All’interno di un’intervista rilasciata al quotidiano inglese The Times, il ministro della Difesa del Regno Unito, Grant Shapps, ha dichiarato che l’Italia sarebbe coinvolta nella fornitura di missili a lungo raggio Storm Shadow all’Ucraina nella cornice del conflitto con la Russia.
(di Stefano Baudino – lindipendente.online)
Parlando di questi missili, definite armi «straordinarie» che «stanno facendo una differenza molto significativa», il titolare del dicastero britannico ha detto che a posizionarli per l’uso, «in particolare in Crimea», sono «il Regno Unito, la Francia e l’Italia». Come è noto, i cittadini non possono conoscere i contenuti del pacchetto di aiuti inviati all’Ucraina dal nostro Paese, essendo stato esteso dal governo anche a tutto il 2024 il segreto sulle liste degli armamenti e degli equipaggiamenti militari forniti a Kiev. Il loro contenuto viene infatti esposto solo al Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir). Ma se davvero l’Italia avesse inviato missili a lungo raggio a Kiev, anche lo scenario “narrativo” dell’apporto esterno potrebbe cambiare: a differenza degli armamenti forniti finora, infatti, essi sarebbero in grado di colpire direttamente il suolo russo.
Nel corso dell’intervista, il ministro della Difesa britannico ha fatto ancora un altro riferimento al nostro Paese, sostenendo che, insieme a Francia e Gran Bretagna, l’Italia avrebbe «dimostrato che il Taurus, lo Storm Shadow o lo Scalp [un’altra versione del missile da crociera] sono devastanti», che essi «sono in quantità limitata e ce ne sono molti disponibili in Germania» e «dovrebbero assolutamente essere forniti», potendo fare «una differenza riconoscibile». L’Italia ha effettivamente fornito a Kiev missili a lungo raggio? A questa domanda, avendo già fatto trapelare le opposizioni l’intenzione di avanzare interrogazioni parlamentari, sarà sollecitato a rispondere l’esecutivo. Anche e soprattutto perché, ove la circostanza venisse confermata, occorrerebbe comprendere come si possa sostanziare il dettato della Costituzione italiana all’articolo 11, in cui si afferma che il nostro Paese “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, con l’invio al fronte ucraino di missili che hanno la capacità di colpire obiettivi direttamente all’interno del territorio russo. Interessante è notare come lo scorso 4 ottobre il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, scrivesse su X (ex Twitter) di avere avuto “una telefonata costruttiva” con l’omologo italiano Guido Crosetto, dicendosi “grato all’Italia per la costante assistenza militare” e sottolineando di aver discusso telefonicamente “delle necessità urgenti dell’Ucraina in prima linea: sistemi missilistici a lungo raggio e sistemi di guerra elettronica”. Da parte sua, Crosetto aveva ricordato che «l’Italia ha puntato sull’aiuto attraverso sistemi antiaerei perché questi attacchi sono la parte più odiosa della guerra in Ucraina», sottolineando però che il nostro Paese «non hai risorse illimitate» e, avendo «fatto quasi tutto ciò che poteva fare, non esiste molto ulteriore spazio».
La richiesta Ucraina era invece stata accolta dagli USA, che hanno provveduto a inviare missili a lungo raggio Atacms a Kiev. La prima nazione occidentale ad aver fornito missili a lungo raggio all’Ucraina è stata proprio il Regno Unito, che nella primavera del 2023 ha mandato a Kiev Storm Shadow di produzione anglo-francese. Fino a quel momento, temendo un loro utilizzo per colpire obiettivi all’interno dei confini Russi, i Paesi dell’Alleanza Atlantica avevano deciso di non inviare all’Ucraina armi a lungo raggio. A inaugurare il nuovo corso era stato Ben Wallace, predecessore di Grant Shapps sulla poltrona più alta del Ministero della Difesa inglese.
Sul tema dell’invio degli aiuti militari a Kiev, il governo italiano ha avuto un rapporto a dir poco problematico con la trasparenza. Recentemente si è infatti scoperto che, nel corso del 2023, l’Italia ha venduto armi all’Ucraina per un valore di 417 milioni di euro. A confermare il dato – emerso da un articolo pubblicato lo scorso 22 marzo da L’Espresso – è stato lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto, messo alle strette da un parlamentare del Movimento 5 Stelle in occasione di un question time nell’aula di Montecitorio. I membri del M5S hanno immediatamente chiesto all’esecutivo di spiegare in che modo il governo abbia autorizzato tali vendite, peraltro senza informare i due rami del Parlamento, dal momento che l’art. 2-bis del decreto n.14/2022 – prorogato per ben due volte nell’ultimo biennio -, autorizzerebbe la cessione, e non la vendita, di mezzi militari a Kiev previo atto di indirizzo delle Camere. Le risposte non sono arrivate. E ora si allunga la lista di quelle che si attendono.
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