DUTY FREE – Servi ladri, padroni cleptomani.
(VINCENZO IURILLO – ilfattoquotidiano.it)
L’onorevole Piero Fassino, sorpreso con un profumo in tasca nel duty-free, parrebbe avviato, secondo un principe del Foro, all’assoluzione per “tenuità del fatto”. L’assoluzione per “tenuità del fatto” a cui, secondo un principe del Foro, parrebbe avviato l’onorevole Piero Fassino, sorpreso con un lussuoso profumo in tasca nel duty free dell’aeroporto di Fiumicino, potrebbe essere la nuova declinazione dell’antica regola di Trilussa: “La serva è ladra, la padrona è cleptomane”. Che è un modo elegante per etichettare la giustizia italiana, oggi come allora: forte con i deboli, debole con i forti.
Giustizia indulgente, ad esempio, con uno dei più
illustri beneficiari della “tenuità del fatto”, una causa di non
punibilità introdotta dal governo Renzi nel 2015, ovvero l’ex sindaco Pd
di Lodi, Simone Uggetti. Assolto così nel secondo appello dalle accuse
di aver truccato una gara d’appalto con un bando su misura per affidare a
una ditta amica la gestione di due piscine comunali, e nonostante la
Corte avesse riconosciuto “la sussistenza del fatto, la sua illiceità
penale, la sua corretta qualificazione giuridica, nonché l’accertamento
che gli imputati lo hanno commesso”.
Giustizia spietata, invece, nei
confronti di un 45enne di Palermo che nel 2016 provò a rubare dagli
scaffali di un ipermercato un pezzo di formaggio nascondendolo nella
maglia, con l’aggravante di aver superato la cassa: 16 mesi di condanna
col rito abbreviato, che se avesse scelto il rito ordinario si beccava
due anni. Peggio andò al napoletano 40enne che nel 2009 si prese 3 anni
di carcere per il furto di un wafer da 1,29 euro: era recidivo e la ex
Cirielli, severissima con chi ha precedenti, gli impedì di accedere a
sconti, benefici e attenuanti. “Rapina impropria”, perché l’uomo,
affamato, provò a divincolarsi dai carabinieri allertati dagli addetti
alla sicurezza del discount. “Avevo vergogna”, provò a giustificarsi.
Quella
vergogna che sembra mancare a chi alza le barricate quando in galera
finiscono bancarottieri e corruttori e predicano il garantismo a senso
unico, solo per i politici e i colletti bianchi. Mentre ci sono comuni
cittadini a cui viene rovinata la vita per sciocchezze che si fa fatica a
considerare reati.
Come quel professore della provincia di Milano
licenziato per un decreto penale di condanna a 200 euro di multa,
comminato per aver fatto la pipì di notte dietro un cespuglio. Si era
dimenticato di comunicare il “precedente” nell’autocertificazione al
ministero.
Le cronache sono piene di esempi di leggi applicate con
ferocia per episodi minimali. A Roma una persona è stata rinviata a
giudizio per aver spezzato e portato via un paio di fiori da una
fioriera pubblica, voleva regalarli alla fidanzata. “Danneggiamento
aggravato perché l’oleandro era esposto alla pubblica fede”, il capo di
imputazione. Roba forte. Si rischiano tre anni di reclusione.
Ogni
tanto torna virale una storia di Genova, vecchia ma vera, dell’anziana
pensionata condannata a due mesi di carcere per aver rubato 20 euro di
carne e biscotti da un supermercato. La signora non poté ottenere
l’attenuante della fame e dell’indigenza perché il giudice sottolineò
che tra la merce rubata c’erano anche un dolce e un limoncello.
C’è
poi il caso dell’ex annunciatrice Rai, con problemi di salute mentale e
ridotta sul lastrico, condannata con il rito abbreviato a 14 mesi di
carcere per aver imposto alla sorella di sborsarle 15 euro per riavere
indietro le chiavi dell’auto. Tecnicamente, si chiama estorsione, e non è
tra i reati per i quali si può invocare la “tenuità” della mazzetta.
Ma la storia più assurda e emblematica di una giustizia inesorabile solo per i poveracci arriva da Firenze, dove nel novembre del 2006 una persona fu bloccata e poi denunciata per il tentato furto di pochi alimenti, del valore di 5 euro e 20 centesimi, che furono pure restituiti. Gli venne riconosciuta l’attenuante della lieve entità, la Procura di Firenze chiese il rinvio a giudizio, ci furono i processi, quindi è arrivata la condanna in appello a 2 mesi diventata definitiva. E 17 anni dopo l’uomo, un clochard, è stato rintracciato in un centro di accoglienza per senza fissa dimora ed è finito in carcere a Bologna per espiare la condanna passata in giudicato. Nessuno dei suoi legali aveva chiesto una misura alternativa alla detenzione.
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