martedì 21 maggio 2024

Le multinazionali dietro l’inquinamento di plastica mondiale.

Quasi la metà dell'inquinamento mondiale di plastica è causato da meno di 60 multinazionali. Che devono attivarsi (il prima possibile) per garantire degli imballaggi più sostenibili.

 montagna di spazzatura

dolcevitaonline.it Raffaele Migliucci

Sono meno di 60 le multinazionali responsabili di quasi il 50% dell’inquinamento di plastica mondiale. In particolare 5, che da sole rappresentano un quarto del totale. Sono queste le stime preoccupanti di un nuovo studio, condotto da un team di scienziati internazionali e pubblicato di recente sulla rivista scientifica Science Advances.

“Dobbiamo compiere uno sforzo titanico”, ha dichiarato Win Cowger, autore principale e ricercatore presso il Moore Institute for Plastic Pollution Research. In quanto, secondo la ricerca, esiste una correlazione diretta tra la produzione annuale di plastica delle aziende e la frequenza con cui i loro prodotti venivano rilevati tra i rifiuti raccolti. Ma scendiamo più nel dettaglio.

PLASTICA: LE MULTINAZIONALI PIÙ INQUINANTI

Oltre 100mila volontari per quasi 2 milioni di rifiuti raccolti in 84 paesi. Un lavoro durato 5 anni che ha portato a classificare le multinazionali più inquinanti. 
Grazie ai marchi ancora visibili su circa 910mila oggetti recuperati. 
Il risultato? La metà della plastica proveniva da sole 56 multinazionali. 
E tra queste, 
The Coca-Cola Company (11%), 
PepsiCo (5%), 
Nestlé (3%), 
Danone (3%) e Altria (2%) occupano un “posto d’onore”. 
Perché da sole rappresentavano quasi un quarto del totale.

Ma il punto cruciale è stata la correlazione evidenziata dalla ricerca, tra la produzione annuale di plastica della singola azienda e il ritrovamento dei suoi prodotti nell’ambiente. Se per esempio, spiegano gli autori dello studio, PepsiCo producesse l’1% della massa di plastica mondiale, allora la frequenza con cui i rifiuti di PepsiCo verrebbero ritrovati sarebbe circa dell’1%.

Questi dati sono alquanto pericolosi, perché dimostrerebbero che gli sforzi di riciclaggio e di gestione dei rifiuti non bastano per risolvere il problema della plastica.

 “Molte di queste aziende hanno programmi in atto per recuperare i propri rifiuti dall’ambiente o impedire che finiscano lì. E quello che stiamo vedendo è che questi non sono realmente efficaci“, ha dichiarato Neil Tangri, coautore della ricerca e direttore scientifico della Global Alliance for Incinerator Alternatives.

IL RUOLO DEGLI IMBALLAGGI: DEVONO ESSERE 100% RICICLABILI

Se da un lato alle industrie conviene scaricare la responsabilità alle persone che disperdono i rifiuti nell’ambiente, Marcus Eriksen, altro coautore dell’analisi, ha dichiarato al The Guardian che: “sono i marchi, è la loro scelta per il tipo di imballaggio e per l’adozione di questo modello usa e getta a causare la maggiore abbondanza di spazzatura”.

Alla The Coca-Cola Company infatti, che ha promesso di rendere riciclabile il 100% degli imballaggi entro il 2025, e alla Danone e alla Nestlé, che hanno sottolineato di aver ridotto l’utilizzo di plastica, gli esperti hanno risposto che queste strategie non sono sufficienti.

Lo confermano i dati. Visto che la produzione di plastica è raddoppiata dagli inizi del 2000 e, secondo alcune ricerche, solo il 9% di questa viene effettivamente riciclata.

Una strada da varare è la scelta di imballaggi sostenibili, che nascono da materiali naturali. 
Come la canapa, che potrebbe candidarsi come fonte principale per produrre della bioplastica di alta qualità, che sostituirebbe questa usa e getta che ci sta letteralmente sommergendo (e distruggendo).

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