchia che ci ha scippato molto di quel lavoro che era stato portato a pretesto per l’acquisizione di questo pessimo caccia. Inoltre c’è da ricostruire le scorte perché la cessione di armi all’Ucraina ha svuotato gli arsenali: per esempio il Regno Unito ha inviato a Kiev tutti i suoi semoventi AS90 e ora dispone di soli 14 sistemi di artiglieria Archer fabbricati in Svezia che a sua volta ha solo 20 semoventi di artiglieria per il suo intero esercito. Inoltre l’Europa ha letteralmente prosciugato le sue difese antiaeree mentre gli Usa sono ormai a corto di Atacms. Insomma per non farla troppo lunga il solo sospetto che Trump voglia mettere fine alla guerra in Ucraina fa andare nei matti i signori della guerra: la costruzione di armi e munizioni si fermerebbe, mentre la ricostituzione degli arsenali avverrebbe con molta più lentezza. Senza dire che parecchi sistemi d’arma rivelatisi mediocri se non pessimi dovrebbero essere riprogettati: un vero dramma per gli azionisti. Non è un caso se uno dei maggiori ragazzi di stalla della finanza, ovvero Mario Draghi, fonda su guerra e armi il suo delirante piano per la cosiddetta competitività.

Dunque ci sono soldi in abbondanza per qualsiasi avventuriero, c’è l’occasione della campagna elettorale che costringe il candidato Trump a spostarsi in ogni parte del Paese, c’è un’istigazione all’odio quotidianamente distribuita proprio da coloro che fanno dell’odio un pretesto per chiudere la bocca a chi non è d’accordo con i dogmi globalisti, c’è un avversario con agganci organici ai servizi che è come un guscio vuoto e che di fatto vive esclusivamente di sondaggi farlocchi. C’è infine una crisi di sistema che sta perdendo una guerra che pensava facilmente di vincere. Ne vedremo ancora delle brutte.

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