sabato 4 maggio 2024

Succede. Per i Fassino “plebei” che rubano la tenuità del delitto non vale mai.

DUTY FREE – Servi ladri, padroni cleptomani.


 (VINCENZO IURILLO – ilfattoquotidiano.it)

L’onorevole Piero Fassino, sorpreso con un profumo in tasca nel duty-free, parrebbe avviato, secondo un principe del Foro, all’assoluzione per “tenuità del fatto”. L’assoluzione per “tenuità del fatto” a cui, secondo un principe del Foro, parrebbe avviato l’onorevole Piero Fassino, sorpreso con un lussuoso profumo in tasca nel duty free dell’aeroporto di Fiumicino, potrebbe essere la nuova declinazione dell’antica regola di Trilussa: “La serva è ladra, la padrona è cleptomane”. Che è un modo elegante per etichettare la giustizia italiana, oggi come allora: forte con i deboli, debole con i forti.

Giustizia indulgente, ad esempio, con uno dei più illustri beneficiari della “tenuità del fatto”, una causa di non punibilità introdotta dal governo Renzi nel 2015, ovvero l’ex sindaco Pd di Lodi, Simone Uggetti. Assolto così nel secondo appello dalle accuse di aver truccato una gara d’appalto con un bando su misura per affidare a una ditta amica la gestione di due piscine comunali, e nonostante la Corte avesse riconosciuto “la sussistenza del fatto, la sua illiceità penale, la sua corretta qualificazione giuridica, nonché l’accertamento che gli imputati lo hanno commesso”.
Giustizia spietata, invece, nei confronti di un 45enne di Palermo che nel 2016 provò a rubare dagli scaffali di un ipermercato un pezzo di formaggio nascondendolo nella maglia, con l’aggravante di aver superato la cassa: 16 mesi di condanna col rito abbreviato, che se avesse scelto il rito ordinario si beccava due anni. Peggio andò al napoletano 40enne che nel 2009 si prese 3 anni di carcere per il furto di un wafer da 1,29 euro: era recidivo e la ex Cirielli, severissima con chi ha precedenti, gli impedì di accedere a sconti, benefici e attenuanti. “Rapina impropria”, perché l’uomo, affamato, provò a divincolarsi dai carabinieri allertati dagli addetti alla sicurezza del discount. “Avevo vergogna”, provò a giustificarsi.
Quella vergogna che sembra mancare a chi alza le barricate quando in galera finiscono bancarottieri e corruttori e predicano il garantismo a senso unico, solo per i politici e i colletti bianchi. Mentre ci sono comuni cittadini a cui viene rovinata la vita per sciocchezze che si fa fatica a considerare reati.
Come quel professore della provincia di Milano licenziato per un decreto penale di condanna a 200 euro di multa, comminato per aver fatto la pipì di notte dietro un cespuglio. Si era dimenticato di comunicare il “precedente” nell’autocertificazione al ministero.
Le cronache sono piene di esempi di leggi applicate con ferocia per episodi minimali. A Roma una persona è stata rinviata a giudizio per aver spezzato e portato via un paio di fiori da una fioriera pubblica, voleva regalarli alla fidanzata. “Danneggiamento aggravato perché l’oleandro era esposto alla pubblica fede”, il capo di imputazione. Roba forte. Si rischiano tre anni di reclusione.
Ogni tanto torna virale una storia di Genova, vecchia ma vera, dell’anziana pensionata condannata a due mesi di carcere per aver rubato 20 euro di carne e biscotti da un supermercato. La signora non poté ottenere l’attenuante della fame e dell’indigenza perché il giudice sottolineò che tra la merce rubata c’erano anche un dolce e un limoncello.
C’è poi il caso dell’ex annunciatrice Rai, con problemi di salute mentale e ridotta sul lastrico, condannata con il rito abbreviato a 14 mesi di carcere per aver imposto alla sorella di sborsarle 15 euro per riavere indietro le chiavi dell’auto. Tecnicamente, si chiama estorsione, e non è tra i reati per i quali si può invocare la “tenuità” della mazzetta.

 Ma la storia più assurda e emblematica di una giustizia inesorabile solo per i poveracci arriva da Firenze, dove nel novembre del 2006 una persona fu bloccata e poi denunciata per il tentato furto di pochi alimenti, del valore di 5 euro e 20 centesimi, che furono pure restituiti. Gli venne riconosciuta l’attenuante della lieve entità, la Procura di Firenze chiese il rinvio a giudizio, ci furono i processi, quindi è arrivata la condanna in appello a 2 mesi diventata definitiva. E 17 anni dopo l’uomo, un clochard, è stato rintracciato in un centro di accoglienza per senza fissa dimora ed è finito in carcere a Bologna per espiare la condanna passata in giudicato. Nessuno dei suoi legali aveva chiesto una misura alternativa alla detenzione.

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