sabato 12 giugno 2021

Austerità, come prima, più di prima

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Anna Lombroso per il Simplicissimus

«Diplomacy is back», la diplomazia è tornata. A dirlo è Joe Biden in margine alle cronache sul  G7 in Cornovaglia, con tanto di foto di famiglia, postata su Twitter, dei leader “trasecolati nella boscaglia“.

Ne sentivamo proprio la mancanza, perché avevamo nostalgia di burattini impennacchiati incaricati di negoziare e  giustificare guerre predatorie, sopraffazione e carneficine promosse a ritmo di valzer. E megari ci perdevamo gli alati pensierini di kapò e  esattori del racket globale, come ieri quello del più seduto dei leader europei, del quale non sapevamo quasi nulla finchè non ha collocato l’augusto lato b sullo scranno offertogli provocatoriamente dall’indispensabile despota ottomano.

Le società democratiche”, ha proferito su Twitter Charles Michel,  “sono le più attrezzate per sconfiggere la pandemia da Covid 19 e riportare la prosperità economica. Insieme ai leader del G7 ci concentriamo su una crescita sostenibile e resiliente che funzioni per tutti a livello globale”.

E subito gli ha fatto eco il grande demiurgo prestato alla patria negletta: si sa che queste personalità diventano apolidi in modo da non cadere preda di un dannoso conflitto di interessi emotivi, parlano come i traduttori delle consecutive e partecipano dell’atto di infedeltà grazie al quale sono autorizzati a parlar male del suolo che ha dato loro i natali, dei suoi cittadini guardati come una indegna marmaglia, a svendere i suoi patrimoni in modo da convertirlo in terra di nessuno.

E difatti non ha perso occasione per ribadire che è cominciata un’era nuova segnata dalla “coesione sociale”, che dia sostegno pratico alle  politiche attive del lavoro per aiutare i più deboli, soprattutto le donne e i giovani e a quelle per assicurare la salute delle finanze pubbliche.

In questo tempo di biopolitica, con il primato – dopo quello del benessere tirato a lucido con chirurgia, pozioni magiche, fitness che promettevano eterna giovinezza edonistica –  della salute garantita da un susseguirsi dinamico e proattivo di vaccini, potremmo diagnosticare, nel caso dei due leader, una grave forma di “scissione” schizoide, che, tanto per fare un esempio, li porta a immaginare che la coesione, la solidarietà, lo sviluppo sostenibile e la piena occupazione keynesiana siano compatibili con la ripresa delle politiche di austerità, annunciata da Gentiloni proprio 10 giorni fa. Perché se malattia c’è si chiama istinto gregario ai padroni, ambizione senza scrupoli combinata con servilismo, ipocrisia che si esprime indossando il guanto di velluto quando si affila la scure del boia.

E difatti che cosa si può ipotizzare di più divisivo della loro distruzione creativa che reca in sé il messaggio della soluzione finale per tutti i soggetti che non possiedono le qualità per contribuire a una crescita disuguale, si tratti di piccole e medie imprese che non reggono la concorrenza con multinazionali strutturate, si tratti di adulti che non sono disposti a regredire in termini di funzioni, progressione di carriera e remunerazioni, accusati di non cogliere le opportunità di una personale “ristrutturazione” formativa, si tratti di giovani le cui caratteristiche non sono compatibili con l’assoldamento nell’esercito infelice dei precari in motorino, o di donne che proprio non ci stanno a considerare una occasione di affrancamento il part time tra cucina e pc, accudimento e carriera come vocalist di un call center.

E che cosa può essere più lontano dai valori della salvaguardia ambientale, secondo i giardinieri delle pennellate green per tinteggiare le multinazionali sporcaccione che pagano oro per ospitare Greta alle convention, dei traghettatori verso la transizione ecologica che esultano per le semplificazioni, per l’indisciplina anche quella creativa degli appalti, per la ricostruzione poggiata su colonne di cemento, le stesse che appartengono a buon diritto alla tradizione consolidata delle cupole mafiose.

E che spirito unitario si invoca quando tutto congiura per ottenere il contrario dello slogan più tradito della storia: proletari di tutto il mondo, unitevi, se adesso che il ceto dei “poveri” ha annesso gran parte della società signorile di massa, se quella che un tempo era la piccola borghesia impiegatizia, anche grazie  Brunetta, va a infoltire la schiera dei più straccioni dei sottoproletari, essendo la “genitorialità” un privilegio in regime di esclusiva degli abbienti,   con possibilità di accesso per top model cinquantenni e festosi affittuari  di uteri solidali. E se ogni misura di sostegno mette in moto la concorrenza sleale tra beneficiari, partite Iva contro commercianti, ristoratori con gestori di palestre, precari contro “garantiti”, part time contro smartworking, Dad contro banconisti a rotelle, genitori contro insegnanti, docenti contro dirigenti scolastici, e viceversa.

Ma soprattutto cosa si può immaginare, e parla il vissuto di tutto l’Occidente, di più inconciliabile con il benessere, la felicità l’appagamento di aspettative, talenti, vocazioni e bisogni dell’austerità, condizione necessaria per poter tendere la mano verso la carità pelosa dell’elemosina europea?

Nemmeno il felpato Gentiloni ha potuto esimersi dal confessare che la sospensione del Patto di Stabilità, padre di gran parte dei mali, non significa che i partner siano autorizzati  a “disonorare”  paradigmi e  parametri economici e finanziari, prima di tutto il pareggio di bilancio, spendendo a debito per affrontare l’emergenza. Tra poco più di un anno i nodi verranno al pettine soprattutto per i paesi afflitti da un debito pubblico elevato, noi per esempio, quindi è fin d’ora obbligatorio “rimettersi sui binari dell’austerità”, evitando anche di preventivare  spese dissipate – quelle dello stato sociale con la rinuncia doverosa a salari dignitosi, pensioni, istruzione, sanità, servizi, cura del territorio– suscettibili di  compromettere l’obiettivo non derogabile del pareggio nei prossimi anni.

Il riferimento al Recovery Fund non consente dubbi, la nuova austerità sarà peggiore di quella che abbiamo già provato e perfino visto nel trailer greco del nostro futuro di paese non frugale: i regolamenti per accedere al compassionevole  Next Generation Ue non lasciano scappatoie se la  Commissione è incaricata di presentare al Consiglio una proposta di sospensione totale o parziale degli impegni o dei pagamenti qualora uno Stato membro non possa dimostrare di aver adottato “misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo”, secondo la prassi intimidatrice della condizionalità, che vincola  l’erogazione degli aiuti alla coerenza delle politiche nazionali con l’austerità e la demolizione definitiva dello stato sociale e, visto che ci sono, della residua democrazia. E secondo quanto già ampiamente preventivato e minacciato da Draghi da anni, nella famosa letterina a quattro mani, prima ancora nella scampagnata in panfilo con la cosca, durante la sua carriera di banchiere del diavolo, al G30, nelle encicliche e pastorali alla nazione.

Come ormai succede di frequente le scelte concesse da quando è stata annullata qualsiasi immaginazione di un’alternativa allo status quo è di che morte morire: fame o Covid, malattia o effetti del vaccino, cadere in prima linea o finire fucilati come disertori, esecuzioni “bianche” davanti a una macchina o “nere” per avvelenamento da fumi di Taranto, decesso in giovane età per incauta soggezione alla narrazione pandemica o avanti negli anni in desolate Rsa convertire in focolai delle epidemie venture. Ma non sarebbe meglio vivere e da “liberi”?

 

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