mercoledì 8 maggio 2024

Avanti fino all'ultimo palestinese. L’esercito israeliano cambia idea sulla lotta a Hamas: “Non sparirà con l’operazione a Rafah, abbiamo un piano di guerra lungo un anno”

Sconfiggere Hamas non sarà così immediato e non si risolverà con la tanto contestata operazione militare a Rafah. Il conflitto andrà avanti per almeno un altro anno. 

L’esercito israeliano cambia idea sulla lotta a Hamas: “Non sparirà con l’operazione a Rafah, abbiamo un piano di guerra lungo un anno”

ilfattoquotidiano.it

Le parole del portavoce militare israeliano, Daniel Hagari, che ha parlato al quotidiano Yedioth Ahronot, stravolgono la lettura del conflitto data fino a oggi dai vertici del governo Netanyahu. Se dall’esecutivo è sempre stato dichiarato che qualsiasi tentennamento, qualsiasi tregua, qualsiasi dubbio su attacchi di terra nelle città della Striscia avrebbe favorito il partito armato palestinese, impedendone la cancellazione dalla faccia della terra, Hagari tratteggia una situazione ben diversa, e forse più realistica, nella quale la formazione islamista continuerà a esistere indipendentemente dai massacri in corso nell’enclave palestinese.

“Non inganneremo l’opinione pubblica – ha dichiarato – Anche dopo che ci saremo presi cura di Rafah ci sarà il terrorismo. Hamas si sposterà a nord e si riorganizzerà”. E ha aggiunto che l’Idf ha “presentato un piano al governo per combattimenti a Gaza che dovrebbero durare un anno. Gaza è forse uno dei teatri più difficili al mondo, sovraffollata e piena di tunnel. Andiamo incontro ad anni difficili e dovremo spiegarlo sia all’interno sia all’esterno”.

Le sue parole, però, sconfessano quelle dell’esecutivo che con la necessità di una guerra immediata e il più possibile intensa ha giustificato le sue azioni militari nella Striscia, affermando che fossero il mezzo necessario per “sradicare Hamas” e cancellarla per sempre. Oggi, con questa campagna che volgerebbe al termine, stando alle promesse iniziali, con l’offensiva su Rafah, ecco che dai militari arrivano indicazioni ben diverse che, tra l’altro, contribuirebbero ad allungare la vita di un governo a tempo determinato e vincolato alla durata del conflitto in corso.

Ad allontanare l’ipotesi di un tavolo di pace tra le parti arrivano anche le dichiarazioni del ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz. Non una novità, ma un modo per ricordare che la linea diplomatica di Netanyahu non è in discussione: “Riconoscere uno Stato palestinese dopo il 7 ottobre significa premiare Hamas che ha ucciso oltre mille israeliani. Significa dare un premio al regime iraniano. Significa vivere con la possibilità di un altro 7 ottobre”. Secondo Katz, l’unica maniera per “promuovere la pace sono negoziati diretti nell’ambito di un processo di normalizzazione regionale“.

GLI SVILUPPI SUL CAMPO – Così, l’operazione militare va avanti, con i carri armati delle Forze di Sicurezza Israeliane (Idf) che da martedì si trovano alle porte di Rafah, pronti a entrare nell’ultima città all’estremo sud della Striscia. Da tutta la mattinata di mercoledì, riferiscono sia fonti israeliane che di Hamas, sono in corso violenti combattimenti con i miliziani della formazione che governa la Striscia, con Tel Aviv che afferma di aver ucciso diversi uomini armati e aver localizzato altri tunnel.

Nonostante l’impegno dei miliziani per la difesa della città, Israele teme che una parte di questi possa essere utilizzata per sferrare altri attacchi sul suolo dello ‘Stato ebraico‘. Così, con la tensione che sta crescendo, hanno imposto che i lavori agricoli vicino alla barriera di sicurezza con Gaza non debbano essere effettuati mercoledì per “una valutazione di sicurezza. Le attività all’esterno nelle comunità vicino la Striscia da 0 a 4 chilometri dal confine dovranno avere un permesso dalla Brigata regionale”.

RIPRENDONO I COLLOQUI AL CAIRO – Non viene abbandonato, comunque, il tentativo di arrivare a un accordo almeno per un cessate il fuoco il più duraturo possibile a Gaza e la liberazione degli ultimi ostaggi rimasti nelle mani del partito palestinese. I negoziati al Cairo sono ripresi, ma questa volta, insieme a Hamas e ai negoziatori di Qatar ed Egitto, al tavolo siederà anche una delegazione di Israele. Per l’occasione, a Tel Aviv è volato il direttore della Cia, William Burns, per parlare direttamente con il primo ministro Netanyahu e alti funzionari israeliani e cercare di trovare un punto di incontro sui colloqui al Cairo.

RIAPRE KEREM SHALOM – Una notizia positiva è però la riapertura del valico di Kerem Shalom che collega la Striscia a Israele. La chiusura di Rafah, per il blocco imposto dai tank di Tel Aviv, e del passaggio di Erez, oltre a quella di Kerem Shalom, avevano sollevato i timori della comunità internazionale per l’isolamento della Striscia e l’impossibilità di trasferire aiuti alla popolazione civile. “Camion dall’Egitto con aiuti umanitari donati dalla Comunità internazionale – ha fatto sapere il Cogat, il Centro di coordinamento delle attività israeliane nei Territori – stanno già arrivando al valico. Dopo le ispezioni di sicurezza saranno trasferiti nel lato di Gaza del valico”. Il Cogat ha poi sottolineato che “in parallelo alla riapertura di Kerem Shalom, il valico di Erez continua ad operare per facilitare l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza a seguito dei controlli di sicurezza in Israele, come ha fatto mentre il valico di Kerem Shalom era chiuso a causa degli attacchi dall’organizzazione terroristica Hamas”.

 

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